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I pirati somali sono sempre più audaci e chiedono riscatti sempre più elevati.

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Messaggio Da dolcemagic Sab Nov 20, 2010 11:28 am

I pirati somali sono sempre più audaci e chiedono riscatti sempre più elevati.

Dopo la cattura, da parte dei pirati somali, del cargo ‘MV Hannibal II’ battente bandiera panamense e dei sui 31 membri dell'equipaggio, in gran parte tunisini. Cattura avvenuta lo scorso 11 novembre nell’Oceano indiano mentre era in navigazione dalla Malaysia al Canale di Suez. E dopo la cattura della ‘Yuan Xiang’, una nave battente bandiera panamense con 29 cinesi a bordo avvenuta lo scorso 12 novembre. Ieri 18 novembre i pirati somali sono di nuovo entrati in azione. Al largo del Golfo di Aden è stata sventata, da parte della missione antipirateria marittima dell'Unione europea, Atalanta, un possibile attacco ad una delle tante navi che solcano il mare del Corno d’Africa da parte di una delle ‘gang del mare’ che infestano quelle acque. Una delle navi da guerra della Ue Navfor, la francese ‘Fs De Grasse’ ha intercettato una barca con a bordo sette sospetti pirati. La nave francese, già allertata da un'altra nave da guerra della task force europea della presenza del barchino sospetto in quel parte del ‘mare dei pirati’, ha bloccato l’imbarcazione. I sospetti erano fondati. I passeggeri del barchino non appena vistisi scoperti si sono disfatti delle armi e munizioni, che avevano con se a bordo, gettandoli in mare. In mancanza di flagranza di reato l’unità navale francese non ha potuto procedere al loro arresto limitandosi a costringerli a far ritorno verso la terraferma. L’episodio riveste un significato importante in quanto sono questi giorni di allerta per i pattugliatori delle missioni internazionali che operano in chiave antipirateria marittima al largo della Somalia. I pirati alternando momenti di pausa con momenti di grande attività, dovuto per lo più non a stanchezza, ma a ragioni climatiche, stanno diventando sempre più audaci ed esosi. I riscatti che stanno chiedendo sono infatti, sempre più elevati. Finora, in cambio di uomini e navi catturati, i ‘banditi del mare’ cominciano con il chiedere cifre astronomiche, ma poi si accontentano, dopo estenuanti trattative, che duravano anche mesi e senza mai rinunciare al bottino, tra gli 800mila e i 4 milioni di dollari. Quest’ultima cifra era stata la più alta pagata finora per ottenere indietro quello che avevano sequestrato e tenuto in ostaggio. Ad inizio del mese di novembre però, è stato pagato un riscatto di nove milioni di dollari. Si tratta di fatto del riscatto più alto mai pagato. La somma è stata versata ai pirati somali per ottenere il rilascio della petroliera sudcoreana, ‘Samho Dream’. La petroliera era stata catturata lo scorso mese di aprile nell'Oceano indiano insieme al suo equipaggio, 5 sudcoreani e 19 filippini. L’imbarcazione trasportava petrolio dall'Iraq agli USA per un valore stimato di circa 170 milioni di dollari. I pirati somali chiedevano 20milioni di dollari per rilasciarla. Le trattative sono durate oltre sette mesi alla fine a cedere è stata la compagnia proprietaria della nave. I pirati somali finora non hanno mai ceduto e si sono sempre dimostrati molto resistenti, conducendo anche trattativa oltre l’anno. In fondo il loro unico scopo è trarre quanto più soldi è possibile dalle loro azioni criminali. Lo scopo di ogni sequestrato di una nave e del suo equipaggio è sempre quello di ottenere un riscatto in cambio del loro rilascio. Ad accollarsene il costo sono ovviamente la società armatrice proprietaria della nave o il governo del Paese da cui provengono nave e marittimi. Finora sono centinaia i milioni di dollari versati nelle casse dei pirati somali. A conferma dell’alzarsi del livello di guardia nel ‘mare dei pirati’ l’allarme lanciato lo scorso 9 novembre dall’ONU. “Le cifre sono spaventose”, ha affermato il sottosegretario generale per gli affari politici all'ONU, Lynn Pascoe , leggendo una relazione in merito davanti al Consiglio di sicurezza del Palazzo di Vetro. Secondo i dati resi noti dall'Organizzazione marittima internazionale, Imo. Dati aggiornati al 4 novembre scorso. Risulta che i pirati somali, nel solo ultimo mese, hanno sequestrato, trattenendoli come ostaggi, quasi cento marittimi equipaggi di almeno mezza dozzina di navi catturate in quello che ormai è identificato come il ‘mare dei pirati’. Uno specchio di acqua che comprende il Golfo di Aden, il mare del Corno d’Africa e l’Oceano Indiano. Secondo i recenti dati diffusi dall'International Marittime Bureau, Imb, nei primi 9 mesi del 2010 si è registrata una recrudescenza del fenomeno. I pirati somali si sono resi responsabili di almeno 150 attacchi a navi commerciali. Ancora più significativo il numero di sequestri portati a segno da gennaio a settembre 2010. Essi risultano essere 35 rispetto ai 33 dello stesso periodo del 2009. L'Imb nel suo rapporto sottolinea anche che i pirati somali hanno ampliato il loro raggio d'azione, arrivando fino al Mar Rosso, dove hanno assaltato e catturato una nave lo scorso luglio. In seno a questo allargamento del raggio d’azione dei ‘banditi del mare’, l’Imb nel suo documento ha sottolineato anche quanto sia accresciuta la potenza di fuoco a cui, sempre di più, ricorrono pirati somali nel corso degli arrembaggi. Armi automatiche e lanciarazzi sono ormai entrati nelle loro dotazioni standard. La loro maggiore aggressività li porta anche ad azioni eclatanti come l’attacco compiuto lo scorso 8 novembre contro una nave da guerra spagnola. Il fatto è avvenuto al largo delle coste somale ed ha interessato la nave da guerra ‘Infanta