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Somalia, Nigeria, Kenya, Mali: in Africa Al-Qaeda dilaga e nessuno alza davvero la voce
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Somalia, Nigeria, Kenya, Mali: in Africa Al-Qaeda dilaga e nessuno alza davvero la voce
Somalia, Nigeria, Kenya, Mali: in Africa Al-Qaeda dilaga e nessuno alza davvero la voce
Scritto da Alessandra Boga
Domenica 10 giugno il gruppo terroristico islamico Boko Haram (“L’educazione occidentale è peccato”) è tornato a colpire in Nigeria con un duplice attentato contro chiese gremite di fedeli radunati per la messa. Una settimana dopo i luoghi di culto cristiani presi di mira sono stati ben cinque. Tra le vittime degli attacchi, anche dei bambini.
Domenica 1° luglio sono stati i cristiani del Kenya settentrionale, precisamente della città di Garissa, ad essere aggrediti dagli integralisti islamici, mente erano riuniti in preghiera nella cattedrale e in un’altra chiesa locale. Il triste bilancio delle due azioni terroristiche è stato di 17 morti e circa 45 feriti.
Questa volta i responsabili sono le famigerate milizie somale di Al-Shabaab (“Partito della Gioventù”): la Somalia dista solo 140 km da Garissa, così il gruppo terroristico ha potuto infiltrarsi nella città del Kenya. Non è affatto la prima volta che questo compie attentati nel Paese confinante, reo di partecipare alla guerra di Somalia.
Boko Haram e gli Al-Shabaab sono legati tra loro ed entrambi operano sotto il “cappello” di Al-Qaeda, “Al- Qaeda nel Sahel”. Proprio qui i terroristi islamici hanno trovato terreno fertile per le proprie azioni, poiché il Sahel è una vasta area, che va dall’Oceano Atlantico fino al Corno d’Africa: probabilmente una zona troppo estesa, perché riesca ad essere controllata a dovere dalle forze di sicurezza. Oltre alla Somalia, alla Nigeria e al Kenya, essa comprende altri Stati vittime dal terrorismo islamico, come il Mali.
Proprio mentre gli integralisti islamici insanguinavano il Kenya colpendo i cristiani Domenica 1° luglio, un gruppo di uomini armati di scalpelli e picconi, ha distrutto persino la “Porta Sacra” o “Porta della Resurrezione” di una delle moschee più antiche della più celebre città del Mali, considerata la “Regina del deserto”: Timbuctù, designata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità nel 1998.
La moschea di cui è stata distrutta la porta, è quella di Sidi Yahya, risale al XV secolo ed è dedicata ad uno dei 333 santi sufi sepolti proprio a Timbuctù.
La sua porta è rimasta chiusa per secoli, poiché vi era una credenza popolare secondo cui la sua apertura, sarebbe stata fonte di sventure, ed i responsabili dell’atto barbarico volevano dimostrare la falsità di tale superstizione. In realtà è come se avessero dimostrato il contrario e fossero stati loro stessi forieri di sciagure.
Il giorno precedente alla distruzione della “Porta Sacra”, è stata profanata la tomba di Sidi Mahmoud Ben Amar, un altro santo sufi sepolto a Timbuctù, il cui mausoleo risale anch’esso al XV secolo. Sidi Yahya e Sidi Mahmoud Ben Amar sono ben lungi dall’essere gli unici luoghi santi musulmani della città, colpiti dai terroristi islamici.
Il gruppo che ha compiuto tali azioni, è il gruppo tuareg Ansar Dine (“Difensori della Fede”), un’organizzazione salafita legata ad Al-Qaeda proprio come i Boko Haram nigeriani e gli al-Shabaab somali.
Gli Ansar Dine sono sostenitori dell’iconoclastia ovvero, in base ad una ferrea interpretazione dell’islam, essi non tollerano che vengano venerate altre figure all’infuori di Allah (e Maometto), figure percepite come idoli e che perciò non devono essere rappresentate.
Di fronte al dilagare di Al-Qaeda in Africa (a colpi di jihad, di tentativi di imporre la sharia e di distruggere la cultura altrui), finora il mondo è stato praticamente muto: quando alzerà davvero la voce?
Fonte:Il legno storto (quotidiano)
fio- Sostenitore
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