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War on Twitter anche in Somalia
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War on Twitter anche in Somalia
War on Twitter anche in Somalia
Una guerra dimenticata. Che nasconde un confronto antico
In Somalia e in genere nell’Africa Orientale c’è in corso la più grave crisi umanitaria da qualche decennio. Carestia e siccità minacciano sul serio la sopravvivenza di una decina di milioni di persone e dell’inizio della crisi, ormai mesi fa, sono già morti decine di migliaia di bambini e bambine e un numero difficilmente quantificabile di adulti.
GLI APPELLI - Gli appelli delle organizzazioni umanitarie e dell’ONU sono caduti nel vuoto e il mondo non ha trovato qualche milione di dollari da distrarre dai miliardi di dollari iniettati nei bilanci delle banche, per salvare questa immensa umanità dolente. Un bilancio di morte molto più imponente di Fukushima, di Haiti e persino di stragi come quelle del Darfur, ma la macchina della carità internazionale non è riuscita a raggiungere le opinioni pubbliche nei paesi ricchi e quindi niente donazioni e aiuti con il contagocce. In Somalia continua a consumarsi una tragedia che vede la “comunità internazionale” impegnata a cercare di dare un governo al paese, che non non ne ha avuto uno dal 1991, tranne una breve parentesi qualche anno fa, con il governo “islamico” dell’epoca spazzato via dall’invasione etiope su procura americana a pochi mesi dalla sua presa del potere.
LA RITIRATA – Dopo la ritirata degli etiopi l’Occidente ha sponsorizzato un governo islamico molto simile a quello rovesciato, solo che nel frattempo la resistenza all’invasore etiope (e cristiano) ha nutrito una guerriglia islamica più radicale, quella degli Shabaab, che ovviamente non ha accettato la guida dei moderati e dei loro nuovi partner stranieri, dando vita a una guerriglia sullo stile talebano alimentata da finanziamenti arabi e armi acquistate al supermarket delle guerre africane o procurate da governi che hanno un evidente interesse a destabilizzare il paese. Dopo alcuni anni di combattimenti a bassa intensità il governo provvisorio somalo, assistito da un “contingente di pace” africano, da mercenari occidentali e dalla supremazia aerea americana, è riuscito ad espellere da Mogadiscio gli Shabaab, che si sono ritirati verso il Sud del paese.
GUERRA DIMENTICATA – Con l’esodo della popolazione dalle aree controllate dagli Shabaab, Kenya ed Etiopia sono state invase da profughi somali, presto confinati in enormi campi al centro di aree deserte ed affidati alla carità internazionale, ma hanno anche cominciato a subire infiltrazioni armate. Il passo successivo è stato quello di una manovra a tenaglia, che nelle ultime settimane vede impegnate le formazioni il governo somalo che avanzano da Nord, l’esercito Keniano che avanza da Sud e lungo la costa e l’esercito etiope che è rientrato nelle province occidentali della Somalia per tagliare ogni via di fuga agli islamici, che hanno subito sconfitte ovunque e sembrano prossimi alla fine.Una guerra che non raggiunge le opinioni pubbliche occidentali da anni, che probabilmente è anche concausa del silenzio che avvolge la gravissima crisi umanitaria nell’area. Una crisi che per la dittatura etiope, ad esempio, rappresenta incredibilmente un’opportunità, quella di piegare le zone più disperate e ribelli del paese con il ricatto della fame.
IL SILENZIO DEI MEDIA – Nel silenzio dei media ha rappresentato una realtà in controtendenza l’apertura di un account su Twitter da parte dell’esercito del Kenya, un canale dedicato a raccontare l’avanzata in territorio somalo e soprattutto le vittorie sugli Shabaab, ma anche un canale attraverso il quale il Maggiore Chirchir, chiamato nel ruolo di portavoce, interagisce con il pubblico del network rispondendo a domande, critiche e alle critiche con un aplomb davvero notevole e senza formalità, molto diverso da altri canali istituzionali, in genere prudentemente unidirezionali.
