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E il cane andò a vivere con l’uomo
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E il cane andò a vivere con l’uomo
E il cane andò a vivere con l’uomo
Come il cane, l’amico più fedele dell’uomo cominciò a stare con lui. Un racconto che ci viene dal Kenya.
C'eraun tempo, tanti anni fa, in cui il cane e lo sciacallo vivevano insieme nella foresta come fratelli. Ogni giorno cacciavano insieme ed ogni sera deponevano sull’erba tutto quello che avevano cacciato, assicurandosi di dividere equamente la carne tra loro. C’erano delle sere, però, in cui entrambi ritornavano a mani vuote dalla caccia del giorno e, in queste occasioni, si raggomitolavano fianco a fianco sotto le stelle, sognando il vitello del bosco o la zebra grassa che erano stati sul punto di uccidere.
Finora non erano mai stati senza cibo per più di due giorni, ma poi, senza preavviso, subirono un lungo periodo di sfortuna e per più di una settimana non riuscirono a trovare nulla da mangiare. All’ottavo giorno, sebbene avessero entrambi cercato ovunque, ritornarono al loro rifugio senza carne, esausti ed estremamente affamati. Per colmo di sventura, un vento pungente e freddo soffiò nel bosco, spazzando via le foglie che avevano raccolto per riscaldarsi, lasciandoli a tremare, senza alcuna speranza di conforto, per tutta la lunga notte. Raggomitolati insieme, cercavano di dormire, ma il vento continuava a fischiare ed essi si agitavano e si giravano disperatamente. «Sciacallo – disse il cane dopo un po’–, «Non è forse una cosa terribile andare a letto affamati dopo tutti gli sforzi che abbiamo fatto oggi e non è forse una cosa ancor peggiore soffrire contemporaneamente la fame ed il freddo?».
«Sì, lo è, fratello, – replicò lo sciacallo –, ma al momento possiamo fare ben poco a riguardo. Raggomitoliamoci qui e cerchiamo di dormire adesso. Domani, appena il sole sorgerà, andremo di nuovo fuori a cacciare e, con un po’ di fortuna, saremo in grado di trovare del cibo per sfamarci».
Ma nonostante si rannicchiasse vicino allo sciacallo, il cane non riusciva dormire, perché i suoi denti avevano cominciato a battere ed il suo stomaco brontolava sempre più. Si stese sulla terra fredda, con gli occhi spalancati, cercando di ricordare come si sta al caldo e ben nutriti.
Incominciò di nuovo a parlare: «Sciacallo, non ha forse l’uomo un villaggio abbastanza vicino a qui?»
«Sì, è vero, – rispose stancamente lo Sciacallo –. Ma adesso che differenza fa per noi?».
«Bene, – replicò il cane –, molti uomini sanno come accendere un fuoco, che ci potrebbe riscaldare, se riuscissimo ad arrivare abbastanza vicino ad esso».
«Se stai proponendo di dare un’occhiata da vicino – disse lo sciacallo, – te lo puoi scordare. Non andrò in nessun luogo vicino al villaggio. Ora vai a dormire e lasciami in pace».
Il cane, però, non poteva abbandonare l’idea e, mentre ci pensava sempre di più, cominciò ad immaginare lo squisito pasto che avrebbe fatto con gli avanzi e gli ossi lasciati in giro dagli abitanti del villaggio.
«Vieni con me, al villaggio per favore, – il cane supplicò lo Sciacallo – il mio pelo non è così folto come il tuo e qui sto morendo di freddo e di fame».
«Vacci da solo – ringhiò lo Sciacallo –, questa idea è solo tua, io non voglio averci nulla a che fare».
Alla fine, il cane non poteva più stare lì. Dimenticando le sue paure, si alzò ed annunciò coraggiosamente: «Va bene, io parto, nulla può essere peggiore di questo. Sto per andare in quel villaggio a sedermi al fuoco e forse troverò perfino un osso saporito. Se ci sarà del cibo rimasto, te ne porterò un po’, ma se non ritorno, per favore vieni e cercami».
Così il cane cominciò a muoversi verso il villaggio e, quando raggiunse la periferia, rallentò e si mise a strisciare sulla pancia, cosi che nessuno potesse notarlo mentre si avvicinava. Poteva vedere, proprio davanti a lui, il bagliore rosso del fuoco e già sentiva il calore della sua fiamma. Con molta prudenza scivolò lungo il terreno ed aveva quasi raggiunto il suo obiettivo quando alcuni volatili, appollaiati in alto su di un albero, iniziarono a starnazzare, dando un fragoroso avvertimento al loro padrone.
