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Kenya: Rapporto 2009 Amnesty International
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Kenya: Rapporto 2009 Amnesty International
RAPPORTO ANNUALE 2009
AMNESTY INTERNATIONAL
DIRITTI UMANI
Repubblica del Kenya
Capo di Stato e di governo: Mwai Kibaki
Pena di morte: abolizionista de facto
Popolazione: 38,6 milioni
Speranza di vita: 52,1 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 111/95‰
Alfabetizzazione adulti: 73,6%
Il governo non ha saputo concretizzare un programma per assicurare alla giustizia i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani compiute durante le violenze del periodo post-elettorale e placatesi agli inizi dell'anno, né garantire forme di risarcimento alle vittime. Funzionari della sicurezza di Stato hanno continuato a torturare e uccidere sospetti nell'impunità. La violenza contro donne e ragazze è rimasta dilagante. Il governo non ha imposto una moratoria sugli sgomberi forzati.
Gli stanziamenti destinati alle strutture sanitarie pubbliche sono risultati scarsi, aspetto che ne ha compromesso l'efficienza e le attrezzature.
Contesto
Le violenze post-elettorali si sono placate in seguito alla mediazione politica appoggiata dalle Nazioni Unite e dall'Unione Africana che ha portato alla firma, a febbraio, di un accordo di condivisione dei poteri tra le parti principali: il partito di Unità Nazionale del presidente Kibaki e il Movimento Democratico Orange guidato da Raila Odinga. Le parti hanno inoltre siglato un accordo finalizzato a raggiungere una «pace sostenibile, stabilità e giustizia in kenya attraverso lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani». ulteriori accordi hanno impegnato le parti ad attuare riforme a breve e lungo termine in campo costituzionale, fondiario, legale ed elettorale.
Disoccupazione, criminalità e povertà sono risultati fenomeni diffusi, mentre sono state milioni le persone colpite dai frequenti periodi di siccità.
Insicurezza - violenza post-elettorale
Oltre un migliaio di persone sono rimaste uccise in seguito alla violenza di matrice politica ed etnica e alle uccisioni ad essa collegate compiute dalla polizia in seguito alle contestate elezioni presidenziali e parlamentari del dicembre 2007. Si calcola che più di 300.000 persone siano state sfollate dalle proprie abitazioni. Circa 12.000 hanno attraversato il confine con il vicino Uganda come profughi.
In aggiunta a ciò, migliaia di persone hanno riportato gravi ferite. Tra gli altri abusi documentati figurano violenze sessuali contro donne e ragazze, abitazioni date alle fiamme e diffusi reinsediamenti forzati.
È stata istituita una Commissione d'inchiesta sulla violenza post-elezioni (CIPEV), in seguito a mediazione politica, con mandato di indagare i fatti e la condotta delle agenzie preposte alla sicurezza di Stato, e di elencare raccomandazioni. A ottobre, la Commissione ha sottoposto il proprio rapporto al governo. Le raccomandazioni espresse dalla Commissione coprivano tra l'altro la responsabilità penale dei presunti responsabili delle violenze, riforme politiche, il recepimento dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale (ICC) nella legislazione interna e riforme costituzionali. La Commissione ha fortemente raccomandato al governo di istituire un Tribunale speciale allo scopo di indagare e perseguire i responsabili delle violenze. Nel caso in cui il governo non fosse in grado di adempiervi, la Commissione ha raccomandato che i casi giudiziari fossero deferiti all'ICC per indagini e possibili incriminazioni in relazione ai presunti crimini contro l'umanità compiuti durante le violenze post-elezioni.
A novembre il governo ha annunciato il proprio sostegno per dare attuazione al rapporto e ha formato una commissione coordinata dal presidente e dal primo ministro finalizzata a concretizzare le raccomandazioni espresse. A dicembre l'esecutivo ha annunciato che la commissione avrebbe redatto un disegno di legge per l'istituzione di un Tribunale speciale incaricato di indagare e perseguire i presunti responsabili della violenza post-elezioni. Il parlamento ha inoltre emanato la legge sui crimini internazionali allo scopo di incorporare nella legislazione interna lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale. Tuttavia, a fine anno il governo non aveva ancora annunciato un piano esauriente d'azione per dare attuazione al rapporto o garanzie che le vittime di violazioni dei diritti umani sarebbero state risarcite.
