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Lo sterminio degli elefanti e la sete insaziabile di avorio
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Lo sterminio degli elefanti e la sete insaziabile di avorio
Lo sterminio degli elefanti e la sete insaziabile di avorio
Dal 13 al 15 marzo a Doha si discuterà della richiesta del governo della Tanzania di riaprire, anche se parzialmente, il mercato dell'avorio
dal nostro inviato CARLO CIAVONI
DAR ES SALAAM - Se è ridicolo parlare di etica ai bracconieri che ammazzano elefanti, quando l'avorio vale 5 mila euro al chilo, è certamente più praticabile il tentativo di indurli alla riflessione e ad accettare l'idea che continuare a sparare può voler dire che entro pochi anni di elefanti non ce ne saranno più. C'è chi di anni dice che ne trascorreranno 7 o 8 , chi 15, prima della definitiva scomparsa. Ma sta di fatto che se alla voracità dei mercati, soprattutto asiatici, non si pone un freno, il destino dei pachidermi tanzaniani sembra segnato.
L'appuntamento di Doha. Dopo una quindicina d'anni di tregua, in Tanzania si sta chiedendo di rendere di nuovo legale il commercio dell'avorio, sebbene in una quantità limitata a 90 tonnellate. La proposta sarà esaminata dal 13 al 15 marzo a Doha, nel Qatar, dal Cites (la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate). Ma c'è chi è pronto a dimostrare che questa proposta sia una farsa, anche in contrasto con la pretesa riattivazione del mercato dell'avorio, in funzione di un incremento delle entrate dello Stato. Considerando il prezzo medio dell'avorio, venduto nelle precedenti aste, le 90 tonnellate in questione porterebbero a un ricavato di circa 14-15 milioni di dollari. La proposta prevede che nessuna ulteriore richiesta di vendere avorio sarà fatta per altri 6 anni, quindi 15 milioni di dollari diviso 6 anni, fa 2.5 milioni, che il governo metterebbe a disposizione della conservazione dei parchi.
I conti che non tornano. Ora è evidente a tutti come il turismo, solamente tramite il pagamento per l'ingresso nei parchi o nelle riserve, porta all'erario circa 80 milioni di dollari all'anno. Il business del turismo rappresenta il 17% del pil del paese (considerando che il 45% circa è rappresentato da aiuti internazionali) per un valore di circa 3 miliardi di dollari l'anno. Si capisce così che il ricavato dalla vendita dell'avorio rappresenta lo 0,01% di quello che il turismo rappresenta per il paese.
Le ammissioni del governo. Il governo tanzaniano ammette che c'è un problema di bracconaggio e lo fa per bocca di un primo segretario del ministero, il quale - in un'intervista al quotidiano Majira - dice che la situazione è grave e che non ci sono controlli alle dogane, perché la polizia è corrotta e fa passare i container carichi di avorio. Ma aggiunge che adesso la nuova strategia del governo è quello di chiedere nuove risorse per combattere il bracconaggio.
La protesta degli albergatori. L'associazione alberghiera è fermamente contraria alla decisione del governo di chiedere una riapertura del mercato, in quanto - da un lato - danneggia l'immagine del paese e - dall'altro - il bracconaggio rischia di minare la prima industria del paese, cioè il turismo. La Tanzania vive sui safari fotografici, che fissano con i loro clic una natura incredibilmente bella e ricca.
Le cifre di uno sterminio. Ogni elefante ammazzato garantisce una media di 7 chili di avorio. Per alimentare l'attuale ritmo del mercato mondiale, ogni anno si uccidono circa 40.000 elefanti. Lo dimostrano i dati del 2009, con nuovi record di sequestri di avorio. Sebbene le analisi del dna degli animali uccisi non siano state ancora autorizzate, dalla Tanzania è certa la partenza di tonnellate di avorio verso numerosi porti asiatici, come Haiphong, in Vietnam, o Manila nelle Filippine, per un totale di 14.380 chili.
Del resto, a dimostrare un nuovo rilancio del bracconaggio, ci sono i report della comunità alberghiera e dei censimenti. Si sa, ad esempio, che nel 2006 c'erano 74.000 elefanti nel Selous, 45 mila chilometri quadrati, uno dei parchi del Sud della Tanzania considerato scenograficamente il più bello, che porta il nome (non a caso) di Frederick Courtney Selous, celebre cacciatore bianco. Un territorio disabitato senza tracce umane, dove abitano circa 750.000 mammiferi. Nel 2009 di elefanti ne sarebbero rimasti circa 40.000, secondo il direttore del Wildlife Division, Erasmus Tarimo, a capo dell'ente preposto alla tutela e salvaguardia della flora e della fauna, che agisce sotto le dipendenze del ministero dall'Ambiente e del Turismo. Dunque, in soli 4 anni, al contrario di quanto affermano i documenti ufficiali del governo tanzaniano, inviati al Cites (che parlano di crescita della popolazione dei pachidermi di 5% annuo) all'appello mancherebbero in realtà più di 30.000 elefanti. Una diminuzione media del 20%. E del 42% solo nella riserva del Selous.
