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Mani cinesi sull'Africa
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Mani cinesi sull'Africa
Mani cinesi sull’Africa
Sabato, 14 agosto- Pechino rafforza la sua penetrazione nel Continente nero. Nella metropoli asiatica centinaia di rappresentanti di governi e aziende africane per stipulare accordi. Non importa si tratti anche di corrotti o criminali.
Almeno 400 governanti e imprenditori hanno partecipato al Forum per la cooperazione agricola tra Cina e Africa. I cinesi da anni hanno avviato una strategia di invasione in numerosi Paesi africani, sostenendo molto spesso politici corrotti o responsabili di eccidi o azioni di pulizia etnica, come per esempio, in Sudan.
A diferenza di altre ‘grandi potenze’ occidentali, i cinesi non passano attraverso la cooperazione militare per ‘controllare’ i Paesi del Continente nero, ma utilizzano soprattutto l’economia. Dopo ciclopiche realizzazioni di infrastrutture, costruite non da mano d’opera locale, ma affidate a centinaia di lavoratori spediti in Africa per consegnare chiavi in mano ponti, porti, strade, palazzi, reti ferroviarie o aeroporti adesso è l’ora dell’agricoltura.
La strategia di Pechino ha lo scopo di allargare la sua sfera di influenza politica sul pianeta e nello stesso tempo ottenere petrolio e materie prime e vendere tecnologie, manufatti o altro. Senza disdegnare comunque gli armamenti, quando è possibile. Ad oggi gli accordi rigardano Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Eritrea, Etiopia, Sudan, Kenya, Somalia, Senegal, Niger, Uganda, Ciad, Guinea, Liberia, Togo, Costa d’Avorio, Benin, Camerun, Mauritania.
Si va dall’importazione di metalli di cobalto e fosfato alla gestione dei pozzi di petrolio, dal tessile alle telecomunicazioni, dall’energia nucleare ai beni di consumo, persino quelli ‘copiati’. E poi oro, argento, diamanti o cotone, cemento, silicio. Tutto a prezzi ‘di favore’.
Nel 2008 il volume degli scambi tra Cina ed Africa ha raggiunto la cifra record di 106.84 milardi di dollari, circa 84 miliardi di euro. L’export verso il Continente è stato di 50.84 miliardi di dollari, quasi 40 miliardi di euro. Cifre importanti se si considerano i prodotti interni lordi dei singoli Paesi.
Adesso Pechino affronta in modo organico anche il capitolo agricoltura. L’incontro “Cina-Africa, cooperazione nella nuova situazione: opportunità e sfide” è stato spiegato dal vice-presidente cinese Xi Jinping, che ha chiarito come la cooperazione sino-africana è per Pechino un elemento fondamentale sul quale costruire il proprio sviluppo. Per il dirigente grazie a questi accordi i Paesi africani potranno migliorare i loro comparti produttivi.
I vantaggi per gli africani saran no tuttavia totalmente aleatori, perchè in quasi tutti i governi interessati operano personaggi corrotti, per cui le ricadute reali sui cittadini sono mimime, così come le possibilità di lavoro per la mano d’opera locale, poichè i cinesi utilizzano prevalentemente propri operai.
Durante il forum, il vice-presidente del Kenya, Kalonzo Musyoka, ha chiesto investimenti nel suo Paese per finanziare la costruzione di fabbriche di strumenti e mezzi agricoli, da riversare poi sia sul mercato interno che verso il Mercato comune dell’Africa orientale, che interessa 120 milioni di abitanti. Musyoka spera anche in un maggior afflusso di turisti cinesi in Africa.
Li Jinjun, vice-responsabile del Dipartimento internazionale del Comitato centrale del partito comunista cinese (Idcpc), l’organizzazione formalmente incaricata di gestire il Forum, ha detto: “Il nostro obiettivo è quello di consentire ai partecipanti di entrare in contatto e scambiare opinioni nell’ambito delle politiche di sviluppo agricolo, esplorando nuove aree e strade di cooperazione, promuovendo una cooperazione pragmatica tra Cina e Africa attraverso canali bilaterali, e approfondendo un nuovo tipo di partenariato strategico tra Cina e Africa”.
In concreto Pechino venderà agli africani tecnologie e know how in campo agricolo e costruirà centri agricoli dimostrativi. Sarà da vedere come poi i singoli governi gestiranno le situazioni specifiche e se saranno evitati in questo campo le speculazioni e le ruberie abituali in tutti gli altri settori produttivi.
Nella dichiarazione finale del Forum il vice-primo ministro cinese, Huii Liangyu, ha sostenuto che la sicurezza alimentare globale dovrebbe essere la principale priorità dei governi di qualunque Paese, sottolinenando come la Cina, che dispone 9 per cento delle terre arabili del mondo fornisce prodotti al 20 per cento della popolazione mondiale. Il governante di Pechino non ha ricordato che nel suo Pase esistono aree interne nelle quali le condizioni di vita sono più che precarie e dove la pratica agricola segue ancora modalità medioevali, con grave danno per la qualità della vita dei cittadini.
