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ESPORTAZIONI FLOREALI, IL PRIMATO DI NAIROBI A RISCHIO
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ESPORTAZIONI FLOREALI, IL PRIMATO DI NAIROBI A RISCHIO
ESPORTAZIONI FLOREALI, IL PRIMATO DI NAIROBI A RISCHIO
Il Kenya potrebbe perdere presto lo scettro di primo esportatore di fiori al mondo, a causa del progressivo aumento dei costi di produzione e dell’incertezza nei colloqui per il rinnovo degli accordi tra la Comunità dell’Africa orientale (Eac) e l’Unione Europea. Lo riferisce la rivista The East African secondo cui i grossi importatori del mercato mondiale dei fiori recisi avrebbero già rivolto il loro sguardo altrove e in particolare in Etiopia e India.
Attualmente il gigante asiatico esporta un quinto dei fiori esportati dal Kenya ma il settore è in grande espansione, complice anche la deregolamentazione. Nei fatti, tra il 2012 e il 2013 l’India ha visto crescere il volume d’affari delle esportazioni floreali del 23% e le previsioni per il biennio 2014/2015 puntano a raddoppiare la cifra.
Nello stesso periodo, in Kenya i costi di produzione sono cresciuti in media del 30%, principalmente per gli aumenti nel costo del lavoro, dell’elettricità, dei fertilizzanti e del carburante. Gli operatori del settore pagano 41 tipi di tasse e gli organismi che regolamentano il commercio sono ben tre.
Con gli accordi di partenariato economico (Ape), la Commissione europea ha invitato gli stati membri dell’Eac ad aprire i loro mercati ai prodotti europei in cambio del libero accesso alle esportazioni africane sul suo mercato.
Come risultato, volumi e ricavi delle esportazioni del Kenya sono in calo, e gli agricoltori chiedono di finalizzare gli accordi in modo da evitare che i prodotti floreali attirino dazi del 5-8% per l’importazione in Europa, spingendo al tempo stesso per l’armonizzazione e la riduzione del numero di licenze, permessi e prelievi fiscali.
Già da anni infatti, l’industria dei fiori sta spostando le sue immense serre dalla Rift valley agli altopiani etiopici, per sfruttare una favorevole situazione ambientale e politica. E soprattutto l’abbondanza di manodopera a bassissimo costo.
Inoltre, anche se l’India rappresenta meno dell’uno per cento del commercio mondiale nell’ambito della floricoltura, dominato da Kenya, Etiopia, Ecuador e Colombia, gli esperti temono che questo trend possa contribuire a far mutare i produttori principali in pochi anni.
Fonte:Misna
Il Kenya potrebbe perdere presto lo scettro di primo esportatore di fiori al mondo, a causa del progressivo aumento dei costi di produzione e dell’incertezza nei colloqui per il rinnovo degli accordi tra la Comunità dell’Africa orientale (Eac) e l’Unione Europea. Lo riferisce la rivista The East African secondo cui i grossi importatori del mercato mondiale dei fiori recisi avrebbero già rivolto il loro sguardo altrove e in particolare in Etiopia e India.
Attualmente il gigante asiatico esporta un quinto dei fiori esportati dal Kenya ma il settore è in grande espansione, complice anche la deregolamentazione. Nei fatti, tra il 2012 e il 2013 l’India ha visto crescere il volume d’affari delle esportazioni floreali del 23% e le previsioni per il biennio 2014/2015 puntano a raddoppiare la cifra.
Nello stesso periodo, in Kenya i costi di produzione sono cresciuti in media del 30%, principalmente per gli aumenti nel costo del lavoro, dell’elettricità, dei fertilizzanti e del carburante. Gli operatori del settore pagano 41 tipi di tasse e gli organismi che regolamentano il commercio sono ben tre.
Con gli accordi di partenariato economico (Ape), la Commissione europea ha invitato gli stati membri dell’Eac ad aprire i loro mercati ai prodotti europei in cambio del libero accesso alle esportazioni africane sul suo mercato.
Come risultato, volumi e ricavi delle esportazioni del Kenya sono in calo, e gli agricoltori chiedono di finalizzare gli accordi in modo da evitare che i prodotti floreali attirino dazi del 5-8% per l’importazione in Europa, spingendo al tempo stesso per l’armonizzazione e la riduzione del numero di licenze, permessi e prelievi fiscali.
Già da anni infatti, l’industria dei fiori sta spostando le sue immense serre dalla Rift valley agli altopiani etiopici, per sfruttare una favorevole situazione ambientale e politica. E soprattutto l’abbondanza di manodopera a bassissimo costo.
Inoltre, anche se l’India rappresenta meno dell’uno per cento del commercio mondiale nell’ambito della floricoltura, dominato da Kenya, Etiopia, Ecuador e Colombia, gli esperti temono che questo trend possa contribuire a far mutare i produttori principali in pochi anni.
Fonte:Misna
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Località : Como-Malindi-Africa
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