Gli altri paesi africani. C'è una proposta avallata da altri 16 paesi africani, in testa il Kenya e paesi della costa occidentale, che proprio per scongiurare il dramma del bracconaggio (nell'Africa occidentale gli elefanti sono ormai scomparsi) chiede invece una moratoria di 20 anni sul commercio dell'avorio. C'è così un asse composto da sei paesi africani (Sudafrica, Namibia, Botswana, Zimbabwe, Tanzania e Zambia) che chiede di riaprire i giochi del mercato dell'avorio, mentre altri 16 paesi (tra i quali Kenya, Mali, Etiopia, Nigeria, Senegal) vogliono invece fermare per almeno vent'anni il massacro.
La storia del bracconaggio. Questa del floridissimo mercato dell'avorio e del bracconaggio a esso collegato è una storia vecchia. Che comincia in Africa negli anni '60-'70, anche se fu soprattutto nel decennio successivo che la popolazione di elefanti cominciò a essere decimata. Uno sterminio in tutta l'Africa e in Tanzania in particolare, con centinaia di migliaia di animali decapitati per ricavare avorio, in un momento in cui in Europa e in America il prezioso materiale faceva furore nella moda.
Nel 1989 si arrivò al bando totale del commercio e da allora la popolazione di elefanti, in tutta l'Africa, ebbe una netta ripresa, al punto che in Tanzania raddoppiò e il bracconaggio sembrò pressoché scomparso. Nel 1997 il Sudafrica chiese il permesso al Cites (Conference for International Trade on Endangered Species) di vendere al Giappone l'avorio che aveva stoccato. Così da quell'anno nelle vetrine di Tokyo si ricominciò a rivedere avorio legalmente in vendita. Furono le prime scintille che rimisero in moto un meccanismo di dimensioni mondiali, che non poteva sottrarsi a una delle leggi fondamentali dell'economia, per cui dal momento che un prodotto viene immesso sul mercato la domanda comincia a salire. Ma siccome le quantità di avorio "legale" disponibile erano limitate, dal 1997 in poi il bracconaggio ha ricominciato a diffondersi in tutta l'Africa.
Il bluff delle morti naturali. Nel 2002 altri paesi dell'Africa meridionale chiesero e ottennnero il permesso di vendere i loro stock di avorio, provenienti da animali morti per cause naturali. Nessuno obiettò, ma ci si accorso subito dopo che l'immettere sul mercato piccole quantità di una merce molto pregiata significava riaccendere una domanda che non poteva essere soddisfatta solo con avorio proveniente da animali morti per cause naturali. Quindi... Nel 2006 la Tanzania aveva già provato a richiedere al Cites di poter vendere il proprio avorio, ma poi ritirò la richiesta a causa di alcuni scandali interni, che collegavano la wildlife division a episodi di bracconaggio.
La minaccia che viene da Oriente. La sorte degli elefanti tanzaniani - ma a questo punto anche quelli di altre aree del continente - è oggi minacciata da un altro fattore. Il Cites ha esteso il mercato, oltre che al Giappone, anche alla Cina, ormai pienamente legittimata ad acquistare avorio africano. Questo potrebbe essere l'inizio del definitivo disastro. L'appetito onnivoro del colosso asiatico per l'avorio, il legname, così come per tutto il materiale necessario a creare energia, o per tutte le immense ricchezze africane, è insaziabile. Dal 2005 in poi, il bracconaggio cresce in modo esponenziale, particolarmente nel sud della Tanzania. Nel 2009 si scopre che un certo numero di container sequestrati nel 2006 in Asia contenevano avorio della stessa regione africana, la riserva del Selous, in Tanzania e il parco Niassa, in Mozambico, una regione al confine tra i due paesi. Una scoperta, suffragata da un team di scienziati e dall'Interpol, che ha confermato come la caccia agli elefanti sia ripresa alla grande, in perfetta sintonia con l'allargamento delle maglie della rete che per qualche anno ha contenuto o bloccato la fame di avorio del mondo ricco. Un dramma nell'equilibrio dell'ecosistema di intere aree dell'Africa, tutto sulla coscienza di organizzazioni criminali multinazionali, e non certo di singoli bracconieri.