Subito venne un uomo, che si precipitò fuori da una capanna vicina e, alzata la lancia in aria, la fece cadere a due centimetri dal luogo in cui stava il cane.
«Per favore, per favore non uccidermi – piagnucolò il cane –. «Non sono venuto qui per rubare i tuoi polli o per danneggiarti in alcun modo. Soffro la fame e sto quasi per morire dal freddo. Voglio solo accucciarmi vicino al fuoco e riscaldarmi per un po’».
L’uomo guardò quella bestia tremante e non riuscì a fare a meno di provare un po’ di dispiacere per essa. Dopo tutto, era una notte così fredda e la richiesta del cane non era così irragionevole, date le circostanze.
«Benissimo, – egli disse, ritirando la lancia –. Puoi riscaldarti qui per pochi minuti, se prometti di andare via appena ti sentirai meglio».
Il cane strisciò in avanti e si accucciò vicino al fuoco, ringraziando più volte l’uomo per la sua gentilezza. Di lì a poco sentì il sangue cominciare ancora una volta a circolare nelle sue membra. Raddrizzandosi lentamente, si allungò davanti alla fiamma e lì, proprio di fronte a lui, notò un osso grasso e succulento, gettato lì dall’uomo alla fine del suo pasto. Si avvicinò timorosamente ad esso ed iniziò a divorarlo, sentendosi più felice di quanto lo fosse stato da lunghissimo tempo.
Stava quasi per finire di mangiare, quando improvvisamente l’uomo riapparve: «Non ti sei ancora riscaldato abbastanza? », egli chiese, piuttosto ansioso di sbarazzarsi del suo ospite proveniente dal bosco.
«No, non ancora», disse il cane, che aveva individuato un altro osso e voleva rosicchiarlo.
«Allora solo pochi minuti», disse l’uomo, mentre scompariva ancora una volta nella sua capanna.
Il cane afferrò il secondo osso ed iniziò a frantumarlo con le sue forti mandibole, sentendosi ancora più soddisfatto. Presto, però, l’uomo venne fuori dalla sua capanna e chiese di nuovo: «Quando ti alzerai e te ne andrai? Adesso ti sei sicuramente riscaldato abbastanza, non è vero?».
Il cane, però, essendo molto riluttante a lasciare questo ambiente confortevole, supplicò il suo ospite: «Lasciami stare solo un po’ di più e ti prometto che dopo ti lascerò in pace».
Questa volta l’uomo scomparve e non ritornò per diverse ore, perché si addormentò all’interno della capanna, quasi dimenticandosi del suo ospite. Appena si svegliò, però, uscì di corsa per assicurarsi che il cane lo avesse lasciato come aveva promesso. Ora si arrabbiò nel vedere l’animale fare un pisolino vicino al fuoco, esattamente nella stessa posizione di prima. Punzecchiandolo con la lancia, chiese al cane di alzarsi immediatamente. Il cane si alzò lentamente e, prendendo il coraggio a quattro zampe, guardò l’uomo dritto negli occhi e pronunciò le seguenti parole: «So che vuoi che vada via, ma vorrei che tu mi permettessi di restare qui con te. Posso insegnarti tantissime cose. Posso trasmetterti la mia conoscenza degli animali feroci, aiutarti a cacciare gli uccelli della foresta, sorvegliare la tua casa di notte e spaventare ogni intruso. Non farò mai del male ai tuoi polli o alle tue capre come mio fratello, lo sciacallo. Avrò cura delle tue donne e dei tuoi bambini quando sarai fuori casa. Tutto ciò che chiedo in cambio è che tu mi fornisca un luogo caldo vicino al fuoco e gli avanzi della tua mensa per saziare la mia fame».
Ora anche l’uomo guardò il cane dritto negli occhi e vide che la sua espressione era onesta e degna di fiducia.
«Sono d’accordo, – egli replicò –, potrai avere una casa qui tra gli abitanti del villaggio, se manterrai le tue promesse».
Dal quel giorno in poi, il cane è vissuto con l’uomo, facendo la guardia alle sue proprietà, proteggendo il suo bestiame ed aiutandolo ad andare a caccia nei campi. Di notte, quando il cane si sistema per dormire, sente un grido dalla foresta (“Bo-ah, Bo-ah”) e sa che è suo fratello, lo sciacallo, che lo richiama indietro. Ma non risponde mai al richiamo, perché il cane è più che soddisfatto della sua nuova casa, godendo delle comodità che lo sciacallo era una volta felice d’ignorare.