Sfollati
A maggio l'esecutivo ha lanciato l'Operation Rudi Nyumbani (Operazione tornate a casa), un programma di assistenza del governo per aiutare più di 300.000 persone sfollate dalla violenza post-elezioni a far ritorno a casa. Sebbene il governo abbia regolarmente dichiarato che tale programma era un successo, un rapporto di ricerca pubblicato alla fine di ottobre dalla non governativa Commissione del Kenya sui diritti umani ha rilevato che la maggior parte degli sfollati non avevano fatto ritorno alle loro abitazioni di origine. Essi continuavano a vivere in tende nelle centinaia di campi di transito sorti quando i principali campi sfollati furono chiusi dopo il lancio del programma.
Anche associazioni della società civile hanno denunciato che gli sfollati lamentavano di non essere stati consultati mentre veniva ideato il programma. Vi sono state numerose denunce di rientri forzati in alcune zone, talvolta anche attraverso l'impiego della forza da parte di personale governativo della sicurezza. Molti sfollati hanno sostenuto di non aver potuto scegliere liberamente tra il rientro, il reinsediamento o l'integrazione nel luogo dove erano sfollati, in quanto tali opzioni non erano tutte pienamente a loro conoscenza. In particolare molti hanno espresso l'opinione che le zone in cui vivevano in origine continuavano a essere insicure. Vi sono state inoltre segnalazioni di inadeguata assistenza umanitaria e che le somme di denaro stanziate per favorire il rientro erano troppo esigue.
Migliaia di persone sono rimaste sfollate nella zona del Monte Elgon nei pressi del confine tra Kenya e Uganda in seguito a scontri riguardo alla terra.
A fine anno non esisteva né un quadro legislativo per gli sfollati né una strategia nazionale per far fronte all'annosa questione dello sfollamento forzato in Kenya. Tutto ciò malgrado le raccomandazioni espresse in tal senso da una missione di ricerca delle Nazioni Unite e dalla CIPEV.
Commissione verità, giustizia e riconciliazione
A ottobre il parlamento ha approvato una legge con cui è stata istituita una Commissione verità, giustizia e riconciliazione (TJRC), in linea con l'accordo di mediazione politica siglato a marzo. Il mandato della TJRC prevede l'indagine sulle violazioni dei diritti umani, comprese quelle compiute dallo Stato, da gruppi o singoli soggetti, tra il 12 dicembre 1963 e il 28 febbraio 2008.
La legge che regolamenta la TJRC contiene alcuni provvedimenti che violano il diritto internazionale e gli standard di miglior prassi raccomandate. Tra questi vi sono provvedimenti che consentono alla TJRC di raccomandare l'amnistia per crimini ai sensi del diritto internazionale come tortura, sparizione forzata ed esecuzioni extragiudiziali e provvedimenti che creano ostacoli al perseguimento di crimini ai sensi del diritto internazionale. La legge non garantisce un esaustivo programma di protezione per le vittime e i testimoni, e non provvede a garantire un'ampia gamma di risarcimenti alle vittime di violazioni dei diritti umani.
A fine anno la TJRC non era stata ancora formata.
Impunità
Hanno continuato a persistere accuse di violazioni dei diritti umani, tra cui tortura e uccisioni illegali da parte di funzionari della sicurezza di Stato.