Fonte: www.repubblica.it
foto personale
Dal 13 al 15 marzo a Doha si discuterà della richiesta del governo della Tanzania di riaprire, anche se parzialmente, il mercato dell'avorio
dal nostro inviato CARLO CIAVONI
DAR ES SALAAM - Se è ridicolo parlare di etica ai bracconieri che ammazzano elefanti, quando l'avorio vale 5 mila euro al chilo, è certamente più praticabile il tentativo di indurli alla riflessione e ad accettare l'idea che continuare a sparare può voler dire che entro pochi anni di elefanti non ce ne saranno più. C'è chi di anni dice che ne trascorreranno 7 o 8 , chi 15, prima della definitiva scomparsa. Ma sta di fatto che se alla voracità dei mercati, soprattutto asiatici, non si pone un freno, il destino dei pachidermi tanzaniani sembra segnato.
L'appuntamento di Doha. Dopo una quindicina d'anni di tregua, in Tanzania si sta chiedendo di rendere di nuovo legale il commercio dell'avorio, sebbene in una quantità limitata a 90 tonnellate. La proposta sarà esaminata dal 13 al 15 marzo a Doha, nel Qatar, dal Cites (la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate). Ma c'è chi è pronto a dimostrare che questa proposta sia una farsa, anche in contrasto con la pretesa riattivazione del mercato dell'avorio, in funzione di un incremento delle entrate dello Stato. Considerando il prezzo medio dell'avorio, venduto nelle precedenti aste, le 90 tonnellate in questione porterebbero a un ricavato di circa 14-15 milioni di dollari. La proposta prevede che nessuna ulteriore richiesta di vendere avorio sarà fatta per altri 6 anni, quindi 15 milioni di dollari diviso 6 anni, fa 2.5 milioni, che il governo metterebbe a disposizione della conservazione dei parchi.
I conti che non tornano. Ora è evidente a tutti come il turismo, solamente tramite il pagamento per l'ingresso nei parchi o nelle riserve, porta all'erario circa 80 milioni di dollari all'anno. Il business del turismo rappresenta il 17% del pil del paese (considerando che il 45% circa è rappresentato da aiuti internazionali) per un valore di circa 3 miliardi di dollari l'anno. Si capisce così che il ricavato dalla vendita dell'avorio rappresenta lo 0,01% di quello che il turismo rappresenta per il paese.
Le ammissioni del governo. Il governo tanzaniano ammette che c'è un problema di bracconaggio e lo fa per bocca di un primo segretario del ministero, il quale - in un'intervista al quotidiano Majira - dice che la situazione è grave e che non ci sono controlli alle dogane, perché la polizia è corrotta e fa passare i container carichi di avorio. Ma aggiunge che adesso la nuova strategia del governo è quello di chiedere nuove risorse per combattere il bracconaggio.
La protesta degli albergatori. L'associazione alberghiera è fermamente contraria alla decisione del governo di chiedere una riapertura del mercato, in quanto - da un lato - danneggia l'immagine del paese e - dall'altro - il bracconaggio rischia di minare la prima industria del paese, cioè il turismo. La Tanzania vive sui safari fotografici, che fissano con i loro clic una natura incredibilmente bella e ricca.
Le cifre di uno sterminio. Ogni elefante ammazzato garantisce una media di 7 chili di avorio. Per alimentare l'attuale ritmo del mercato mondiale, ogni anno si uccidono circa 40.000 elefanti. Lo dimostrano i dati del 2009, con nuovi record di sequestri di avorio. Sebbene le analisi del dna degli animali uccisi non siano state ancora autorizzate, dalla Tanzania è certa la partenza di tonnellate di avorio verso numerosi porti asiatici, come Haiphong, in Vietnam, o Manila nelle Filippine, per un totale di 14.380 chili.
Del resto, a dimostrare un nuovo rilancio del bracconaggio, ci sono i report della comunità alberghiera e dei censimenti. Si sa, ad esempio, che nel 2006 c'erano 74.000 elefanti nel Selous, 45 mila chilometri quadrati, uno dei parchi del Sud della Tanzania considerato scenograficamente il più bello, che porta il nome (non a caso) di Frederick Courtney Selous, celebre cacciatore bianco. Un territorio disabitato senza tracce umane, dove abitano circa 750.000 mammiferi. Nel 2009 di elefanti ne sarebbero rimasti circa 40.000, secondo il direttore del Wildlife Division, Erasmus Tarimo, a capo dell'ente preposto alla tutela e salvaguardia della flora e della fauna, che agisce sotto le dipendenze del ministero dall'Ambiente e del Turismo. Dunque, in soli 4 anni, al contrario di quanto affermano i documenti ufficiali del governo tanzaniano, inviati al Cites (che parlano di crescita della popolazione dei pachidermi di 5% annuo) all'appello mancherebbero in realtà più di 30.000 elefanti. Una diminuzione media del 20%. E del 42% solo nella riserva del Selous.