LA RABBIA – Nelle ultime ore però, anche gli Shabaab sono apparsi su Twitter. I primi messaggi dal loro canale hanno il tenore di comunicati di propaganda e vantano vittorie e diserzioni tra i nemici per le quali non ci sono riscontri o che sono decisamente smentite dall’alleanza avversaria. Il linguaggio tradisce l’esistenza di un operatore anglofono, probabilmente madrelingua, ma si tratta in ogni modo di una novità, anche se c’è da vedere come la prenderanno le autorità occidentali e gli stessi gestori di Twitter, perchè gli Shabaab sono ufficialmente un gruppo terrorista e difficilmente sarà permesso loro di continuare a lungo.
GLI AIUTI - Con la cacciata degli Shabaab dalla Somalia dovrebbe cadere finalmente il pretesto con il quale i paesi che operano militarmente nell’area ostacolano e rallentano il flusso degli aiuti, mettendo ciascuno di fronte alle proprie responsabilità, perché tutti i governi coinvolti, da quello degli Stati Uniti passando per quelli di Kenya ed Etiopia e finendo con quelli degli altri paesi vicini si sono fatti scudo della crisi somala per giustificare la loro inazione di fronte alla tragedia, quando non è stato per negare la razzia degli aiuti attribuendola ai perfidi nemici e non a gruppi armati associati al governo somalo o a qualche generale straniero impegnato in commerci illeciti.
UN FRONTE ANTICO – Quello della Somalia è uno dei fronti più antichi della War on Terror, dove si consuma un confronto che ha riflessi sia nei vicini paesi africani che al di là del Mar Rosso, dove lo Yemen vive mesi tumultuosi e l’emergere di numerose formazioni armate che si alimentano dell’esperienza e delle forniture somale. Un quadro che minaccia il nascere di un’anarchia armata simile a quella somala a margine di una “primavera” che chiedeva la destituzione del dittatore Saleh e che presto l’intervento delle monarchie del Golfo, e in particolare dell’Arabia Saudita, ha trasformato in terreno di scontro internazionale, aprendo la porta a opportunità insperate per gli stessi estremisti islamici e un futuro da incubo per gli yemeniti.
Fonte:Giornalettismo.com
Una guerra dimenticata. Che nasconde un confronto antico
In Somalia e in genere nell’Africa Orientale c’è in corso la più grave crisi umanitaria da qualche decennio. Carestia e siccità minacciano sul serio la sopravvivenza di una decina di milioni di persone e dell’inizio della crisi, ormai mesi fa, sono già morti decine di migliaia di bambini e bambine e un numero difficilmente quantificabile di adulti.
GLI APPELLI - Gli appelli delle organizzazioni umanitarie e dell’ONU sono caduti nel vuoto e il mondo non ha trovato qualche milione di dollari da distrarre dai miliardi di dollari iniettati nei bilanci delle banche, per salvare questa immensa umanità dolente. Un bilancio di morte molto più imponente di Fukushima, di Haiti e persino di stragi come quelle del Darfur, ma la macchina della carità internazionale non è riuscita a raggiungere le opinioni pubbliche nei paesi ricchi e quindi niente donazioni e aiuti con il contagocce. In Somalia continua a consumarsi una tragedia che vede la “comunità internazionale” impegnata a cercare di dare un governo al paese, che non non ne ha avuto uno dal 1991, tranne una breve parentesi qualche anno fa, con il governo “islamico” dell’epoca spazzato via dall’invasione etiope su procura americana a pochi mesi dalla sua presa del potere.
LA RITIRATA – Dopo la ritirata degli etiopi l’Occidente ha sponsorizzato un governo islamico molto simile a quello rovesciato, solo che nel frattempo la resistenza all’invasore etiope (e cristiano) ha nutrito una guerriglia islamica più radicale, quella degli Shabaab, che ovviamente non ha accettato la guida dei moderati e dei loro nuovi partner stranieri, dando vita a una guerriglia sullo stile talebano alimentata da finanziamenti arabi e armi acquistate al supermarket delle guerre africane o procurate da governi che hanno un evidente interesse a destabilizzare il paese. Dopo alcuni anni di combattimenti a bassa intensità il governo provvisorio somalo, assistito da un “contingente di pace” africano, da mercenari occidentali e dalla supremazia aerea americana, è riuscito ad espellere da Mogadiscio gli Shabaab, che si sono ritirati verso il Sud del paese.