A marzo, dopo lunghi mesi di reclami di inerzia del governo, questo ha lanciato un'operazione congiunta tra polizia e militari denominata Operation Okoa Maisha (Operazione salvavita) nella zona del Monte Elgon nel Kenya occidentale. L'operazione era mirata contro membri delle Forze di difesa della terra Sabaot - una milizia armata cui erano attribuite uccisioni illegali, sfollamenti forzati e altre violazioni dei diritti umani nella zona. I media kenyani e organizzazioni locali e internazionali hanno documentato violazioni dei diritti umani da parte dei militari e della polizia nel corso dell'operazione. Tra queste si citano arresti arbitrari e illegali di centinaia di civili, detenzioni arbitrarie, e tortura nei campi militari e in custodia di polizia. Sono state riportate uccisioni illegali di decine di persone da parte di personale militare e casi di famiglie che hanno denunciato la scomparsa di loro parenti. Il governo ha negato tali rapporti ma non è stato in grado si assicurare indagini indipendenti sulle denunce.
A novembre, decine di residenti del distretto di Mandera nel Kenya settentrionale hanno denunciato stupri, torture, percosse e uso eccessivo della forza da parte di personale governativo della sicurezza durante un'operazione congiunta tra polizia e militari per reprimere il flusso di armi illegali dal Corno d'Africa. Il governo ha negato tali accuse ma non a fine anno non aveva istruito indagini indipendenti e imparziali.
L'esecutivo non ha indagato le accuse di torture e uccisioni illegali compiute dalla polizia nel 2007, tra cui l'aver aperto il fuoco e ucciso centinaia di persone nel corso di operazioni di sicurezza contro membri del gruppo Mungiki, al bando.
....
AMNESTY INTERNATIONAL
DIRITTI UMANI
Repubblica del Kenya
Capo di Stato e di governo: Mwai Kibaki
Pena di morte: abolizionista de facto
Popolazione: 38,6 milioni
Speranza di vita: 52,1 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 111/95‰
Alfabetizzazione adulti: 73,6%
Il governo non ha saputo concretizzare un programma per assicurare alla giustizia i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani compiute durante le violenze del periodo post-elettorale e placatesi agli inizi dell'anno, né garantire forme di risarcimento alle vittime. Funzionari della sicurezza di Stato hanno continuato a torturare e uccidere sospetti nell'impunità. La violenza contro donne e ragazze è rimasta dilagante. Il governo non ha imposto una moratoria sugli sgomberi forzati.
Gli stanziamenti destinati alle strutture sanitarie pubbliche sono risultati scarsi, aspetto che ne ha compromesso l'efficienza e le attrezzature.
Contesto
Le violenze post-elettorali si sono placate in seguito alla mediazione politica appoggiata dalle Nazioni Unite e dall'Unione Africana che ha portato alla firma, a febbraio, di un accordo di condivisione dei poteri tra le parti principali: il partito di Unità Nazionale del presidente Kibaki e il Movimento Democratico Orange guidato da Raila Odinga. Le parti hanno inoltre siglato un accordo finalizzato a raggiungere una «pace sostenibile, stabilità e giustizia in kenya attraverso lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani». ulteriori accordi hanno impegnato le parti ad attuare riforme a breve e lungo termine in campo costituzionale, fondiario, legale ed elettorale.
Disoccupazione, criminalità e povertà sono risultati fenomeni diffusi, mentre sono state milioni le persone colpite dai frequenti periodi di siccità.
Insicurezza - violenza post-elettorale
Oltre un migliaio di persone sono rimaste uccise in seguito alla violenza di matrice politica ed etnica e alle uccisioni ad essa collegate compiute dalla polizia in seguito alle contestate elezioni presidenziali e parlamentari del dicembre 2007. Si calcola che più di 300.000 persone siano state sfollate dalle proprie abitazioni. Circa 12.000 hanno attraversato il confine con il vicino Uganda come profughi.
In aggiunta a ciò, migliaia di persone hanno riportato gravi ferite. Tra gli altri abusi documentati figurano violenze sessuali contro donne e ragazze, abitazioni date alle fiamme e diffusi reinsediamenti forzati.