Gli altri paesi africani. C'è una proposta avallata da altri 16 paesi africani, in testa il Kenya e paesi della costa occidentale, che proprio per scongiurare il dramma del bracconaggio (nell'Africa occidentale gli elefanti sono ormai scomparsi) chiede invece una moratoria di 20 anni sul commercio dell'avorio. C'è così un asse composto da sei paesi africani (Sudafrica, Namibia, Botswana, Zimbabwe, Tanzania e Zambia) che chiede di riaprire i giochi del mercato dell'avorio, mentre altri 16 paesi (tra i quali Kenya, Mali, Etiopia, Nigeria, Senegal) vogliono invece fermare per almeno vent'anni il massacro.
La storia del bracconaggio. Questa del floridissimo mercato dell'avorio e del bracconaggio a esso collegato è una storia vecchia. Che comincia in Africa negli anni '60-'70, anche se fu soprattutto nel decennio successivo che la popolazione di elefanti cominciò a essere decimata. Uno sterminio in tutta l'Africa e in Tanzania in particolare, con centinaia di migliaia di animali decapitati per ricavare avorio, in un momento in cui in Europa e in America il prezioso materiale faceva furore nella moda.
Nel 1989 si arrivò al bando totale del commercio e da allora la popolazione di elefanti, in tutta l'Africa, ebbe una netta ripresa, al punto che in Tanzania raddoppiò e il bracconaggio sembrò pressoché scomparso. Nel 1997 il Sudafrica chiese il permesso al Cites (Conference for International Trade on Endangered Species) di vendere al Giappone l'avorio che aveva stoccato. Così da quell'anno nelle vetrine di Tokyo si ricominciò a rivedere avorio legalmente in vendita. Furono le prime scintille che rimisero in moto un meccanismo di dimensioni mondiali, che non poteva sottrarsi a una delle leggi fondamentali dell'economia, per cui dal momento che un prodotto viene immesso sul mercato la domanda comincia a salire. Ma siccome le quantità di avorio "legale" disponibile erano limitate, dal 1997 in poi il bracconaggio ha ricominciato a diffondersi in tutta l'Africa.
Il bluff delle morti naturali. Nel 2002 altri paesi dell'Africa meridionale chiesero e ottennnero il permesso di vendere i loro stock di avorio, provenienti da animali morti per cause naturali. Nessuno obiettò, ma ci si accorso subito dopo che l'immettere sul mercato piccole quantità di una merce molto pregiata significava riaccendere una domanda che non poteva essere soddisfatta solo con avorio proveniente da animali morti per cause naturali. Quindi... Nel 2006 la Tanzania aveva già provato a richiedere al Cites di poter vendere il proprio avorio, ma poi ritirò la richiesta a causa di alcuni scandali interni, che collegavano la wildlife division a episodi di bracconaggio.
La minaccia che viene da Oriente. La sorte degli elefanti tanzaniani - ma a questo punto anche quelli di altre aree del continente - è oggi minacciata da un altro fattore. Il Cites ha esteso il mercato, oltre che al Giappone, anche alla Cina, ormai pienamente legittimata ad acquistare avorio africano. Questo potrebbe essere l'inizio del definitivo disastro. L'appetito onnivoro del colosso asiatico per l'avorio, il legname, così come per tutto il materiale necessario a creare energia, o per tutte le immense ricchezze africane, è insaziabile. Dal 2005 in poi, il bracconaggio cresce in modo esponenziale, particolarmente nel sud della Tanzania. Nel 2009 si scopre che un certo numero di container sequestrati nel 2006 in Asia contenevano avorio della stessa regione africana, la riserva del Selous, in Tanzania e il parco Niassa, in Mozambico, una regione al confine tra i due paesi. Una scoperta, suffragata da un team di scienziati e dall'Interpol, che ha confermato come la caccia agli elefanti sia ripresa alla grande, in perfetta sintonia con l'allargamento delle maglie della rete che per qualche anno ha contenuto o bloccato la fame di avorio del mondo ricco. Un dramma nell'equilibrio dell'ecosistema di intere aree dell'Africa, tutto sulla coscienza di organizzazioni criminali multinazionali, e non certo di singoli bracconieri.