Cristina’ in servizio di scorta ad un mercantile, il ‘Petra 1’, della missione di pace dell'Unione africana, Ua, in Somalia, AMISOM, in rotta verso Mogadiscio. I pirati si sono serviti, per compiere l’attacco, di un cargo giapponese, l' ‘Izumi’, caduto nelle loro mani il 10 ottobre scorso. Servendosi anche di alcuni ostaggi come scudi umani. Pur di raggiungere il loro scopo inoltre, non hanno esitato ad attaccare anche la nave della scorta che però, ha respinto l’assalto mettendo in fuga gli assalitori. Non è la prima volta che un’unità da guerra in missione antipirateria viene attaccata. La novità risiede nel fatto che i pirati al posto dei loro barchini stavolta si sono serviti, per attaccare, di una nave catturata e di alcuni ostaggi come scudi. Il rapporto illustra anche un altro particolare del fenomeno. Nelle mani dei pirati somali vi dovrebbero essere, tenuti in ostaggio, almeno 28 navi e oltre 400 marinai, equipaggi di queste navi. Un dato preciso non è disponibile. Li trattengono in attesa che qualcuno paghi un riscatto per la loro liberazione. In caso contrario sono disposti anche a tenerseli per anni interi. Alcuni di queste navi e uomini sono infatti, trattenuti come ostaggi anche da quasi due anni. La gran parte dei marittimi catturati dai moderni filibustieri sono di diverse nazionalità come ucraina, egiziana, filippina, cinese, indiana, tunisina, turca e altri Paesi ancora. Inoltre tra essi vi sono delle donne e dei minori. In merito al fenomeno, sempre il sottosegretario generale per gli affari politici all'ONU Pascoe, nel suo discorso ha affermato: “La pirateria è un pericolo la cui ampiezza supera gli sforzi della comunità internazionale per arginarlo. Le forze navali internazionali al largo delle coste della Somalia hanno tuttavia sventato più operazioni di pirateria che mai in precedenza”. In proposito è stato annunciato per le prossime settimane anche un rapporto redatto dal consigliere speciale del segretario generale dell'ONU per le questioni giuridiche legate alla pirateria somala, Jack Lang. Per Pascoe inoltre: “la lotta contro la pirateria esiga un'azione simultanea su tre fronti: dissuasione, sicurezza e applicazione della legge, sviluppo”. “La dissuasione esige anche che coloro che sono ritenuti colpevoli di pirateria e di furto a mano armata siano processati”, ha affermato il funzionario della Nazioni Unite. In proposito qualche giorno fa il Kenya, che è il principale partner, tra i Paese africani, di quelli occidentali ha proposto di organizzare una conferenza internazionale sulla pirateria. Il motivo principale adotto dal governo di Nairobi è stato quello che, in seguito al fatto che, il Kenya ha stipulato un accordo con la comunità internazionale consistente nel accogliere, giudicare e detenere i pirati somali catturati, ora la gestione della faccenda è diventata molto problematica per il Kenya. Il Paese africano, nonostante gli enormi aiuti economici e commerciali ricevuti come contropartita per questo suo servizio, si ritrova con prigioni e tribunali congestionati dall’enorme mole di lavoro derivante dall’arrivo continuo di pirati somali fatti prigionieri. Su una forza stimata di non più di 2mila uomini, finora ne sono stati catturati almeno il 10 per cento. La sola missione Ue ha finora arrestato ben 92 predoni del mare di questi, 54 sono stati già processati e condannati. A denunciare il disagio del Kenya il ministro della Sicurezza keniota, George Saitoti il quale si è augurato che: “la comunità internazionale trovi un accordo per organizzare una conferenza internazionale per regolare questo problema”. La comunità internazionale, nella consapevolezza dei limiti in cui si incorre caricando di un pesante fardello un solo Paese, ha attivato da qualche mese una cooperazione analoga a quella in corso con il Kenya con la Repubblica delle Seychelles. Ed il 3 novembre scorso un tribunale dell’arcipelago ha emesso la prima condanna per atti di pirateria. Ad essere stati condannati 11 pirati somali. La condanna emessa è stata di sei anni di prigione ciascuno per avere assaltato al largo delle coste somale la nave spagnola ‘Intertuna 2’ lo scorso 5 marzo. Nel frattempo, oltre alle forze coalizzate dei Paesi occidentali suddivise in diverse missioni anti pirati somali, si registra la mobilitazione dei Paesi africani. La scorsa settimana il presidente dell'Unione Africana, Ua, il gabonese Jean Ping ha annunciato che è allo studio dell’organismo panafricano la creazione di una task force intercontinentale per ripulire i mari africani dai pirati somali e contrastare la pesca illegale. Anche in altri mari infatti, oltre al largo della Somalia, si registrano atti di pirateria specie nella acque del Golfo di Guinea, di fronte alle coste nigeriane, di Capo Verde e della Guinea Equatoriale. Azioni che stanno minando la già fragile economia dei Paesi africani che si affacciano su queste acque. Per questo motivo la sicurezza nei trasporti marittimi è ritenuta fondamentale. Un’iniziativa che ha accolto il plauso di tutti i Paesi coinvolti nel fenomeno. Il loro numero si allunga sempre di più. Le contromisure anti pirateria vennero adottate per la prima volta nel giugno 2008 da parte della NATO, a cui fece seguito quella, nel dicembre dello stesso anno, da parte dell’Unione europea. In seguito, negli anni successivi, anche altri Paesi hanno inviato le loro navi da guerra a pattugliare il mare infestato dai moderni filibustieri. Tra questi la Corea del Sud, la Cina, l’India, la Russia, l’Egitto, l’Iran, l’Australia e tanti altri. Tutto questo però, sembra non bastare a fermare le tante ‘gang del mare’ che spadroneggiano in lungo e in largo nel mare del Corno d’Africa e Oceano Indiano.
Ferdinando Pelliccia.