È stata istituita una Commissione d'inchiesta sulla violenza post-elezioni (CIPEV), in seguito a mediazione politica, con mandato di indagare i fatti e la condotta delle agenzie preposte alla sicurezza di Stato, e di elencare raccomandazioni. A ottobre, la Commissione ha sottoposto il proprio rapporto al governo. Le raccomandazioni espresse dalla Commissione coprivano tra l'altro la responsabilità penale dei presunti responsabili delle violenze, riforme politiche, il recepimento dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale (ICC) nella legislazione interna e riforme costituzionali. La Commissione ha fortemente raccomandato al governo di istituire un Tribunale speciale allo scopo di indagare e perseguire i responsabili delle violenze. Nel caso in cui il governo non fosse in grado di adempiervi, la Commissione ha raccomandato che i casi giudiziari fossero deferiti all'ICC per indagini e possibili incriminazioni in relazione ai presunti crimini contro l'umanità compiuti durante le violenze post-elezioni.
A novembre il governo ha annunciato il proprio sostegno per dare attuazione al rapporto e ha formato una commissione coordinata dal presidente e dal primo ministro finalizzata a concretizzare le raccomandazioni espresse. A dicembre l'esecutivo ha annunciato che la commissione avrebbe redatto un disegno di legge per l'istituzione di un Tribunale speciale incaricato di indagare e perseguire i presunti responsabili della violenza post-elezioni. Il parlamento ha inoltre emanato la legge sui crimini internazionali allo scopo di incorporare nella legislazione interna lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale. Tuttavia, a fine anno il governo non aveva ancora annunciato un piano esauriente d'azione per dare attuazione al rapporto o garanzie che le vittime di violazioni dei diritti umani sarebbero state risarcite.
Sfollati
A maggio l'esecutivo ha lanciato l'Operation Rudi Nyumbani (Operazione tornate a casa), un programma di assistenza del governo per aiutare più di 300.000 persone sfollate dalla violenza post-elezioni a far ritorno a casa. Sebbene il governo abbia regolarmente dichiarato che tale programma era un successo, un rapporto di ricerca pubblicato alla fine di ottobre dalla non governativa Commissione del Kenya sui diritti umani ha rilevato che la maggior parte degli sfollati non avevano fatto ritorno alle loro abitazioni di origine. Essi continuavano a vivere in tende nelle centinaia di campi di transito sorti quando i principali campi sfollati furono chiusi dopo il lancio del programma.
Anche associazioni della società civile hanno denunciato che gli sfollati lamentavano di non essere stati consultati mentre veniva ideato il programma. Vi sono state numerose denunce di rientri forzati in alcune zone, talvolta anche attraverso l'impiego della forza da parte di personale governativo della sicurezza. Molti sfollati hanno sostenuto di non aver potuto scegliere liberamente tra il rientro, il reinsediamento o l'integrazione nel luogo dove erano sfollati, in quanto tali opzioni non erano tutte pienamente a loro conoscenza. In particolare molti hanno espresso l'opinione che le zone in cui vivevano in origine continuavano a essere insicure. Vi sono state inoltre segnalazioni di inadeguata assistenza umanitaria e che le somme di denaro stanziate per favorire il rientro erano troppo esigue.
Migliaia di persone sono rimaste sfollate nella zona del Monte Elgon nei pressi del confine tra Kenya e Uganda in seguito a scontri riguardo alla terra.
A fine anno non esisteva né un quadro legislativo per gli sfollati né una strategia nazionale per far fronte all'annosa questione dello sfollamento forzato in Kenya. Tutto ciò malgrado le raccomandazioni espresse in tal senso da una missione di ricerca delle Nazioni Unite e dalla CIPEV.
Commissione verità, giustizia e riconciliazione
A ottobre il parlamento ha approvato una legge con cui è stata istituita una Commissione verità, giustizia e riconciliazione (TJRC), in linea con l'accordo di mediazione politica siglato a marzo. Il mandato della TJRC prevede l'indagine sulle violazioni dei diritti umani, comprese quelle compiute dallo Stato, da gruppi o singoli soggetti, tra il 12 dicembre 1963 e il 28 febbraio 2008.