Fonte: www.repubblica.it
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Re: Lo sterminio degli elefanti e la sete insaziabile di avorio
VENDITA AVORIO, CITES RESPINGE RICHIESTA TANZANIA
(ANSA-AFP) - DOHA, 17 MAR - La segreteria della Cites,la convenzione per il
commercio internazionale di specie selvagge minacciate, si raccomanda di
respingere la richiesta della Tanzania di poter vendere uno stock di 90
tonnellate d'avorio, argomentandola con l'assenza di controllo sulla presenza
sul mercato di avorio illegale.
Nel suo documento il segretariato si dice ''preoccupato'' sulla reale capacità
delle autorità della Tanzania di lottare contro il traffico illegale di avorio.
''Gli sforzi nella lotta contro il bracconaggio in certe regioni del paese
sembrano inadeguate, gli stock d'avorio non possono essere verificati e i
controlli sul traffico d'avorio che passa per la Tanzania non sembra essere
sufficiente''.
Viene quindi ''raccomandato'' agli stati aderenti alla convenzione riuniti in
conferenza a Doha fino al 25 marzo, di non autorizzare questa vendita di
avorio, ricavato - secondo la Tanzania - dall'abbattimento legale e dalla mortalità
naturale.
L'elefante africano e' iscritto all'annesso primo della Cites, il che significa
che questa specie e' minacciata d'
estinzione e che qualsivoglia commercio che lo riguarda e' proibito, salvo che
in quattro paesi dell'Africa australe: Sudafrica, Zimbabwe, Botswana e Namibia.
Adducendo la 'buona salute' della propria popolazione di elefanti Tanzania e
Zambia hanno chiesto il declassamento dei loro elefanti dall'Annesso I.
Per Celine Sissler-Bienvenu, esperta di elefanti del Fondo mondiale per la
protezione degli animali (Ifaw) ''la raccomandazione del segretariato riguarda
soprattutto lo Zambia, che secondo numerose prove sarebbe implicato in alcuni
traffici''. Secondo l'Ifaw, che chiede di mantenere la moratoria totale sulla
vendita di avorio decisa dalla Cites nel 2007, gli elefanti di questo paese
''hanno subito un declino consistente nel corso degli ultimi 30 anni e stanno
cercando di recuperare gli effetti del bracconaggio intensivo degli anni '80''.
(ANSA-AFP) - DOHA, 17 MAR - La segreteria della Cites,la convenzione per il
commercio internazionale di specie selvagge minacciate, si raccomanda di
respingere la richiesta della Tanzania di poter vendere uno stock di 90
tonnellate d'avorio, argomentandola con l'assenza di controllo sulla presenza
sul mercato di avorio illegale.
Nel suo documento il segretariato si dice ''preoccupato'' sulla reale capacità
delle autorità della Tanzania di lottare contro il traffico illegale di avorio.
''Gli sforzi nella lotta contro il bracconaggio in certe regioni del paese
sembrano inadeguate, gli stock d'avorio non possono essere verificati e i
controlli sul traffico d'avorio che passa per la Tanzania non sembra essere
sufficiente''.
Viene quindi ''raccomandato'' agli stati aderenti alla convenzione riuniti in
conferenza a Doha fino al 25 marzo, di non autorizzare questa vendita di
avorio, ricavato - secondo la Tanzania - dall'abbattimento legale e dalla mortalità
naturale.
L'elefante africano e' iscritto all'annesso primo della Cites, il che significa
che questa specie e' minacciata d'
estinzione e che qualsivoglia commercio che lo riguarda e' proibito, salvo che
in quattro paesi dell'Africa australe: Sudafrica, Zimbabwe, Botswana e Namibia.
Adducendo la 'buona salute' della propria popolazione di elefanti Tanzania e
Zambia hanno chiesto il declassamento dei loro elefanti dall'Annesso I.
Per Celine Sissler-Bienvenu, esperta di elefanti del Fondo mondiale per la
protezione degli animali (Ifaw) ''la raccomandazione del segretariato riguarda
soprattutto lo Zambia, che secondo numerose prove sarebbe implicato in alcuni
traffici''. Secondo l'Ifaw, che chiede di mantenere la moratoria totale sulla
vendita di avorio decisa dalla Cites nel 2007, gli elefanti di questo paese
''hanno subito un declino consistente nel corso degli ultimi 30 anni e stanno
cercando di recuperare gli effetti del bracconaggio intensivo degli anni '80''.
jannis- Nuovo utente
- Numero di messaggi : 27
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Località : Padova
Re: Lo sterminio degli elefanti e la sete insaziabile di avorio
Gli elefanti. Le loro dimensioni e la loro forza li ha resi tra le specie più minacciate di estinzione, questi animali sono stati traditi da interessi particolari, in una riunione delle Nazioni Unite in materia di protezione della fauna selvatica.
Proposte volte a vietare il commercio del tonno rosso e gli orsi polari sono state nettamente respinte, ieri, alla convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites), riunita a Doha, nel Qatar.
