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Informazioni generali sul popolo Masai
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Informazioni generali sul popolo Masai
I Masai (o Maasai) sono un popolo nilotico che vive sugli altopiani intorno al confine fra Kenya e Tanzania. Considerati spesso nomadi o semi-nomadi, sono in realtà tradizionalmente allevatori transumanti, e oggi spesso addirittura stanziali (soprattutto in Kenya). La transizione a uno stile di vita stanziale si accompagna a quella dall'allevamento all'agricoltura come fonte primaria di sostentamento; questa trasformazione è evidente nei clan masai kenioti come Kaputiei, Matapato e Kikunyuki, e in Tanzania presso gli Arusha.
I masai parlano il "maa", da cui il nome dell’etnia che è da loro pronunciato "maasai". La lingua appartiene al gruppo delle lingue nilo-sahariane ed è dello stesso ramo delle lingue di popoli nilotici quali i pokot, i dinka ed i nuer. I masai sono il popolo nilotico che, in Africa, vive più a meridione. È difficile dire quanti siano i maasai, visto che non esistono censimenti accurati ne' in Tanzania ne' in Kenya. La tendenza dei censimenti nei due paesi è quella di esagerare il numero di persone appartenenti all’etnia. Da una parte, non tutti gli abitanti dei territori ancestrali dei maasai appartengono a questa etnia; dall’altra, non è semplice censire tutti i maasai vista la tradizione di abitare non in villaggi, ma in case mono o multi-famigliari isolate e distanti tra loro. Francis Mol, il più grande esperto di lingua e cultura maasai, pone la popolazione totale a non più di 600.000 unità, equamente distribuite tra i due paesi dell’Africa orientale che li ospitano.
Abitazione
Mentre nel passato le abitazioni erano fatte per resistere poco tempo, negli ultimi due secoli i masai hanno danno vita ad una casa (enkang) abbastanza standardizzata. L’enkang tradizionale prevede un recinto spinoso all’esterno per proteggersi dagli animali selvatici, e un recinto spinoso all’intreno per mettere il bestiame alla sera. Nel secondo recinto vi sarà anche un reparto separato per vitelli e agnelli. La prima casa sulla destra dell’entrata principale sarà la casa del capo famiglia, la seguente quella della prima moglie. La prima casa sulla sinistra sarà quella della seconda moglie, se presente. A seguire sono le casette per i bambini e le bambine. I figli vivono con la madre fino a circa 5 anni di età, dopo dormono da soli. L’uomo dorme da solo e visiterà la moglie quando necessario. Le singole case sono fatte con sterco mescolato a fango e posto su di una struttura di rami flessibili. La forma è ovale con l’entrata bassa verso il punto di minor larghezza. All’interno la casa è divisa in tre sezioni. Al centro un focolare dove cucinare, ad un capo il letto dell’occupante, dall’altro lato il letto per i bambini o un piccolo ripostiglio. L’altezza massima della casa è di circa 1,5 metri. Tale tipo di costruzione stà ormai sparendo e lasciando il posto a costruzioni stabili in pietra o in laminati metallici.