Fonte:Misna
Come il cane, l’amico più fedele dell’uomo cominciò a stare con lui. Un racconto che ci viene dal Kenya.
C'eraun tempo, tanti anni fa, in cui il cane e lo sciacallo vivevano insieme nella foresta come fratelli. Ogni giorno cacciavano insieme ed ogni sera deponevano sull’erba tutto quello che avevano cacciato, assicurandosi di dividere equamente la carne tra loro. C’erano delle sere, però, in cui entrambi ritornavano a mani vuote dalla caccia del giorno e, in queste occasioni, si raggomitolavano fianco a fianco sotto le stelle, sognando il vitello del bosco o la zebra grassa che erano stati sul punto di uccidere.
Finora non erano mai stati senza cibo per più di due giorni, ma poi, senza preavviso, subirono un lungo periodo di sfortuna e per più di una settimana non riuscirono a trovare nulla da mangiare. All’ottavo giorno, sebbene avessero entrambi cercato ovunque, ritornarono al loro rifugio senza carne, esausti ed estremamente affamati. Per colmo di sventura, un vento pungente e freddo soffiò nel bosco, spazzando via le foglie che avevano raccolto per riscaldarsi, lasciandoli a tremare, senza alcuna speranza di conforto, per tutta la lunga notte. Raggomitolati insieme, cercavano di dormire, ma il vento continuava a fischiare ed essi si agitavano e si giravano disperatamente. «Sciacallo – disse il cane dopo un po’–, «Non è forse una cosa terribile andare a letto affamati dopo tutti gli sforzi che abbiamo fatto oggi e non è forse una cosa ancor peggiore soffrire contemporaneamente la fame ed il freddo?».
«Sì, lo è, fratello, – replicò lo sciacallo –, ma al momento possiamo fare ben poco a riguardo. Raggomitoliamoci qui e cerchiamo di dormire adesso. Domani, appena il sole sorgerà, andremo di nuovo fuori a cacciare e, con un po’ di fortuna, saremo in grado di trovare del cibo per sfamarci».
Ma nonostante si rannicchiasse vicino allo sciacallo, il cane non riusciva dormire, perché i suoi denti avevano cominciato a battere ed il suo stomaco brontolava sempre più. Si stese sulla terra fredda, con gli occhi spalancati, cercando di ricordare come si sta al caldo e ben nutriti.
Incominciò di nuovo a parlare: «Sciacallo, non ha forse l’uomo un villaggio abbastanza vicino a qui?»
«Sì, è vero, – rispose stancamente lo Sciacallo –. Ma adesso che differenza fa per noi?».
«Bene, – replicò il cane –, molti uomini sanno come accendere un fuoco, che ci potrebbe riscaldare, se riuscissimo ad arrivare abbastanza vicino ad esso».
«Se stai proponendo di dare un’occhiata da vicino – disse lo sciacallo, – te lo puoi scordare. Non andrò in nessun luogo vicino al villaggio. Ora vai a dormire e lasciami in pace».
Il cane, però, non poteva abbandonare l’idea e, mentre ci pensava sempre di più, cominciò ad immaginare lo squisito pasto che avrebbe fatto con gli avanzi e gli ossi lasciati in giro dagli abitanti del villaggio.
«Vieni con me, al villaggio per favore, – il cane supplicò lo Sciacallo – il mio pelo non è così folto come il tuo e qui sto morendo di freddo e di fame».
«Vacci da solo – ringhiò lo Sciacallo –, questa idea è solo tua, io non voglio averci nulla a che fare».
Alla fine, il cane non poteva più stare lì. Dimenticando le sue paure, si alzò ed annunciò coraggiosamente: «Va bene, io parto, nulla può essere peggiore di questo. Sto per andare in quel villaggio a sedermi al fuoco e forse troverò perfino un osso saporito. Se ci sarà del cibo rimasto, te ne porterò un po’, ma se non ritorno, per favore vieni e cercami».
Così il cane cominciò a muoversi verso il villaggio e, quando raggiunse la periferia, rallentò e si mise a strisciare sulla pancia, cosi che nessuno potesse notarlo mentre si avvicinava. Poteva vedere, proprio davanti a lui, il bagliore rosso del fuoco e già sentiva il calore della sua fiamma. Con molta prudenza scivolò lungo il terreno ed aveva quasi raggiunto il suo obiettivo quando alcuni volatili, appollaiati in alto su di un albero, iniziarono a starnazzare, dando un fragoroso avvertimento al loro padrone.