La legge che regolamenta la TJRC contiene alcuni provvedimenti che violano il diritto internazionale e gli standard di miglior prassi raccomandate. Tra questi vi sono provvedimenti che consentono alla TJRC di raccomandare l'amnistia per crimini ai sensi del diritto internazionale come tortura, sparizione forzata ed esecuzioni extragiudiziali e provvedimenti che creano ostacoli al perseguimento di crimini ai sensi del diritto internazionale. La legge non garantisce un esaustivo programma di protezione per le vittime e i testimoni, e non provvede a garantire un'ampia gamma di risarcimenti alle vittime di violazioni dei diritti umani.
A fine anno la TJRC non era stata ancora formata.
Impunità
Hanno continuato a persistere accuse di violazioni dei diritti umani, tra cui tortura e uccisioni illegali da parte di funzionari della sicurezza di Stato.
A marzo, dopo lunghi mesi di reclami di inerzia del governo, questo ha lanciato un'operazione congiunta tra polizia e militari denominata Operation Okoa Maisha (Operazione salvavita) nella zona del Monte Elgon nel Kenya occidentale. L'operazione era mirata contro membri delle Forze di difesa della terra Sabaot - una milizia armata cui erano attribuite uccisioni illegali, sfollamenti forzati e altre violazioni dei diritti umani nella zona. I media kenyani e organizzazioni locali e internazionali hanno documentato violazioni dei diritti umani da parte dei militari e della polizia nel corso dell'operazione. Tra queste si citano arresti arbitrari e illegali di centinaia di civili, detenzioni arbitrarie, e tortura nei campi militari e in custodia di polizia. Sono state riportate uccisioni illegali di decine di persone da parte di personale militare e casi di famiglie che hanno denunciato la scomparsa di loro parenti. Il governo ha negato tali rapporti ma non è stato in grado si assicurare indagini indipendenti sulle denunce.
A novembre, decine di residenti del distretto di Mandera nel Kenya settentrionale hanno denunciato stupri, torture, percosse e uso eccessivo della forza da parte di personale governativo della sicurezza durante un'operazione congiunta tra polizia e militari per reprimere il flusso di armi illegali dal Corno d'Africa. Il governo ha negato tali accuse ma non a fine anno non aveva istruito indagini indipendenti e imparziali.
L'esecutivo non ha indagato le accuse di torture e uccisioni illegali compiute dalla polizia nel 2007, tra cui l'aver aperto il fuoco e ucciso centinaia di persone nel corso di operazioni di sicurezza contro membri del gruppo Mungiki, al bando.
....
Ultima modifica di Iaiaa il Ven Giu 26, 2009 6:04 pm - modificato 1 volta.
Iaiaa- Utente
- Numero di messaggi : 306
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Età : 34
Località : na
Re: Kenya: Rapporto 2009 Amnesty International
...
Violenza contro donne e ragazze
Donne e ragazze hanno continuato a essere vittime del dilagare della violenza. Durante le violenze post-elezioni e il conflitto nella zona del Monte Elgon, donne e ragazze sono state oggetto di stupri e altre forme di violenza sessuale. Raramente presunti responsabili di violenza per motivi di genere, tra cui poliziotti e altri agenti delle forze dell'ordine, sono stati assicurati alla giustizia.
Diritto alla salute
Le strutture sanitarie pubbliche hanno continuato a essere scarsamente finanziate, attrezzate o funzionanti, aspetto che ha provocato un elevato tasso di mortalità materna e altri problemi sanitari nell'intera nazione. L'effetto del sottofinanziamento del settore sanitario è risultato particolarmente evidente negli ospedali pubblici ostetrici. La maggior parte delle donne con basso reddito che si sono servite di queste strutture hanno ricevuto un basso standard di cure mediche.