Organizzazione sociale
L’unità centrale della società masai è data dal gruppo di età. I bambini sono considerati veramente tali dopo una settimana circa dalla nascita, momento scandito dalla cerimonia del nome. È il padre a dare il nome ai figli, a volte la madre da o suggerisce il nome delle figlie. I bambini piccoli, nella vita tradizionale, erano incaricati di far pascolare i vitellini e gli agnelli, le bambine di portare l’acqua, pulire l’enkang e aiutare nella cucina. Ogni 15 – 20 anni, gli anziani decidono l’inizio di un nuovo ciclo di iniziazione. Tutti i giovani non ancora iniziati fino ai bambini di circa 12 anni, vengono a far parte dello stesso gruppo, diviso in due tornate – la destra e la sinistra. Questa divisione verrà mantenuta per tutta la vita. Dopo varie cerimonie, il rito più importante è quello della circoncisione (emorata) che deve essere sopportata in silenzio. Dopo la circoncisione il giovane è considerato un moran, giovane guerriero. Dopo la circoncisione, e per circa 6 mesi, il moran dovrà vestirsi di nero e potrà disegnare sul viso dei simboli usando terra bianca. In questo periodo, i moran vivranno in una casa speciale, manyatta, costruita sul modello dell’enkang, ma senza barriere spinose, inutili visto la presenza di tanti guerrieri. All’incirca al tempo dell’emorata, il gruppo che ha avuto la circoncisione durante l’ultima emorata passerà di grado, diventando guerriero anziano. A sua volta, il gruppo precedente farà il passaggio per diventare anziano (primo grado) con la cerimonia dell’eunoto. In Kenya, gli anziani hanno negato l’inizio di un nuovo gruppo di età – almeno foralmente – sin dal 1990 circa. Di fatto l’iniziazione è continuata ma, per ragioni politiche, molti hanno dovuto rimanere nel gruppo dei guerrieri ben dopo l’età normale. L’ultimo gruppo di età ad essere stato iniziato è quello dei Kikunyuki (le api) che dovrebbe giungere all’eunoto verso il 2010. Il gruppo precedente, i Pokonyeki, hanno avuto uno dei più grandi divari di età mai visto in un gruppo di età, con circa 25 anni di differenza tra i più giovani e i più vecchi. In passato, i giovani dovevano partecipare ad una caccia al leone prima di essere iniziati. Questo rituale è stato sospeso. In ogni caso, ancora oggi un moran che uccidesse un leone acquisterebbe il rispetto del clan.
Le donne hanno un lor rito di passaggio, la mutilazione genitale. La maggioranza dei clan prevede la clitoridectomia, altri richiedono anche l’escissione delle grandi labbra della vagina. Queste pratiche sono sotto accusa. Vietate dalla legge, sono rifiutate da molte ragazze che desiderano invece un tipo incruento di iniziazione. In molte zone, le donne obbligano le figlie alla circoncisione poiché sarebbe impensabile sposare una figlia ad un buon partito senza questa cerimonia. In ogni caso, anche i giovani masai stanno cambiando le loro aspettative e spesso sono loro a spingere per un cambiamento di questo rituale.
Nel passato si insisteva sul fatto che una donna masai fosse disponibile per l’attività sessuale con il marito e con tutti i suoi compagni di iniziazione. Si tratta di una notizia parzialmente falsa. Mentre l’uomo può sposare più di una donna, alla donna si richiede la fedeltà coniugale. Se essa decidesse di avere rapporti sessuali con un altro uomo, questo sarebbe considerato un fatto grave. Se da questa unione dovesse nascere un figlio, il colpevole dovrà pagare una multa, e il figlio verrà riconosciuto dal marito della donna. Alcuni uomini che non hanno avuto figli maschi, chiedono ad una figlia di figliare per loro. La donna è libera di avere rapporti sessuali con chiunque lo desideri, i figli saranno del padre che così avrà un erede a cui lasciare i propri beni – le donne non hanno diritto all’eredità poiché sposandosi lasciano la loro famiglia e sono inserite nella famiglia del marito. Anche donne rimaste vedove e senza figli maschi possono ‘sposare’ un’altra donna. Questo avviene pagando il prezzo del matrimonio consuetudinaria alla famiglia della prescelta che provvederà a dare alla luce un figlio maschio che potrà ricevere così l’eredità. Il divorzio è previsto e regolato da leggi molto restrittive. Se il divorzio – kitala – venisse accettato, dovrà essere consensuale, e la famiglia della donna dovrà restituire parte del prezzo di matrimonio (in passato erroneamente chiamato dote). I figli sono sempre del padre, se questi ha pagato il bestiame stabilito, del clan della madre se non c’è stata ufficializzazione del matrimonio o il pattuito non è stato versato al clan della moglie.
Un moran con i segni dell'iniziazione
Arte
I masai non hanno strumenti musicali. Il canto è sempre a cappella, senza accompagnamento musicale. Il coro può dare un tono continuo o un’armonia, su questa base il cantante principale – olo-aranyani – canta il tema musicale. La maggioranza delle canzoni masai prevedono un solista che annuncia il tema del canto, ed un coro che risponde in maniera antifonale oppure con un solo vocabolo. Nella musica religiosa, il solista normalmente inneggia a Dio mentre il coro chiede a Dio di venire – ou – con un tono basso, forte e ritmato.
