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Rinnegate dai genitori per essersi opposte all’infibulazione
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Rinnegate dai genitori per essersi opposte all’infibulazione
Rinnegate dai genitori per essersi opposte all’infibulazione
E’ il destino drammatico cui vanno incontro molte donne africane, che cercano di fuggire a un rito che nega loro il diritto ad una vita normale
Domenica 6 febbraio è ricorsa la giornata contro le mutilazioni genitali femminili, ovvero contro la pratica barbara dell’infibulazione. Una pratica drammatica ancora largamente praticata in Asia e Africa, tanto che in quest’ultimo caso molte donne sono costrette a fuggire dai propri genitori per poterla evitare.
COS’E’ L’INFIBULAZIONE E DOVE SI PRATICA
Vale sempre la pena ricordare in cosa consiste: asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva. Viene lasciato aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale. Ha nascita esclusivamente culturale, ma oggi è adottata e praticata soprattutto in molte società in Africa, nella penisola araba e nel sud-est asiatico.
Le origini delle mutilazioni sessuali femminili sono legate a tradizioni dell’antico Egitto e si calcola che qui, nonostante la pratica sia vietata, ancora oggi tra l’85% e il 95% delle donne abbia subito l’infibulazione. La Somalia è il Paese nel quale la pratica è più diffusa, toccando punte del 98%, tanto da essere definita dall’antropologo de Villeneuve: il paese delle donne cucite. Infibulazione non significa solo negazione di una vita sessuale libera per le donne – giustificata dall’obbligo di essere fedeli al proprio consorte (anche in età adolescenziale) – ma anche una vita in piena schiavitù sottoposte a quest’ultimo, nonché il rischio di essere disconosciute dalla comunità di cui fanno parte se si rifiutano. Anche dai propri genitori.
IL DRAMMA DELLE DONNE DEL MONTE ELGON
Il Monte Elgon è un vulcano spento che si erge tra l’Uganda e il Kenya. Ai suoi piedi molte ragazze sono state costrette a interrompere i loro studi e sposarsi in tenera età, mentre altre sono costrette alla clandestinità, rinnegate dai genitori, dopo la fuga per evitare il crudo rito. Nel mese di dicembre, ad esempio, più di 100 ragazze destinate all’infibulazione sono state salvate dai funzionari del Maendeleo Wanawake.
Le ragazze del Kamuneru Location – alcune di appena nove anni – erano state minacciate di morte se avessero tentato di scappare. L’Istituto dà alle fuggiasche orientamento e consulenza ma molte non si sono ancora riprese dalla brutta esperienza. Tante sono le storie drammatiche, come quella di Chepkemoi Fede, 12 anni, che ha conseguito la licenza elementare lo scorso anno presso una scuola keniota, scampando ad un destino atroce che la vedeva già sposa in tenera età. Poi c’è Lily Chebet, 10 anni, prelevata dalla casa della nonna per essere infibulata, dicendo che se non l’avesse fatto, nessuno l’avrebbe mai sposata. Chebet ha invece le idee chiare: “voglio diventare un avvocato, così da proteggere le giovani donne del mio Paese”.
GLI SFORZI COMPIUTI IN KENYA PER DEBELLARE QUESTA USANZA
Il Kenya rappresenta un Paese all’avanguardia rispetto alla lotta contro l’infibulazione: nel 2001 è stato promulgato il Children’s Act, mentre nel 2006 è stata la volta di una legge sui reati sessuali. Eppure la pratica è ancora diffusa, come dimostrano i dati del Kenya Demographic and Health Survey, per cui le donne che hanno subito l’infibulazione sono ancora il 27%, delle quali il 49% hanno un’età compresa tra i 45 e i 49 anni, mentre il 14% riguarda ragazzine tra i 15 e i 19 anni. Dunque, altri passi in avanti devono essere compiuti, come la promulgazione di una legge ancora più severa, di cui si dovrebbe discutere in Parlamento. Almeno è ciò che spera il rappresentante del seggio del Monte Elgon, Fred Kapondi, il quale ha presentato il progetto di legge. Per porre fine ad una pratica barbara che ha già compromesso e distrutto la vita di milioni di donne..