GUERRA DIMENTICATA – Con l’esodo della popolazione dalle aree controllate dagli Shabaab, Kenya ed Etiopia sono state invase da profughi somali, presto confinati in enormi campi al centro di aree deserte ed affidati alla carità internazionale, ma hanno anche cominciato a subire infiltrazioni armate. Il passo successivo è stato quello di una manovra a tenaglia, che nelle ultime settimane vede impegnate le formazioni il governo somalo che avanzano da Nord, l’esercito Keniano che avanza da Sud e lungo la costa e l’esercito etiope che è rientrato nelle province occidentali della Somalia per tagliare ogni via di fuga agli islamici, che hanno subito sconfitte ovunque e sembrano prossimi alla fine.Una guerra che non raggiunge le opinioni pubbliche occidentali da anni, che probabilmente è anche concausa del silenzio che avvolge la gravissima crisi umanitaria nell’area. Una crisi che per la dittatura etiope, ad esempio, rappresenta incredibilmente un’opportunità, quella di piegare le zone più disperate e ribelli del paese con il ricatto della fame.
IL SILENZIO DEI MEDIA – Nel silenzio dei media ha rappresentato una realtà in controtendenza l’apertura di un account su Twitter da parte dell’esercito del Kenya, un canale dedicato a raccontare l’avanzata in territorio somalo e soprattutto le vittorie sugli Shabaab, ma anche un canale attraverso il quale il Maggiore Chirchir, chiamato nel ruolo di portavoce, interagisce con il pubblico del network rispondendo a domande, critiche e alle critiche con un aplomb davvero notevole e senza formalità, molto diverso da altri canali istituzionali, in genere prudentemente unidirezionali.
LA RABBIA – Nelle ultime ore però, anche gli Shabaab sono apparsi su Twitter. I primi messaggi dal loro canale hanno il tenore di comunicati di propaganda e vantano vittorie e diserzioni tra i nemici per le quali non ci sono riscontri o che sono decisamente smentite dall’alleanza avversaria. Il linguaggio tradisce l’esistenza di un operatore anglofono, probabilmente madrelingua, ma si tratta in ogni modo di una novità, anche se c’è da vedere come la prenderanno le autorità occidentali e gli stessi gestori di Twitter, perchè gli Shabaab sono ufficialmente un gruppo terrorista e difficilmente sarà permesso loro di continuare a lungo.
GLI AIUTI - Con la cacciata degli Shabaab dalla Somalia dovrebbe cadere finalmente il pretesto con il quale i paesi che operano militarmente nell’area ostacolano e rallentano il flusso degli aiuti, mettendo ciascuno di fronte alle proprie responsabilità, perché tutti i governi coinvolti, da quello degli Stati Uniti passando per quelli di Kenya ed Etiopia e finendo con quelli degli altri paesi vicini si sono fatti scudo della crisi somala per giustificare la loro inazione di fronte alla tragedia, quando non è stato per negare la razzia degli aiuti attribuendola ai perfidi nemici e non a gruppi armati associati al governo somalo o a qualche generale straniero impegnato in commerci illeciti.
UN FRONTE ANTICO – Quello della Somalia è uno dei fronti più antichi della War on Terror, dove si consuma un confronto che ha riflessi sia nei vicini paesi africani che al di là del Mar Rosso, dove lo Yemen vive mesi tumultuosi e l’emergere di numerose formazioni armate che si alimentano dell’esperienza e delle forniture somale. Un quadro che minaccia il nascere di un’anarchia armata simile a quella somala a margine di una “primavera” che chiedeva la destituzione del dittatore Saleh e che presto l’intervento delle monarchie del Golfo, e in particolare dell’Arabia Saudita, ha trasformato in terreno di scontro internazionale, aprendo la porta a opportunità insperate per gli stessi estremisti islamici e un futuro da incubo per gli yemeniti.
Fonte:Giornalettismo.com
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