FONTE: LiberoReporter

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Messaggio Da Balabala Sab Nov 20, 2010 11:55 am

Ma io vorrei sapere come è possibile nascondere una nave senza che possa eessere vista dal satellite!!!!!!!!!!!!!!!!
La cosa non mi convince per niente. In Google Hearth ho analizzato la costa somala e non mi sembra aver individuato alcun ricovero che non possa essere individuato dal satellite.
Allora tutte queste navi dove le mettono??????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????
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Messaggio Da dolcemagic Dom Nov 21, 2010 6:59 am

20 novembre 2010
presi sei marittimi .Seychelles, sequestrato peschereccio dai pirati.

Alcuni pirati somali hanno sequestrato un peschereccio delle Seychelles con a bordo sei membri dell’equipaggio, al largo dell’isola dell’Oceano Indiano.

«Un peschereccio di 33 piedi chiamato Faith è stato sequestrato da alcuni pirati somali a circa 240 miglia nautiche da Mahé», ha detto Joel Morgan, ministro degli Affari Interni dell’isola dell’Oceano Indiano. Mahé è la più grande delle isole delle Seychelles. Morgan ha dichiarato che le acque in cui l’incidente è avvenuto rientrano nella zona di competenza economica esclusiva della costa delle Seychelles.
Gli uomini sono stati catturati venerdì, mentre stavano pescando. I pirati erano diretti a nordovest verso la Somalia. La dilagante pirateria al largo delle coste somale ha reso quella zona uno dei canali di navigazione più pericolosi, e ha fatto sì che i banditi del mare guadagnassero decine di migliaia di dollari in riscatti e che i premi assicurativi delle navi andassero alle stelle.
I pirati hanno gettato le loro reti ancora più al largo, espandendosi a sud est, verso le Seychelles e a est in direzione dell’India. Kenya, Mauritius, Seychelles e Tanzania stanno cercando di contenere gli effetti della pirateria e hanno dichiarato di esser pronti a processare i pirati arrestati dalle forze navali internazionali che pattugliano l’Africa dell’est.

Chiara Anzalone
FONTE: Shippingonline

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