Fonte:Giornalettismo.com
E’ il destino drammatico cui vanno incontro molte donne africane, che cercano di fuggire a un rito che nega loro il diritto ad una vita normale
Domenica 6 febbraio è ricorsa la giornata contro le mutilazioni genitali femminili, ovvero contro la pratica barbara dell’infibulazione. Una pratica drammatica ancora largamente praticata in Asia e Africa, tanto che in quest’ultimo caso molte donne sono costrette a fuggire dai propri genitori per poterla evitare.
COS’E’ L’INFIBULAZIONE E DOVE SI PRATICA
Vale sempre la pena ricordare in cosa consiste: asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva. Viene lasciato aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale. Ha nascita esclusivamente culturale, ma oggi è adottata e praticata soprattutto in molte società in Africa, nella penisola araba e nel sud-est asiatico.
Le origini delle mutilazioni sessuali femminili sono legate a tradizioni dell’antico Egitto e si calcola che qui, nonostante la pratica sia vietata, ancora oggi tra l’85% e il 95% delle donne abbia subito l’infibulazione. La Somalia è il Paese nel quale la pratica è più diffusa, toccando punte del 98%, tanto da essere definita dall’antropologo de Villeneuve: il paese delle donne cucite. Infibulazione non significa solo negazione di una vita sessuale libera per le donne – giustificata dall’obbligo di essere fedeli al proprio consorte (anche in età adolescenziale) – ma anche una vita in piena schiavitù sottoposte a quest’ultimo, nonché il rischio di essere disconosciute dalla comunità di cui fanno parte se si rifiutano. Anche dai propri genitori.
IL DRAMMA DELLE DONNE DEL MONTE ELGON
Il Monte Elgon è un vulcano spento che si erge tra l’Uganda e il Kenya. Ai suoi piedi molte ragazze sono state costrette a interrompere i loro studi e sposarsi in tenera età, mentre altre sono costrette alla clandestinità, rinnegate dai genitori, dopo la fuga per evitare il crudo rito. Nel mese di dicembre, ad esempio, più di 100 ragazze destinate all’infibulazione sono state salvate dai funzionari del Maendeleo Wanawake.
Le ragazze del Kamuneru Location – alcune di appena nove anni – erano state minacciate di morte se avessero tentato di scappare. L’Istituto dà alle fuggiasche orientamento e consulenza ma molte non si sono ancora riprese dalla brutta esperienza. Tante sono le storie drammatiche, come quella di Chepkemoi Fede, 12 anni, che ha conseguito la licenza elementare lo scorso anno presso una scuola keniota, scampando ad un destino atroce che la vedeva già sposa in tenera età. Poi c’è Lily Chebet, 10 anni, prelevata dalla casa della nonna per essere infibulata, dicendo che se non l’avesse fatto, nessuno l’avrebbe mai sposata. Chebet ha invece le idee chiare: “voglio diventare un avvocato, così da proteggere le giovani donne del mio Paese”.
GLI SFORZI COMPIUTI IN KENYA PER DEBELLARE QUESTA USANZA
Il Kenya rappresenta un Paese all’avanguardia rispetto alla lotta contro l’infibulazione: nel 2001 è stato promulgato il Children’s Act, mentre nel 2006 è stata la volta di una legge sui reati sessuali. Eppure la pratica è ancora diffusa, come dimostrano i dati del Kenya Demographic and Health Survey, per cui le donne che hanno subito l’infibulazione sono ancora il 27%, delle quali il 49% hanno un’età compresa tra i 45 e i 49 anni, mentre il 14% riguarda ragazzine tra i 15 e i 19 anni. Dunque, altri passi in avanti devono essere compiuti, come la promulgazione di una legge ancora più severa, di cui si dovrebbe discutere in Parlamento. Almeno è ciò che spera il rappresentante del seggio del Monte Elgon, Fred Kapondi, il quale ha presentato il progetto di legge. Per porre fine ad una pratica barbara che ha già compromesso e distrutto la vita di milioni di donne..
Fonte:Giornalettismo.com
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Località : Como-Malindi-Africa
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