Anche il piano per il divieto del commercio di avorio, per 20 anni, finalizzato a tutelare gli elefanti africani, è destinato a fallire nei prossimi giorni, soprattutto perché la Gran Bretagna e altri membri della UE si rifiutano di sostenerlo.
Delegati sono invece del parere di approvare un debole compromesso, che favorirebbe il bracconaggio, permettendo la vendita di avorio immagazzinato da diverse nazioni africane.
Risentimento era l’aria che si respirava ieri durante l’incontro, circa il fallimento delle misure volte a proteggere il tonno in via di estinzione. Solo 20 dei 120 paesi, nel corso della riunione hanno votato a favore del divieto al commercio del tonno rosso.
A difesa delle grandi aziende, la lobbying del Giappone, che consuma l’80 per cento di tonno rosso dell’Atlantico e del Mediterraneo, ha fatto sì che il voto sia stato dato, prima di qualsiasi dibattito sulle relazioni scientifiche che dimostrano un catastrofico declino della più grande famiglia del tonno.
Gli attivisti hanno reagito con sgomento. Oliver Knowles, di Greenpeace, ha dichiarato: “E’un autogol da parte del Giappone, che spinge questo prodotto di lusso, che colorerà il futuro di rosso e il proprio futuro che è a grave rischio”.
Il misero fallimento dei governi al Cites, per proteggere il tonno rosso dell’Atlantico è disastroso perché così hanno stabilito il percorso della sua estinzione.
Francia, Italia e Spagna catturano la maggior parte del tonno consumato dal mercato globale. Nel 2009 era stato stabilito un contingente di 19.950 tonnellate di tonno, dalla Commissione internazionale per la conservazione del tonno atlantico.
Susan Lieberman, direttore della politica internazionale per il Pew Environment Group, ha dichiarato: “Il mercato per questo pesce è troppo redditizio e gli interessi sono molto alti, pertanto la responsabilità che devono prendere i governi è notevole, per sostenere un futuro realmente sostenibile per il pesce in via di estinzione“.
Il processo Cites, che richiede una maggioranza dei due terzi per l’approvazione di una proposta, è vulnerabile, vi aderiscono infatti lobbying di paesi e industrie che dipendono dal commercio di una determinata specie.
Una proposta degli Stati Uniti, per proteggere gli orsi polari decadde in seguito ad argomentazioni addotte da gruppi di Inuit, ossia che i loro mezzi di sussistenza dipendevano esclusivamente dalla caccia agli animali.
La votazione sull’eventuale protezione degli elefanti avverrà Lunedì ed è considerata dai gruppi di fauna selvatica, come l’ultima opportunità per difendere molte specie, che vivono nelle zone più minacciati dell’Africa.
I pochi esemplari di elefanti rimasti in Sierra Leone, continuano ad essere massacrati dai bracconieri, per servire il fiorente mercato nero dell’avorio, dove si recupera fino a 1.500 dollari al chilo.
Nel Zakouma National Park in Ciad, il bracconaggio ha ridotto la specie da 3.885 del 2006 a soli 617 oggi.
Il numero di elefanti persi per il bracconaggio in Kenya si è quadruplicato negli ultimi due anni. Il Kenya è uno delle sette nazioni africane che propone una moratoria di 20 anni sulle vendite di avorio.
19 Marzo 2010
Proposte volte a vietare il commercio del tonno rosso e gli orsi polari sono state nettamente respinte, ieri, alla convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites), riunita a Doha, nel Qatar.
Anche il piano per il divieto del commercio di avorio, per 20 anni, finalizzato a tutelare gli elefanti africani, è destinato a fallire nei prossimi giorni, soprattutto perché la Gran Bretagna e altri membri della UE si rifiutano di sostenerlo.
Delegati sono invece del parere di approvare un debole compromesso, che favorirebbe il bracconaggio, permettendo la vendita di avorio immagazzinato da diverse nazioni africane.
Risentimento era l’aria che si respirava ieri durante l’incontro, circa il fallimento delle misure volte a proteggere il tonno in via di estinzione. Solo 20 dei 120 paesi, nel corso della riunione hanno votato a favore del divieto al commercio del tonno rosso.
A difesa delle grandi aziende, la lobbying del Giappone, che consuma l’80 per cento di tonno rosso dell’Atlantico e del Mediterraneo, ha fatto sì che il voto sia stato dato, prima di qualsiasi dibattito sulle relazioni scientifiche che dimostrano un catastrofico declino della più grande famiglia del tonno.
