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Istituito tribunale ufficiale per il reato di pirateria

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Messaggio Da fio Mar Giu 29, 2010 5:47 am

Kenya. Istituito tribunale ufficiale per il reato di pirateria

Nairobi 28 giugno-Il Governo del Kenya, Paese in cui è detenuto il più grande numero di pirati catturati nel golfo di Ade, ha istituito un tribunale speciale per giudicare il reato di pirateria. Sono attualmente 123 i processi per in corso nei tribunali kenyani.

Situata nel porto di Mombasa, la nuova corte è stata istituita con lo scopo di migliorare l’efficienza del sistema giudiziario del Kenya e permettere lo svolgimento dei processi contro i pirati in un ambiente fornito delle necessarie garanzie di sicurezza.

Il nuovo tribunale è sorto con un finanziamento dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e la criminalità (Unodc) ed è stato inaugurato dal ministro kenyano della Giustizia, Mutula Kilonzo.
Fonte:BLIZTquotidiano.it
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Messaggio Da dolcemagic Sab Ago 21, 2010 6:52 pm

La pirateria? Un affare da 100 milioni di dollari l'anno:

A tanto ammonta il business frutto di assalti e arrembaggi, che negli ultimi dodici mesi si è quasi raddoppiato. E se prima le acque a rischio erano in Somalia, adesso l'allarme si è spostato in Kenia, Mozambico e Tanzania.

Dimentichiamoci la benda sull'occhio e l'orecchino d'oro. I pirati fanno venire in mente scenari lontani, dalle pagine di Stevenson ai film in costume, eppure non sono mai scomparsi.
Anzi, negli ultimi anni sono diventati dei veri professionisti e il loro business è quasi raddoppiato: dai 55 milioni di dollari del 2008, ai 100 milioni dell'anno scorso.
I dati, forniti dalla World Peace Foundation, sono riportati dal quotidiano online peacereporter.net.

Incidenti moltiplicati - Anche gli incidenti legati alla pirateria si sono moltiplicati in soli 12 mesi. Se nel 2008 erano 293, l'anno successivo sono saliti a 406, fra cui 49 sequestri, per un totale di 1052 persone prese in ostaggio.
Sono queste le denunce arrivate al Piracy Reporting Center, servizio attivato dall'International Maritime Bureau, una divisione dell'International Chamber of Commerce.
La stessa organizzazione fornisce numeri apparentemente rassicuranti sul trend del 2010: nei primi sei mesi di quest'anno, assalti e arrembaggi dei pirati si sono ridotti del 20% rispetto allo stesso periodo del 2009, scendendo da 240 a 196.
Eppure, secondo peacereporter.net, questa diminuzione non sarebbe dovuta all'attività di contrasto internazionale, ma ad un calo fisiologico nell'ambito di una generale riorganizzazione dell'attività piratesca.
Insomma, i filibustieri del ventunesimo secolo sono in piena trasformazione, stanno cambiando pelle. Non si sa se bevano ancora rum, ma di sicuro ormai sono coordinati da network criminali transnazionali in grado di gestirli in modo sempre più proficuo. In questo modo si spiega il più preoccupante dei fenomeni in corso: l'allargamento del raggio d'azione dei pirati professionisti.

I saccheggi? Prima in Somalia, ora in Kenya e Mozambico - Fino al 2009, le acque predilette dai pirati professionisti erano quelle del Golfo di Aden, a largo della Somalia. Su quel tratto di mare si sono concentrati i controlli delle navi militari europee, americane, russe e indiane, che nel tempo sono riuscite a creare un corridoio di sicurezza, inaccessibile alle imbarcazioni dei pirati. Il risultato? Nella zona, gli attacchi sono diminuiti del 61%.
Questo però non significa che i pirati siano stati sconfitti; si stanno semplicemente spostando. La scelta più sicura e redditizia è quella di far rotta verso sud. L'allarme pirati è così arrivato in Kenya, Mozambico, Tanzania, Botswana e perfino in Sudafrica, tanto che la Comunità per lo sviluppo dei paesi dell'Africa meridionale ha organizzato un centro per la gestione delle prime emergenze. Soltanto in Africa, secondo un rapporto del World Peace Foundation, l'area a rischio è passata da 205 mila a 2,5 milioni di miglia quadrate.


Fonte: SKY.it
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Messaggio Da dolcemagic Ven Ago 27, 2010 6:18 pm

Pirati, più difficile processarli che catturarli.

NAZIONI UNITE, 27 agosto 2010 (IPS) - Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite questa settimana, gli Stati membri e le organizzazioni regionali hanno affrontato il delicato tema dei processi contro i pirati della Somalia, dopo la diffusione di un recente rapporto del Segretario generale Ban Ki-moon che illustrava le diverse opzioni legali possibili.

Nel dossier si analizzano i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna opzione, che comprendono il supporto ai tribunali nazionali, la creazione di una nuova camera all'interno dei tribunali nazionali, o l’istituzione di nuovi tribunali, regionali o internazionali, per il processo agli individui accusati di pirateria.