Le canzoni accompagnano la danza, normalmente una serie di salti fatti a turno dagli uomini. Le donne muovono il collo in avanti e indietro, emettendo dei suoni che risultano sincopati. Le donne cantano canzoni mentre lavorano, specialmente alla mungitura, all’allattamento, e per lodare i propri figli. I moran cantano lodando i propri meriti, quelli del gruppo di età oppure per far innamorare una ragazza. Le arti grafiche non sono molto sviluppate. I disegni simbolici applicati al viso e al tronco durante alcuni momenti della vita hanno un significato spirituale più che di trasmissione di ideali. Non si fa uso di maschere, mentre il corpo viene modificato con tattuagi o tagli (vedi sotto). I disegni usati nella confezione di braccialetti e orecchini hanno un sognificato particolare. I colori usati indicano il clan di appartenenza, possono indicare lo status della persona, o dare un messaggio particolare: pace, concordia, disponibilità. Non si può parlare, però, di un uso di questi disegni per comunicare pensieri sofisticati, come accade in altre culture africane. In tempi recenti, i masai hanno sfruttato alcuni simbolismi per la produzione di oggetti da vendere ai turisti. Inutile dire che la maggioranza di questi oggetti sia prodotta in serie, e spesso da persone che non sono masai e che ne copiano lo stile. La produzione di lampade, mobilia, e utensili con segni masai non può essere considerata uno sviluppo culturale locale, visto che è stata fatta da artigiani stranieri alla cultura e che hanno semplicemente copiato uno stile e lo hanno applicato a oggetti di origine esterna all’etnia.
Danza Masai
Modificazione del corpo
Anziano masai con i lobi delle orecchie allungati.
La modificazione corporea più evidente tra i masai è quella della perforazione del lobo delle orecchie e il conseguente allungamento della parte pendente del lobo. Il foro viene praticato usando un oggetto accuminato. Nel foro vengono inseriti spine e altri oggetti via via più grandi per aumentare progressivamente la lunghezza del lobo tagliato. Il lobo può poi essere ornato con perline, pezzi di avorio, orecchini. Questa pratica è sempre più rara, visto che i giovani non amano avere i lobi pendenti. Alcune sezioni masai praticano la rimozione dei canini nei denti da latte, pensando che possano causare malattie gravi ai bambini. Anche uno o due incisivi possono essere rimossi – negli adulti – per permettere l’alimentazione in caso di paralisi della mandibola, questa è almeno la spiegazione data a chi chiede la ragione di tale comportamento. La circoncisione e le mutazioni genitali femminili vengono sostenute dall’idea che il pene non circonciso ricorda in parte la vagina, e che il clitoride ricorda il pene. Queste parti devono essere rimosse per ristabilire la divisione dei sessi. Inoltre, l’esperienza del dolore sopportato in silenzio è considerato segno di maturità umana.
Vestito
In tempi remoti, i masai vestivano di pelli, spesso colorate con colori vegetali. Anche i monili erano pochi, fatti con semi e fili di origine vegetale. Con l’arrivo dei colonialisti, i masai hanno cambiato il loro modo di vestire. Dai soldati inglesi, i masai hanno acquisito le tipiche coperte usate per il kilt. Ora queste coperte – shuka - di cotone a quadri con i colori predominanti rosso e nero sono diventate un simbolo del vestire masai. Oggi molti masai vestono usando due teli di cotone leggero che dalla spalle si incrociano sui ombi. Qui viene posto un terzo telo a coprire il bacino. Il tutto è fissato da una cintura di cuoio. Alla cintura è fissata una spada corta. Su questo vestito, i masai portano la shuka. Le donne preferiscono portare delle tuniche di colore blue, rosso o nero – il colore può indicare lo status sociale - a due strati. Anche le donne possono portare la shuka, ma è raro vedere questo comportamento fuori dal proprio enkang. Le calzature sono sandali di cuoio, sempre più spesso sostituiti da sandali ottenuti da vecchi copertoni di automobile. Al polso, un uomo masai può portare dei bracialetti di cuoio, legno, di perline o di metallo. Il bracialetto di metallo è prezioso in quanto è passato di padre in figlio. Un padre lo darà al figlio che egli considera migliore – non necessariamente il più vecchio – prima di morire. Questo bracialetto è così un segno di rispetto e di saggezza. Uomini e donne possono usare bracialetti di perline il cui disegno e serie di colori hanno a volte, dei sigificati.