Sgomberi forzati
Il governo ha annunciato, nel luglio 2008, la formazione di una task-force per il complesso Mau Forest, facendo seguito alla sua promessa dell'ottobre 2007 in base alla quale avrebbe risarcito e reinsediato migliaia di persone che furono sgomberate con la forza dal complesso Mau Forest nel 2006. La task-force si sarebbe occupata della demarcazione del complesso Forest; dell'identificazione dei suoi residenti tramite documenti di proprietà; e dei risarcimenti e del reinsediamento dei residenti identificati. A fine anno, la task-force non aveva ancora completato il suo lavoro.
A novembre, centinaia di famiglie che abitavano in insediamenti abusivi vicini al fiume Nairobi si sono trovate sotto la minaccia di sgombero forzato da parte delle autorità.
A fine anno, l'esecutivo non aveva tenuto fede al proprio impegno assunto nel 2006 di pubblicare linee guida sugli sgomberi. Il governo non aveva altresì provveduto a imporre una moratoria sugli sgomberi forzati fino alla realizzazione delle linee guida.
Rifugiati e richiedenti asilo
Il governo non ha revocato la propria decisione del gennaio 2007 di chiudere il confine tra Kenya e Somalia. Tuttavia, a causa dei continui combattimenti e di una significativa escalation del conflitto in Somalia, rifugiati e richiedenti asilo hanno continuato ad attraversare il confine per entrare in Kenya. Tra gennaio e settembre, l'UNHCR aveva registrati più di 38.000 tra rifugiati e richiedenti asilo. Nel solo mese di ottobre, oltre 8.000 rifugiati e richiedenti asilo avevano varcato il confine. Le agenzie umanitarie hanno riferito condizioni precarie e in fase di deterioramento nei campi che ospitavano nuovi rifugiati e richiedenti asilo e hanno sollecitato una maggiore assistenza umanitaria da parte del governo kenyano e della comunità internazionale.
Rifugiati e richiedenti asilo in fuga verso il Kenya sono stati oggetto di vessazioni da parte del personale della sicurezza frontaliero; molti sono stati arrestati, picchiati e rimandati indietro in Somalia. Alcuni hanno dovuto pagare tangenti ai funzionari della sicurezza (in parte a causa della decisione ufficiale di mantenere la chiusura formale del confine) per poter ottenere l'accesso in Kenya.
Controterrore e sicurezza
Alcune dello oltre 40 vittime di trasferimenti illegali dal Kenya alla Somalia ed Etiopia, le quali erano trattenute in segreto e in detenzione in incommunicado in Etiopia alla fine del 2007, sono state rilasciate. Tra le persone rilasciate risultano almeno otto kenyani, nonostante il continuo diniego da parte del governo kenyano della presenza di cittadini kenyani nei trasferimenti illegali.
*Mohamed Abdulmalik, un cittadino kenyano, fu arrestato dalla polizia kenyana nel febbraio 2007 e trasferito illegalmente alla custodia statunitense a Guantánamo Bay, Cuba, dove a fine 2008 si riteneva fosse ancora trattenuto. Non è stato accusato di alcun reato, né ha potuto esercitare il suo diritto ai sensi del diritto internazionale di contestare la legalità della sua detenzione.
A fine anno il governo non aveva intrapreso alcuna azione in risposta alle richieste per un'inchiesta approfondita e indipendente negli arresti, la detenzione e i trasferimenti di questi soggetti, e sul trattamento da loro subito durante la detenzione.
Libertà di espressione
A febbraio il governo ha formalmente revocato il divieto sulle trasmissioni in diretta che aveva imposto nel dicembre 2007 all'inizio delle violenze post-elezioni.
Tra gennaio e marzo, alcuni difensori dei diritti umani e giornalisti sono stati oggetto di minacce, anche di morte, da parte di gruppi armati che li accusavano di «tradire la causa tribale» per aver commentato le elezioni ed espresso critiche contro alcune delle violenze post-elezioni.
A marzo, personale militare coinvolto nell'operazione congiunta tra polizia e militari nella zona del Monte Elgon ha arbitrariamente arrestato, sottoposto a vessazioni e fisicamente maltrattato giornalisti che si erano occupati degli eventi.
