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Il silenzioso sterminio dei rinoceronti in Africa
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Il silenzioso sterminio dei rinoceronti in Africa
Africa - Il silenzioso sterminio dei rinoceronti in Africa
12/04/2010-In Africa, silenziosamente, si sta perpetrando da tempo una mattanza di rinoceronti senza precedenti. Racket, bracconaggio, traffico illegale il trittico che apre a questa drammatica realtà troppo poco conosciuta. In Uganda, attualmente, esistono solo 11 rinoceronti, nove dei quali vivono allo Ziwa Rhino Sanctuary a 170 km da Kampala. Lo Ziwa, che poggia economicamente su donazioni private world wide, ha da tempo avviato un programma di reintroduzione dei rinoceronti nel Paese il primo dei quali è arrivato nel 2005. Un progetto importante se si pensa alla situazione cui si era giunti in Uganda tra gli anni Settanta ed Ottanta all’epoca del potere di Idi Amin quando la caccia grossa era un ottimo strumento per rimpinguare le casse statali: pelli ed avorio in cambio di armi. In quel periodo si uccisero almeno 150 mila elefanti, mentre l’ultimo rinoceronte nero fu ucciso da Amin Dada nel 1983 presso il Kidepo National Park, trasformatosi nella sua personale riserva di caccia. I rinoceronti bianchi, invece, erano già scomparsi nel 1982. Una strage, se si pensa ai numeri del 1970, quando a Kidepo vivevano oltre cento rinoceronti bianchi settentrionali e trecento rinoceronti neri.
Nel resto del continente la situazione non è migliore. In Kenya sopravvivono 930 esemplari mentre in Tanzania solo 120 su un totale di 15 mila esemplari su tutto il territorio africano. La situazione in Africa è generalmente drammatica e non soltanto per i rinoceronti dal momento che il bracconaggio finanzia le guerre ed è costantemente alimentato dal racket internazionale dell’avorio, delle pelli e degli organi di animali, che vale miliardi ed è in crescita. Basti pensare che un chilo di avorio di rinoceronte vale dai 20mila ai 50mila dollari sul mercato illegale. Buona parte finisce sui mercati asiatici ed in particolare, per quanto riguarda l’avorio del corno del rinoceronte, su quello Saudita e Yemenita dove il manico di coltello con l’avorio del rinoceronte sembra essere un vero e proprio status simbol. Accanto agli scopi, per così dire, pratici esiste poi tutta una galassia di riti e credenze tradizionali sulle proprietà curative, afrodisiache, magiche ed apotropaiche del corno di rinoceronte al punto da renderlo molto ricercato.
Il racket che sostiene il bracconaggio ha un’organizzazione capillare a livello internazionale, sfrutta le ultime tecnologie ed agisce in maniera brutale e spietata, mutilando gli animali ancora vivi. Non solo, l’abilità del sistema sta anche nel saper sfruttare il mercato legale come un paravento. Dopo l’ultima vendita “legale” di avorio, approvata dalla Cites nel 2002 e attuata nel 2008, quando Sudafrica, Namibia, Botswana e Zimbabwe vendettero 105 mila tonnellate d’avorio proveniente da animali morti per cause naturali, il mercato è stato invaso dal lotti di avorio illegale. Da allora si è registrata un’imponente impennata del bracconaggio che soddisfa la richiesta proveniente dall’Asia. Il trucco è abbastanza logico: il mercato legale dell’avorio offre un’ottima copertura al commercio illegale che gli si muove dietro e che frutta enormi profitti su cui lucrano funzionari corrotti, faccendieri di ogni risma, trafficanti e bracconieri, speculando così su elefanti, rinoceronti e persino ippopotami, cacciati per l’avorio contenuto nei denti.
Fonte: Romina Arena-Terranauta
12/04/2010-In Africa, silenziosamente, si sta perpetrando da tempo una mattanza di rinoceronti senza precedenti. Racket, bracconaggio, traffico illegale il trittico che apre a questa drammatica realtà troppo poco conosciuta. In Uganda, attualmente, esistono solo 11 rinoceronti, nove dei quali vivono allo Ziwa Rhino Sanctuary a 170 km da Kampala. Lo Ziwa, che poggia economicamente su donazioni private world wide, ha da tempo avviato un programma di reintroduzione dei rinoceronti nel Paese il primo dei quali è arrivato nel 2005. Un progetto importante se si pensa alla situazione cui si era giunti in Uganda tra gli anni Settanta ed Ottanta all’epoca del potere di Idi Amin quando la caccia grossa era un ottimo strumento per rimpinguare le casse statali: pelli ed avorio in cambio di armi. In quel periodo si uccisero almeno 150 mila elefanti, mentre l’ultimo rinoceronte nero fu ucciso da Amin Dada nel 1983 presso il Kidepo National Park, trasformatosi nella sua personale riserva di caccia. I rinoceronti bianchi, invece, erano già scomparsi nel 1982. Una strage, se si pensa ai numeri del 1970, quando a Kidepo vivevano oltre cento rinoceronti bianchi settentrionali e trecento rinoceronti neri.
Nel resto del continente la situazione non è migliore. In Kenya sopravvivono 930 esemplari mentre in Tanzania solo 120 su un totale di 15 mila esemplari su tutto il territorio africano. La situazione in Africa è generalmente drammatica e non soltanto per i rinoceronti dal momento che il bracconaggio finanzia le guerre ed è costantemente alimentato dal racket internazionale dell’avorio, delle pelli e degli organi di animali, che vale miliardi ed è in crescita. Basti pensare che un chilo di avorio di rinoceronte vale dai 20mila ai 50mila dollari sul mercato illegale. Buona parte finisce sui mercati asiatici ed in particolare, per quanto riguarda l’avorio del corno del rinoceronte, su quello Saudita e Yemenita dove il manico di coltello con l’avorio del rinoceronte sembra essere un vero e proprio status simbol. Accanto agli scopi, per così dire, pratici esiste poi tutta una galassia di riti e credenze tradizionali sulle proprietà curative, afrodisiache, magiche ed apotropaiche del corno di rinoceronte al punto da renderlo molto ricercato.
Il racket che sostiene il bracconaggio ha un’organizzazione capillare a livello internazionale, sfrutta le ultime tecnologie ed agisce in maniera brutale e spietata, mutilando gli animali ancora vivi. Non solo, l’abilità del sistema sta anche nel saper sfruttare il mercato legale come un paravento. Dopo l’ultima vendita “legale” di avorio, approvata dalla Cites nel 2002 e attuata nel 2008, quando Sudafrica, Namibia, Botswana e Zimbabwe vendettero 105 mila tonnellate d’avorio proveniente da animali morti per cause naturali, il mercato è stato invaso dal lotti di avorio illegale. Da allora si è registrata un’imponente impennata del bracconaggio che soddisfa la richiesta proveniente dall’Asia. Il trucco è abbastanza logico: il mercato legale dell’avorio offre un’ottima copertura al commercio illegale che gli si muove dietro e che frutta enormi profitti su cui lucrano funzionari corrotti, faccendieri di ogni risma, trafficanti e bracconieri, speculando così su elefanti, rinoceronti e persino ippopotami, cacciati per l’avorio contenuto nei denti.
Fonte: Romina Arena-Terranauta
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Data d'iscrizione : 21.04.09
Età : 77
Località : Como-Malindi-Africa
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