Dieta
Come tutti i popoli pastori nilotici, anche i masai basavano la loro dieta sul bestiame e su quello che trovavano in natura. Carne, latte e il sangue di toro erano quindi il cibo più comune. Oggi, la dieta masai ha subito una grande trasformazione. Sempre più masai coltivano la terra e un normale pasto sarà a base di polenta bianca – ugali -, verdure cotte – mchicha in Tanzania e sukuma wiki in Kenya – patate e cavoli. La carne viene consumata in giorni particolari. Al mattino il giorno inizia con una specie di pastone ottenuto facendo bollire del miglio o della farina di mais nel latte. Si può inoltre trovare il chai – te cotto nel latte e acqua, spesso aromatizzato con del ginger. Il latte è bevuto, ma più spesso lasciato fermentare e poi ‘‘mangiato’’. In questo caso, solo un uomo potra servirlo a i commensali. L’assunzione di molti grassi non sembra avere effetti negativi, anche perché la maggioranza dei masai percorre un gran numero di km a piedi ogni giorno, e normalmente i masai hanno un corpo senza grassi superflui. Inoltre, l’uso della corteccia di acacia – che contiene saponina, un abbasatore naturale di colesterolo – nella dieta, nella preparazione di zuppe o semplicemente masticata, migliora il livello di colesterolo nel sangue.
Influenza sociale
I masai hanno saputo sfruttare bene l’immagine del guerriero senza paura cara allo stereotipo occidentale. Tra i tanti gruppi etnici dell’Africa Orientale, i masai sono i più famosi e quelli sempre riconoscibili nei depliant turistici. In realtà, i masai sono una minoranza, anche culturale, in Kenya e in Tanzania. Inoltre, l’indole masai è ben lontana da quella guerriera presentata al turista distratto. Nelle zone turistiche, i visitatori vengono portati a visitare i villaggi masai. I masai non vivono in villaggi – esattamente come la maggioranza delle altre etnie della zona – ma sanno bene che il turista vuole vedere un villaggio tradizionale. La crescita del numero totale della popolazione, la ridotta possibilità del pascolo, l’inserimento nel mondo del lavoro e nelle strutture dello stato, hanno portato i masai lontani dalle loro terre e dal loro modo di vita tradizionale. Sebbene molti masai vivano ancora sulle terre ancestrali, essi sono diventati una minoranza nei loro stessi territori, almeno in Kenya. Si trovano uomini politici, militari e capi di industria masai, ma questo non si tramuta in un peso sociale particolare.
Tratto da wikipedia
I masai parlano il "maa", da cui il nome dell’etnia che è da loro pronunciato "maasai". La lingua appartiene al gruppo delle lingue nilo-sahariane ed è dello stesso ramo delle lingue di popoli nilotici quali i pokot, i dinka ed i nuer. I masai sono il popolo nilotico che, in Africa, vive più a meridione. È difficile dire quanti siano i maasai, visto che non esistono censimenti accurati ne' in Tanzania ne' in Kenya. La tendenza dei censimenti nei due paesi è quella di esagerare il numero di persone appartenenti all’etnia. Da una parte, non tutti gli abitanti dei territori ancestrali dei maasai appartengono a questa etnia; dall’altra, non è semplice censire tutti i maasai vista la tradizione di abitare non in villaggi, ma in case mono o multi-famigliari isolate e distanti tra loro. Francis Mol, il più grande esperto di lingua e cultura maasai, pone la popolazione totale a non più di 600.000 unità, equamente distribuite tra i due paesi dell’Africa orientale che li ospitano.
Abitazione
Mentre nel passato le abitazioni erano fatte per resistere poco tempo, negli ultimi due secoli i masai hanno danno vita ad una casa (enkang) abbastanza standardizzata. L’enkang tradizionale prevede un recinto spinoso all’esterno per proteggersi dagli animali selvatici, e un recinto spinoso all’intreno per mettere il bestiame alla sera. Nel secondo recinto vi sarà anche un reparto separato per vitelli e agnelli. La prima casa sulla destra dell’entrata principale sarà la casa del capo famiglia, la seguente quella della prima moglie. La prima casa sulla sinistra sarà quella della seconda moglie, se presente. A seguire sono le casette per i bambini e le bambine. I figli vivono con la madre fino a circa 5 anni di età, dopo dormono da soli. L’uomo dorme da solo e visiterà la moglie quando necessario. Le singole case sono fatte con sterco mescolato a fango e posto su di una struttura di rami flessibili. La forma è ovale con l’entrata bassa verso il punto di minor larghezza. All’interno la casa è divisa in tre sezioni. Al centro un focolare dove cucinare, ad un capo il letto dell’occupante, dall’altro lato il letto per i bambini o un piccolo ripostiglio. L’altezza massima della casa è di circa 1,5 metri. Tale tipo di costruzione stà ormai sparendo e lasciando il posto a costruzioni stabili in pietra o in laminati metallici.