Gli attivisti hanno reagito con sgomento. Oliver Knowles, di Greenpeace, ha dichiarato: “E’un autogol da parte del Giappone, che spinge questo prodotto di lusso, che colorerà il futuro di rosso e il proprio futuro che è a grave rischio”.
Il misero fallimento dei governi al Cites, per proteggere il tonno rosso dell’Atlantico è disastroso perché così hanno stabilito il percorso della sua estinzione.
Francia, Italia e Spagna catturano la maggior parte del tonno consumato dal mercato globale. Nel 2009 era stato stabilito un contingente di 19.950 tonnellate di tonno, dalla Commissione internazionale per la conservazione del tonno atlantico.
Susan Lieberman, direttore della politica internazionale per il Pew Environment Group, ha dichiarato: “Il mercato per questo pesce è troppo redditizio e gli interessi sono molto alti, pertanto la responsabilità che devono prendere i governi è notevole, per sostenere un futuro realmente sostenibile per il pesce in via di estinzione“.
Il processo Cites, che richiede una maggioranza dei due terzi per l’approvazione di una proposta, è vulnerabile, vi aderiscono infatti lobbying di paesi e industrie che dipendono dal commercio di una determinata specie.
Una proposta degli Stati Uniti, per proteggere gli orsi polari decadde in seguito ad argomentazioni addotte da gruppi di Inuit, ossia che i loro mezzi di sussistenza dipendevano esclusivamente dalla caccia agli animali.
La votazione sull’eventuale protezione degli elefanti avverrà Lunedì ed è considerata dai gruppi di fauna selvatica, come l’ultima opportunità per difendere molte specie, che vivono nelle zone più minacciati dell’Africa.
I pochi esemplari di elefanti rimasti in Sierra Leone, continuano ad essere massacrati dai bracconieri, per servire il fiorente mercato nero dell’avorio, dove si recupera fino a 1.500 dollari al chilo.
Nel Zakouma National Park in Ciad, il bracconaggio ha ridotto la specie da 3.885 del 2006 a soli 617 oggi.
Il numero di elefanti persi per il bracconaggio in Kenya si è quadruplicato negli ultimi due anni. Il Kenya è uno delle sette nazioni africane che propone una moratoria di 20 anni sulle vendite di avorio.
19 Marzo 2010
jannis- Nuovo utente
- Numero di messaggi : 27
Data d'iscrizione : 04.03.10
Età : 63
Località : Padova
Re: Lo sterminio degli elefanti e la sete insaziabile di avorio
Rammento a jannis e a tutti gli utenti, che è opportuno sempre citare la fonte dei pezzi postati, questo per una procedura denteologica che tutela gli amministratori del sito da qualsivoglia rivalsa da parte degli autori.
Grazie
Fio
Grazie
Fio
fio- Sostenitore
- Numero di messaggi : 3168
Data d'iscrizione : 21.04.09
Età : 77
Località : Como-Malindi-Africa
Re: Lo sterminio degli elefanti e la sete insaziabile di avorio
Upss... hai perfettamente ragione, nel ultimo mio post mi è sfuggito!
jannis- Nuovo utente
- Numero di messaggi : 27
Data d'iscrizione : 04.03.10
Età : 63
Località : Padova
Re: Lo sterminio degli elefanti e la sete insaziabile di avorio
Doha, 22 mar. (Ap) - Il vertice internazionale Onu sulla biodiversità in corso a Doha ha respinto la richiesta della Tanzania che voleva essere autorizzata ad una vendita straordinaria una tantum di parte delle sue riserve di avorio. La tanziania chiedeva in sostanza di essere esentata dalla moratoria che per venti anni impedice la vendita di avorio.
Nella sua proposta la Tanzania giustificava la richiesta facendo notare che nel suo territorio dall'1989 a oggi la popolazione di elefanti è salita da 55.000 esemplari a circa 137.000. Il fronte del no, guidato da Usa, Ue, e diversi stati africani ha comunque deciso di non concedere l'autorizzazione facendo approvare un documento in cui si sottolinea come la Tanzania non abbia fatto abbastanza per combattere il bracconaggio e il commercio illegale di avorio. Sempre oggi il vertice di Doha dovrà esaminare una proposta analoga a quella della Tanzania avanzata dallo Zambia.
APCOM (c) 2008
Nella sua proposta la Tanzania giustificava la richiesta facendo notare che nel suo territorio dall'1989 a oggi la popolazione di elefanti è salita da 55.000 esemplari a circa 137.000. Il fronte del no, guidato da Usa, Ue, e diversi stati africani ha comunque deciso di non concedere l'autorizzazione facendo approvare un documento in cui si sottolinea come la Tanzania non abbia fatto abbastanza per combattere il bracconaggio e il commercio illegale di avorio. Sempre oggi il vertice di Doha dovrà esaminare una proposta analoga a quella della Tanzania avanzata dallo Zambia.