Subito venne un uomo, che si precipitò fuori da una capanna vicina e, alzata la lancia in aria, la fece cadere a due centimetri dal luogo in cui stava il cane.
«Per favore, per favore non uccidermi – piagnucolò il cane –. «Non sono venuto qui per rubare i tuoi polli o per danneggiarti in alcun modo. Soffro la fame e sto quasi per morire dal freddo. Voglio solo accucciarmi vicino al fuoco e riscaldarmi per un po’».
L’uomo guardò quella bestia tremante e non riuscì a fare a meno di provare un po’ di dispiacere per essa. Dopo tutto, era una notte così fredda e la richiesta del cane non era così irragionevole, date le circostanze.
«Benissimo, – egli disse, ritirando la lancia –. Puoi riscaldarti qui per pochi minuti, se prometti di andare via appena ti sentirai meglio».
Il cane strisciò in avanti e si accucciò vicino al fuoco, ringraziando più volte l’uomo per la sua gentilezza. Di lì a poco sentì il sangue cominciare ancora una volta a circolare nelle sue membra. Raddrizzandosi lentamente, si allungò davanti alla fiamma e lì, proprio di fronte a lui, notò un osso grasso e succulento, gettato lì dall’uomo alla fine del suo pasto. Si avvicinò timorosamente ad esso ed iniziò a divorarlo, sentendosi più felice di quanto lo fosse stato da lunghissimo tempo.
Stava quasi per finire di mangiare, quando improvvisamente l’uomo riapparve: «Non ti sei ancora riscaldato abbastanza? », egli chiese, piuttosto ansioso di sbarazzarsi del suo ospite proveniente dal bosco.
«No, non ancora», disse il cane, che aveva individuato un altro osso e voleva rosicchiarlo.
«Allora solo pochi minuti», disse l’uomo, mentre scompariva ancora una volta nella sua capanna.
Il cane afferrò il secondo osso ed iniziò a frantumarlo con le sue forti mandibole, sentendosi ancora più soddisfatto. Presto, però, l’uomo venne fuori dalla sua capanna e chiese di nuovo: «Quando ti alzerai e te ne andrai? Adesso ti sei sicuramente riscaldato abbastanza, non è vero?».
Il cane, però, essendo molto riluttante a lasciare questo ambiente confortevole, supplicò il suo ospite: «Lasciami stare solo un po’ di più e ti prometto che dopo ti lascerò in pace».
Questa volta l’uomo scomparve e non ritornò per diverse ore, perché si addormentò all’interno della capanna, quasi dimenticandosi del suo ospite. Appena si svegliò, però, uscì di corsa per assicurarsi che il cane lo avesse lasciato come aveva promesso. Ora si arrabbiò nel vedere l’animale fare un pisolino vicino al fuoco, esattamente nella stessa posizione di prima. Punzecchiandolo con la lancia, chiese al cane di alzarsi immediatamente. Il cane si alzò lentamente e, prendendo il coraggio a quattro zampe, guardò l’uomo dritto negli occhi e pronunciò le seguenti parole: «So che vuoi che vada via, ma vorrei che tu mi permettessi di restare qui con te. Posso insegnarti tantissime cose. Posso trasmetterti la mia conoscenza degli animali feroci, aiutarti a cacciare gli uccelli della foresta, sorvegliare la tua casa di notte e spaventare ogni intruso. Non farò mai del male ai tuoi polli o alle tue capre come mio fratello, lo sciacallo. Avrò cura delle tue donne e dei tuoi bambini quando sarai fuori casa. Tutto ciò che chiedo in cambio è che tu mi fornisca un luogo caldo vicino al fuoco e gli avanzi della tua mensa per saziare la mia fame».
Ora anche l’uomo guardò il cane dritto negli occhi e vide che la sua espressione era onesta e degna di fiducia.
«Sono d’accordo, – egli replicò –, potrai avere una casa qui tra gli abitanti del villaggio, se manterrai le tue promesse».
Dal quel giorno in poi, il cane è vissuto con l’uomo, facendo la guardia alle sue proprietà, proteggendo il suo bestiame ed aiutandolo ad andare a caccia nei campi. Di notte, quando il cane si sistema per dormire, sente un grido dalla foresta (“Bo-ah, Bo-ah”) e sa che è suo fratello, lo sciacallo, che lo richiama indietro. Ma non risponde mai al richiamo, perché il cane è più che soddisfatto della sua nuova casa, godendo delle comodità che lo sciacallo era una volta felice d’ignorare.
Fonte:Misna
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