Organizzazione sociale
L’unità centrale della società masai è data dal gruppo di età. I bambini sono considerati veramente tali dopo una settimana circa dalla nascita, momento scandito dalla cerimonia del nome. È il padre a dare il nome ai figli, a volte la madre da o suggerisce il nome delle figlie. I bambini piccoli, nella vita tradizionale, erano incaricati di far pascolare i vitellini e gli agnelli, le bambine di portare l’acqua, pulire l’enkang e aiutare nella cucina. Ogni 15 – 20 anni, gli anziani decidono l’inizio di un nuovo ciclo di iniziazione. Tutti i giovani non ancora iniziati fino ai bambini di circa 12 anni, vengono a far parte dello stesso gruppo, diviso in due tornate – la destra e la sinistra. Questa divisione verrà mantenuta per tutta la vita. Dopo varie cerimonie, il rito più importante è quello della circoncisione (emorata) che deve essere sopportata in silenzio. Dopo la circoncisione il giovane è considerato un moran, giovane guerriero. Dopo la circoncisione, e per circa 6 mesi, il moran dovrà vestirsi di nero e potrà disegnare sul viso dei simboli usando terra bianca. In questo periodo, i moran vivranno in una casa speciale, manyatta, costruita sul modello dell’enkang, ma senza barriere spinose, inutili visto la presenza di tanti guerrieri. All’incirca al tempo dell’emorata, il gruppo che ha avuto la circoncisione durante l’ultima emorata passerà di grado, diventando guerriero anziano. A sua volta, il gruppo precedente farà il passaggio per diventare anziano (primo grado) con la cerimonia dell’eunoto. In Kenya, gli anziani hanno negato l’inizio di un nuovo gruppo di età – almeno foralmente – sin dal 1990 circa. Di fatto l’iniziazione è continuata ma, per ragioni politiche, molti hanno dovuto rimanere nel gruppo dei guerrieri ben dopo l’età normale. L’ultimo gruppo di età ad essere stato iniziato è quello dei Kikunyuki (le api) che dovrebbe giungere all’eunoto verso il 2010. Il gruppo precedente, i Pokonyeki, hanno avuto uno dei più grandi divari di età mai visto in un gruppo di età, con circa 25 anni di differenza tra i più giovani e i più vecchi. In passato, i giovani dovevano partecipare ad una caccia al leone prima di essere iniziati. Questo rituale è stato sospeso. In ogni caso, ancora oggi un moran che uccidesse un leone acquisterebbe il rispetto del clan.
Le donne hanno un lor rito di passaggio, la mutilazione genitale. La maggioranza dei clan prevede la clitoridectomia, altri richiedono anche l’escissione delle grandi labbra della vagina. Queste pratiche sono sotto accusa. Vietate dalla legge, sono rifiutate da molte ragazze che desiderano invece un tipo incruento di iniziazione. In molte zone, le donne obbligano le figlie alla circoncisione poiché sarebbe impensabile sposare una figlia ad un buon partito senza questa cerimonia. In ogni caso, anche i giovani masai stanno cambiando le loro aspettative e spesso sono loro a spingere per un cambiamento di questo rituale.