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jannis- Nuovo utente
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Ambiente. Avorio, Cites dice no a deroghe su divieto commercio
Ambiente. Avorio, Cites dice no a deroghe su divieto commercio
Bocciate richieste Tanzania e Zambia di vendere zanne elefanti
Roma, 22 mar. (Apcom) - Niente eccezioni al divieto di commercio dell'avorio per gli elefanti di Tanzania e Zambia: dopo non essere riuscita a impedire il commercio del tonno rosso, la conferenza della Convenzione sul commercio internazionale delle specie selvagge a rischio (Cites), ha bloccato oggi i tentativi di Tanzania e Zambia di introdurre deroghe alla moratoria sul commercio delle zanne, che i due paesi africani speravano di ottenere.
Tanzania e Zambia volevano dei permessi speciali di commercio, puntando sul fatto che la popolazione dei pachidermi nelle loro savane è aumentata: citando uno studio del 2007, ad esempio, Dodoma ha cercato di giustificare la sua richiesta facendo notare che nel suo territorio dall'1989 a oggi la popolazione di elefanti è salita da 55.000 esemplari a circa 137.000. La Zambia vorrebbe vendere quasi 22 tonnellate di avorio, e la Tanzania circa 90, per un valore di oltre 20 milioni di dollari.
I principali acquirenti, che sostengono la domanda di Dodoma e Lusaka, sono la Cina e il Giappone. Ma Stati uniti, Unione europea e altri paesi africani come il Kenya si sono opposti, facendo naufragare il progetto di 'declassamento' degli elefanti di questi due paesi. Nairobi, in particolare, assieme ad altri 23 Stati africani, si è opposta a qualsiasi deroga, sostenendo che l'obiettivo è non riparlare di commercio fino al 2018, quando terminerà la moratoria iniziata nel 2008.
Ma non è ancora detta l'ultima parola, perché i due Stati dell'Africa orientale potrebbero cercare di riaprire il dibattito nella sessione plenaria della Cites, che si terrà questo mercoledì a Doha. I due paesi sostengono di avere il diritto di utilizzare le loro risorse naturali, ma gli altri paesi africani e gli ecologisti insistono che Tanzania e Zambia non fanno abbastanza per combattere il bracconaggio, e che una deroga peggiorerebbe le cose, incoraggiando i cacciatori di frodo.
Fonte: APCOM
Bocciate richieste Tanzania e Zambia di vendere zanne elefanti
Roma, 22 mar. (Apcom) - Niente eccezioni al divieto di commercio dell'avorio per gli elefanti di Tanzania e Zambia: dopo non essere riuscita a impedire il commercio del tonno rosso, la conferenza della Convenzione sul commercio internazionale delle specie selvagge a rischio (Cites), ha bloccato oggi i tentativi di Tanzania e Zambia di introdurre deroghe alla moratoria sul commercio delle zanne, che i due paesi africani speravano di ottenere.
Tanzania e Zambia volevano dei permessi speciali di commercio, puntando sul fatto che la popolazione dei pachidermi nelle loro savane è aumentata: citando uno studio del 2007, ad esempio, Dodoma ha cercato di giustificare la sua richiesta facendo notare che nel suo territorio dall'1989 a oggi la popolazione di elefanti è salita da 55.000 esemplari a circa 137.000. La Zambia vorrebbe vendere quasi 22 tonnellate di avorio, e la Tanzania circa 90, per un valore di oltre 20 milioni di dollari.
I principali acquirenti, che sostengono la domanda di Dodoma e Lusaka, sono la Cina e il Giappone. Ma Stati uniti, Unione europea e altri paesi africani come il Kenya si sono opposti, facendo naufragare il progetto di 'declassamento' degli elefanti di questi due paesi. Nairobi, in particolare, assieme ad altri 23 Stati africani, si è opposta a qualsiasi deroga, sostenendo che l'obiettivo è non riparlare di commercio fino al 2018, quando terminerà la moratoria iniziata nel 2008.
Ma non è ancora detta l'ultima parola, perché i due Stati dell'Africa orientale potrebbero cercare di riaprire il dibattito nella sessione plenaria della Cites, che si terrà questo mercoledì a Doha. I due paesi sostengono di avere il diritto di utilizzare le loro risorse naturali, ma gli altri paesi africani e gli ecologisti insistono che Tanzania e Zambia non fanno abbastanza per combattere il bracconaggio, e che una deroga peggiorerebbe le cose, incoraggiando i cacciatori di frodo.
Fonte: APCOM
Federica- ADMIN
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