Durante l’incontro , il Segretario generale ha anche annunciato la creazione di un nuovo Consulente speciale per gli affari legali legati alla pirateria al largo delle coste somale. L'ambasciatore americano Susan Rice si è congratulata con Jack Lang, ex inviato speciale francese in Corea del Nord e docente di diritto internazionale, nominato per l’incarico.

La pirateria è cresciuta fino a diventare una serio pericolo, oltre che una minaccia per la vita stessa della gente di mare, per l’aumento dei costi dell’industria marittima globale e per i gravi ostacoli causati nelle consegne degli aiuti umanitari. E il fenomeno si sta diffondendo anche al di fuori del Golfo di Aden e dell'Oceano Indiano.

"Il costo umano della pirateria al largo della costa della Somalia è incalcolabile, con omicidi e sequestri di marinai, che già devono affrontare un lavoro pieno di rischi. Il consulente legale di Ban Ki-moon, Patricia O'Brien, ha parlato degli “alti costi commerciali”.

Negli ultimi tre anni, diversi paesi hanno inviato navi militari nella zona, coordinando e rafforzando la comunicazione tra loro. Ma la questione delle eventuali azioni penali è rimasta in sospeso, mentre le persone sospette sono in attesa di processo in Francia, Germania, Kenya, Spagna, Seychelles e Stati Uniti.

Il comandante James Kraska, professore di diritto internazionale presso la Naval War College, ha pubblicato diversi scritti sul tema della pirateria.

"Il principale problema delle potenze marittime non è la mancanza di risorse operative per contrastare la minaccia, ma cosa fare con gli arrestati", ha scritto nell’Armed Forces Journal lo scorso anno. " La soluzione a lungo termine per la pirateria non è la forza armata ma la collaborazione regionale".

Accrescere le potenzialità dei tribunali nazionali esistenti è anche possibile, in particolare in Kenya e Seychelles. Negli ultimi 18 mesi, sono stati processati 600 pirati in 11 paesi, riferisce il Segretario generale dell’Onu.

Di recente, il Kenya ha intensificato gli arresti per il reato di pirateria, con circa 100 indagati detenuti e 18 condanne solo nel mese di giugno. Nel corso del dibattito, il rappresentante permanente del Kenya presso l'Onu ha espresso preoccupazione sulla gestione della situazione al momento attuale.

"Gli accordi attuali, che vedono i pirati consegnati e processati in Kenya e nei paesi limitrofi, rappresentano un peso insostenibile per questi paesi nel lungo periodo", afferma l'ambasciatore keniano Zachary Muburi-Muita.

Il Giappone ritiene però che la strada migliore sia migliorare le strutture giuridiche attuali, ed esprime riserve sulla creazione di nuovi tribunali.

"Per il Giappone, gli stati costieri dovrebbero perseguire i pirati, e bisognerebbe rafforzare la capacità di questi paesi di giudicare gli atti di pirateria", ha detto l'ambasciatore giapponese Tsuneo Nishidia alla sua prima apparizione al Consiglio di Sicurezza come nuovo rappresentante permanente del suo paese. "Il Giappone sta pensando di creare un nuovo tribunale, considerando i tempi e le risorse necessarie per istituirlo".

Le altre possibilità discusse nel dibattito prevedono la creazione di strutture legali totalmente nuove, che secondo O'Brien richiederebbero una forte volontà politica e finanziaria, visto l’alto numero di sospettati, i tempi previsti, e il fatto che i tribunali si limiterebbero a eliminare le conseguenze del problema ma non le cause.

Anche la necessità di trovare uno stato ospite e la questione del rimpatrio e della capacità delle carceri sono stati elementi chiave nel dibattito.

“Dato il gran numero di indagati detenuti in mare da parte delle forze navali, è chiaro che trovare luoghi di detenzione adeguati è altrettanto importante che istituire i procedimenti legali", ha detto O'Brien.

Si è poi convenuto che la stabilità della Somalia, dilaniata dalla guerra, da tre anni consecutivi al primo posto nell’Indice “Foreign Policy's Failed State”, è la chiave per risolvere il problema della pirateria.

"La pirateria somala è direttamente legata al fallimento delle istituzioni di governance dello stato somalo", ha affermato Muburi-Muita."Nel cercare di risolvere il problema, è importante puntare ad una soluzione duratura alla situazione politica in Somalia, anche affrontando gli imperativi socio-economici che hanno fatto della pirateria un mezzo di sussistenza per la gioventù somala".

Il quaranta per cento della popolazione somala ha bisogno di assistenza umanitaria, e la popolazione guadagna in media meno di due dollari al giorno. Appena al largo della costa di uno stato devastato dalla guerra, degradato e fallito - dove secondo l'Onu è in corso una delle peggiori crisi umanitarie al mondo - piccole bande di pirati armati di fucili AK-47 guadagnano da uno a due milioni di dollari per il riscatto.

Dall'inizio dell'anno, sono stati 139 gli incidenti legati alla pirateria, 30 le navi dirottate e 450 i sequestri, sottolinea Ban Ki-moon. Secondo Kraska, circa un terzo delle azioni di pirateria viene portata a termine con successo.

"Ricordiamoci sempre che ridurre e limitare la pirateria nella regione significa reagire non solo in mare ma anche sulla terra, dove la pirateria ha origine".© IPS (FINE/2010)


Fonte: IPS
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