Nel passato si insisteva sul fatto che una donna masai fosse disponibile per l’attività sessuale con il marito e con tutti i suoi compagni di iniziazione. Si tratta di una notizia parzialmente falsa. Mentre l’uomo può sposare più di una donna, alla donna si richiede la fedeltà coniugale. Se essa decidesse di avere rapporti sessuali con un altro uomo, questo sarebbe considerato un fatto grave. Se da questa unione dovesse nascere un figlio, il colpevole dovrà pagare una multa, e il figlio verrà riconosciuto dal marito della donna. Alcuni uomini che non hanno avuto figli maschi, chiedono ad una figlia di figliare per loro. La donna è libera di avere rapporti sessuali con chiunque lo desideri, i figli saranno del padre che così avrà un erede a cui lasciare i propri beni – le donne non hanno diritto all’eredità poiché sposandosi lasciano la loro famiglia e sono inserite nella famiglia del marito. Anche donne rimaste vedove e senza figli maschi possono ‘sposare’ un’altra donna. Questo avviene pagando il prezzo del matrimonio consuetudinaria alla famiglia della prescelta che provvederà a dare alla luce un figlio maschio che potrà ricevere così l’eredità. Il divorzio è previsto e regolato da leggi molto restrittive. Se il divorzio – kitala – venisse accettato, dovrà essere consensuale, e la famiglia della donna dovrà restituire parte del prezzo di matrimonio (in passato erroneamente chiamato dote). I figli sono sempre del padre, se questi ha pagato il bestiame stabilito, del clan della madre se non c’è stata ufficializzazione del matrimonio o il pattuito non è stato versato al clan della moglie.
Un moran con i segni dell'iniziazione
Arte
I masai non hanno strumenti musicali. Il canto è sempre a cappella, senza accompagnamento musicale. Il coro può dare un tono continuo o un’armonia, su questa base il cantante principale – olo-aranyani – canta il tema musicale. La maggioranza delle canzoni masai prevedono un solista che annuncia il tema del canto, ed un coro che risponde in maniera antifonale oppure con un solo vocabolo. Nella musica religiosa, il solista normalmente inneggia a Dio mentre il coro chiede a Dio di venire – ou – con un tono basso, forte e ritmato.
Le canzoni accompagnano la danza, normalmente una serie di salti fatti a turno dagli uomini. Le donne muovono il collo in avanti e indietro, emettendo dei suoni che risultano sincopati. Le donne cantano canzoni mentre lavorano, specialmente alla mungitura, all’allattamento, e per lodare i propri figli. I moran cantano lodando i propri meriti, quelli del gruppo di età oppure per far innamorare una ragazza. Le arti grafiche non sono molto sviluppate. I disegni simbolici applicati al viso e al tronco durante alcuni momenti della vita hanno un significato spirituale più che di trasmissione di ideali. Non si fa uso di maschere, mentre il corpo viene modificato con tattuagi o tagli (vedi sotto). I disegni usati nella confezione di braccialetti e orecchini hanno un sognificato particolare. I colori usati indicano il clan di appartenenza, possono indicare lo status della persona, o dare un messaggio particolare: pace, concordia, disponibilità. Non si può parlare, però, di un uso di questi disegni per comunicare pensieri sofisticati, come accade in altre culture africane. In tempi recenti, i masai hanno sfruttato alcuni simbolismi per la produzione di oggetti da vendere ai turisti. Inutile dire che la maggioranza di questi oggetti sia prodotta in serie, e spesso da persone che non sono masai e che ne copiano lo stile. La produzione di lampade, mobilia, e utensili con segni masai non può essere considerata uno sviluppo culturale locale, visto che è stata fatta da artigiani stranieri alla cultura e che hanno semplicemente copiato uno stile e lo hanno applicato a oggetti di origine esterna all’etnia.
Danza Masai
Modificazione del corpo
Anziano masai con i lobi delle orecchie allungati.
La modificazione corporea più evidente tra i masai è quella della perforazione del lobo delle orecchie e il conseguente allungamento della parte pendente del lobo. Il foro viene praticato usando un oggetto accuminato. Nel foro vengono inseriti spine e altri oggetti via via più grandi per aumentare progressivamente la lunghezza del lobo tagliato. Il lobo può poi essere ornato con perline, pezzi di avorio, orecchini. Questa pratica è sempre più rara, visto che i giovani non amano avere i lobi pendenti. Alcune sezioni masai praticano la rimozione dei canini nei denti da latte, pensando che possano causare malattie gravi ai bambini. Anche uno o due incisivi possono essere rimossi – negli adulti – per permettere l’alimentazione in caso di paralisi della mandibola, questa è almeno la spiegazione data a chi chiede la ragione di tale comportamento. La circoncisione e le mutazioni genitali femminili vengono sostenute dall’idea che il pene non circonciso ricorda in parte la vagina, e che il clitoride ricorda il pene. Queste parti devono essere rimosse per ristabilire la divisione dei sessi. Inoltre, l’esperienza del dolore sopportato in silenzio è considerato segno di maturità umana.