A dicembre, il Parlamento ha convertito in legge la bozza (emendamento) sulla comunicazione in Kenya, presentata dal governo. La nuova normativa potrebbe determinare una ingiustificata limitazione del diritto alla libertà di espressione. Essa conferisce ampi poteri al ministro incaricato della sicurezza interna di bandire la copertura mediatica e di confiscare l'attrezzatura destinata alle trasmissioni per motivi di sicurezza nazionale e ala Commissione sulla comunicazioni controllata dal governo il potere di autorizzare e regolamentare i servizi di trasmissione e di prescrivere la natura e i contenuti delle trasmissioni dei media. A fine anno la nuova legislazione era in attesa di ottenere l'assenso del presidente.
*A settembre, Andrew Mwangura, un ex giornalista e funzionario di Seafarers Assistance Programme, è stato arrestato dalla polizia. Egli è stato accusato di «diffusione di false informazioni» dopo che aveva rilasciato interviste alla stampa in cui contraddiva la versione del governo sulla destinazione del cargo ucraino sequestrato dai pirati al largo della costa somala a settembre. A fine anno, il processo era ancora in corso.
Pena di morte
I tribunali hanno continuato a imporre la pena di morte, sebbene non siano state riportate esecuzioni. Non si sono avuti progressi verso l'abolizione della pena capitale.
Fonte: www.amnesty.it
Violenza contro donne e ragazze
Donne e ragazze hanno continuato a essere vittime del dilagare della violenza. Durante le violenze post-elezioni e il conflitto nella zona del Monte Elgon, donne e ragazze sono state oggetto di stupri e altre forme di violenza sessuale. Raramente presunti responsabili di violenza per motivi di genere, tra cui poliziotti e altri agenti delle forze dell'ordine, sono stati assicurati alla giustizia.
Diritto alla salute
Le strutture sanitarie pubbliche hanno continuato a essere scarsamente finanziate, attrezzate o funzionanti, aspetto che ha provocato un elevato tasso di mortalità materna e altri problemi sanitari nell'intera nazione. L'effetto del sottofinanziamento del settore sanitario è risultato particolarmente evidente negli ospedali pubblici ostetrici. La maggior parte delle donne con basso reddito che si sono servite di queste strutture hanno ricevuto un basso standard di cure mediche.
Sgomberi forzati
Il governo ha annunciato, nel luglio 2008, la formazione di una task-force per il complesso Mau Forest, facendo seguito alla sua promessa dell'ottobre 2007 in base alla quale avrebbe risarcito e reinsediato migliaia di persone che furono sgomberate con la forza dal complesso Mau Forest nel 2006. La task-force si sarebbe occupata della demarcazione del complesso Forest; dell'identificazione dei suoi residenti tramite documenti di proprietà; e dei risarcimenti e del reinsediamento dei residenti identificati. A fine anno, la task-force non aveva ancora completato il suo lavoro.
A novembre, centinaia di famiglie che abitavano in insediamenti abusivi vicini al fiume Nairobi si sono trovate sotto la minaccia di sgombero forzato da parte delle autorità.
A fine anno, l'esecutivo non aveva tenuto fede al proprio impegno assunto nel 2006 di pubblicare linee guida sugli sgomberi. Il governo non aveva altresì provveduto a imporre una moratoria sugli sgomberi forzati fino alla realizzazione delle linee guida.
Rifugiati e richiedenti asilo
Il governo non ha revocato la propria decisione del gennaio 2007 di chiudere il confine tra Kenya e Somalia. Tuttavia, a causa dei continui combattimenti e di una significativa escalation del conflitto in Somalia, rifugiati e richiedenti asilo hanno continuato ad attraversare il confine per entrare in Kenya. Tra gennaio e settembre, l'UNHCR aveva registrati più di 38.000 tra rifugiati e richiedenti asilo. Nel solo mese di ottobre, oltre 8.000 rifugiati e richiedenti asilo avevano varcato il confine. Le agenzie umanitarie hanno riferito condizioni precarie e in fase di deterioramento nei campi che ospitavano nuovi rifugiati e richiedenti asilo e hanno sollecitato una maggiore assistenza umanitaria da parte del governo kenyano e della comunità internazionale.