Vestito
In tempi remoti, i masai vestivano di pelli, spesso colorate con colori vegetali. Anche i monili erano pochi, fatti con semi e fili di origine vegetale. Con l’arrivo dei colonialisti, i masai hanno cambiato il loro modo di vestire. Dai soldati inglesi, i masai hanno acquisito le tipiche coperte usate per il kilt. Ora queste coperte – shuka - di cotone a quadri con i colori predominanti rosso e nero sono diventate un simbolo del vestire masai. Oggi molti masai vestono usando due teli di cotone leggero che dalla spalle si incrociano sui ombi. Qui viene posto un terzo telo a coprire il bacino. Il tutto è fissato da una cintura di cuoio. Alla cintura è fissata una spada corta. Su questo vestito, i masai portano la shuka. Le donne preferiscono portare delle tuniche di colore blue, rosso o nero – il colore può indicare lo status sociale - a due strati. Anche le donne possono portare la shuka, ma è raro vedere questo comportamento fuori dal proprio enkang. Le calzature sono sandali di cuoio, sempre più spesso sostituiti da sandali ottenuti da vecchi copertoni di automobile. Al polso, un uomo masai può portare dei bracialetti di cuoio, legno, di perline o di metallo. Il bracialetto di metallo è prezioso in quanto è passato di padre in figlio. Un padre lo darà al figlio che egli considera migliore – non necessariamente il più vecchio – prima di morire. Questo bracialetto è così un segno di rispetto e di saggezza. Uomini e donne possono usare bracialetti di perline il cui disegno e serie di colori hanno a volte, dei sigificati.
Dieta
Come tutti i popoli pastori nilotici, anche i masai basavano la loro dieta sul bestiame e su quello che trovavano in natura. Carne, latte e il sangue di toro erano quindi il cibo più comune. Oggi, la dieta masai ha subito una grande trasformazione. Sempre più masai coltivano la terra e un normale pasto sarà a base di polenta bianca – ugali -, verdure cotte – mchicha in Tanzania e sukuma wiki in Kenya – patate e cavoli. La carne viene consumata in giorni particolari. Al mattino il giorno inizia con una specie di pastone ottenuto facendo bollire del miglio o della farina di mais nel latte. Si può inoltre trovare il chai – te cotto nel latte e acqua, spesso aromatizzato con del ginger. Il latte è bevuto, ma più spesso lasciato fermentare e poi ‘‘mangiato’’. In questo caso, solo un uomo potra servirlo a i commensali. L’assunzione di molti grassi non sembra avere effetti negativi, anche perché la maggioranza dei masai percorre un gran numero di km a piedi ogni giorno, e normalmente i masai hanno un corpo senza grassi superflui. Inoltre, l’uso della corteccia di acacia – che contiene saponina, un abbasatore naturale di colesterolo – nella dieta, nella preparazione di zuppe o semplicemente masticata, migliora il livello di colesterolo nel sangue.
Influenza sociale
I masai hanno saputo sfruttare bene l’immagine del guerriero senza paura cara allo stereotipo occidentale. Tra i tanti gruppi etnici dell’Africa Orientale, i masai sono i più famosi e quelli sempre riconoscibili nei depliant turistici. In realtà, i masai sono una minoranza, anche culturale, in Kenya e in Tanzania. Inoltre, l’indole masai è ben lontana da quella guerriera presentata al turista distratto. Nelle zone turistiche, i visitatori vengono portati a visitare i villaggi masai. I masai non vivono in villaggi – esattamente come la maggioranza delle altre etnie della zona – ma sanno bene che il turista vuole vedere un villaggio tradizionale. La crescita del numero totale della popolazione, la ridotta possibilità del pascolo, l’inserimento nel mondo del lavoro e nelle strutture dello stato, hanno portato i masai lontani dalle loro terre e dal loro modo di vita tradizionale. Sebbene molti masai vivano ancora sulle terre ancestrali, essi sono diventati una minoranza nei loro stessi territori, almeno in Kenya. Si trovano uomini politici, militari e capi di industria masai, ma questo non si tramuta in un peso sociale particolare.
Tratto da wikipedia
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