Rifugiati e richiedenti asilo in fuga verso il Kenya sono stati oggetto di vessazioni da parte del personale della sicurezza frontaliero; molti sono stati arrestati, picchiati e rimandati indietro in Somalia. Alcuni hanno dovuto pagare tangenti ai funzionari della sicurezza (in parte a causa della decisione ufficiale di mantenere la chiusura formale del confine) per poter ottenere l'accesso in Kenya.
Controterrore e sicurezza
Alcune dello oltre 40 vittime di trasferimenti illegali dal Kenya alla Somalia ed Etiopia, le quali erano trattenute in segreto e in detenzione in incommunicado in Etiopia alla fine del 2007, sono state rilasciate. Tra le persone rilasciate risultano almeno otto kenyani, nonostante il continuo diniego da parte del governo kenyano della presenza di cittadini kenyani nei trasferimenti illegali.
*Mohamed Abdulmalik, un cittadino kenyano, fu arrestato dalla polizia kenyana nel febbraio 2007 e trasferito illegalmente alla custodia statunitense a Guantánamo Bay, Cuba, dove a fine 2008 si riteneva fosse ancora trattenuto. Non è stato accusato di alcun reato, né ha potuto esercitare il suo diritto ai sensi del diritto internazionale di contestare la legalità della sua detenzione.
A fine anno il governo non aveva intrapreso alcuna azione in risposta alle richieste per un'inchiesta approfondita e indipendente negli arresti, la detenzione e i trasferimenti di questi soggetti, e sul trattamento da loro subito durante la detenzione.
Libertà di espressione
A febbraio il governo ha formalmente revocato il divieto sulle trasmissioni in diretta che aveva imposto nel dicembre 2007 all'inizio delle violenze post-elezioni.
Tra gennaio e marzo, alcuni difensori dei diritti umani e giornalisti sono stati oggetto di minacce, anche di morte, da parte di gruppi armati che li accusavano di «tradire la causa tribale» per aver commentato le elezioni ed espresso critiche contro alcune delle violenze post-elezioni.
A marzo, personale militare coinvolto nell'operazione congiunta tra polizia e militari nella zona del Monte Elgon ha arbitrariamente arrestato, sottoposto a vessazioni e fisicamente maltrattato giornalisti che si erano occupati degli eventi.
A dicembre, il Parlamento ha convertito in legge la bozza (emendamento) sulla comunicazione in Kenya, presentata dal governo. La nuova normativa potrebbe determinare una ingiustificata limitazione del diritto alla libertà di espressione. Essa conferisce ampi poteri al ministro incaricato della sicurezza interna di bandire la copertura mediatica e di confiscare l'attrezzatura destinata alle trasmissioni per motivi di sicurezza nazionale e ala Commissione sulla comunicazioni controllata dal governo il potere di autorizzare e regolamentare i servizi di trasmissione e di prescrivere la natura e i contenuti delle trasmissioni dei media. A fine anno la nuova legislazione era in attesa di ottenere l'assenso del presidente.
*A settembre, Andrew Mwangura, un ex giornalista e funzionario di Seafarers Assistance Programme, è stato arrestato dalla polizia. Egli è stato accusato di «diffusione di false informazioni» dopo che aveva rilasciato interviste alla stampa in cui contraddiva la versione del governo sulla destinazione del cargo ucraino sequestrato dai pirati al largo della costa somala a settembre. A fine anno, il processo era ancora in corso.
Pena di morte
I tribunali hanno continuato a imporre la pena di morte, sebbene non siano state riportate esecuzioni. Non si sono avuti progressi verso l'abolizione della pena capitale.
Fonte: www.amnesty.it
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