La possibilità di strappare l’Africa al neocolonialismo delle potenze economiche tradizionali (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti tra le maggiori) ed a quello dei nuovi invasori, i cinesi, è naturalmente nelle mani dei cittadini di quel continente. Ma gli intrecci sempre più complessi e gli immensi interessi rendono progressivamente più difficile la formazione di una classe dirigente africana in grado di opporsi alle scorrerie degli speculatori internazionali, affamati delle immense risorse africane, le più grandi del pianeta..
Fonte: L'inviato speciale
Sabato, 14 agosto- Pechino rafforza la sua penetrazione nel Continente nero. Nella metropoli asiatica centinaia di rappresentanti di governi e aziende africane per stipulare accordi. Non importa si tratti anche di corrotti o criminali.
Almeno 400 governanti e imprenditori hanno partecipato al Forum per la cooperazione agricola tra Cina e Africa. I cinesi da anni hanno avviato una strategia di invasione in numerosi Paesi africani, sostenendo molto spesso politici corrotti o responsabili di eccidi o azioni di pulizia etnica, come per esempio, in Sudan.
A diferenza di altre ‘grandi potenze’ occidentali, i cinesi non passano attraverso la cooperazione militare per ‘controllare’ i Paesi del Continente nero, ma utilizzano soprattutto l’economia. Dopo ciclopiche realizzazioni di infrastrutture, costruite non da mano d’opera locale, ma affidate a centinaia di lavoratori spediti in Africa per consegnare chiavi in mano ponti, porti, strade, palazzi, reti ferroviarie o aeroporti adesso è l’ora dell’agricoltura.
La strategia di Pechino ha lo scopo di allargare la sua sfera di influenza politica sul pianeta e nello stesso tempo ottenere petrolio e materie prime e vendere tecnologie, manufatti o altro. Senza disdegnare comunque gli armamenti, quando è possibile. Ad oggi gli accordi rigardano Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Eritrea, Etiopia, Sudan, Kenya, Somalia, Senegal, Niger, Uganda, Ciad, Guinea, Liberia, Togo, Costa d’Avorio, Benin, Camerun, Mauritania.
Si va dall’importazione di metalli di cobalto e fosfato alla gestione dei pozzi di petrolio, dal tessile alle telecomunicazioni, dall’energia nucleare ai beni di consumo, persino quelli ‘copiati’. E poi oro, argento, diamanti o cotone, cemento, silicio. Tutto a prezzi ‘di favore’.
Nel 2008 il volume degli scambi tra Cina ed Africa ha raggiunto la cifra record di 106.84 milardi di dollari, circa 84 miliardi di euro. L’export verso il Continente è stato di 50.84 miliardi di dollari, quasi 40 miliardi di euro. Cifre importanti se si considerano i prodotti interni lordi dei singoli Paesi.
Adesso Pechino affronta in modo organico anche il capitolo agricoltura. L’incontro “Cina-Africa, cooperazione nella nuova situazione: opportunità e sfide” è stato spiegato dal vice-presidente cinese Xi Jinping, che ha chiarito come la cooperazione sino-africana è per Pechino un elemento fondamentale sul quale costruire il proprio sviluppo. Per il dirigente grazie a questi accordi i Paesi africani potranno migliorare i loro comparti produttivi.
I vantaggi per gli africani saran no tuttavia totalmente aleatori, perchè in quasi tutti i governi interessati operano personaggi corrotti, per cui le ricadute reali sui cittadini sono mimime, così come le possibilità di lavoro per la mano d’opera locale, poichè i cinesi utilizzano prevalentemente propri operai.
Durante il forum, il vice-presidente del Kenya, Kalonzo Musyoka, ha chiesto investimenti nel suo Paese per finanziare la costruzione di fabbriche di strumenti e mezzi agricoli, da riversare poi sia sul mercato interno che verso il Mercato comune dell’Africa orientale, che interessa 120 milioni di abitanti. Musyoka spera anche in un maggior afflusso di turisti cinesi in Africa.
Li Jinjun, vice-responsabile del Dipartimento internazionale del Comitato centrale del partito comunista cinese (Idcpc), l’organizzazione formalmente incaricata di gestire il Forum, ha detto: “Il nostro obiettivo è quello di consentire ai partecipanti di entrare in contatto e scambiare opinioni nell’ambito delle politiche di sviluppo agricolo, esplorando nuove aree e strade di cooperazione, promuovendo una cooperazione pragmatica tra Cina e Africa attraverso canali bilaterali, e approfondendo un nuovo tipo di partenariato strategico tra Cina e Africa”.
In concreto Pechino venderà agli africani tecnologie e know how in campo agricolo e costruirà centri agricoli dimostrativi. Sarà da vedere come poi i singoli governi gestiranno le situazioni specifiche e se saranno evitati in questo campo le speculazioni e le ruberie abituali in tutti gli altri settori produttivi.
Nella dichiarazione finale del Forum il vice-primo ministro cinese, Huii Liangyu, ha sostenuto che la sicurezza alimentare globale dovrebbe essere la principale priorità dei governi di qualunque Paese, sottolinenando come la Cina, che dispone 9 per cento delle terre arabili del mondo fornisce prodotti al 20 per cento della popolazione mondiale. Il governante di Pechino non ha ricordato che nel suo Pase esistono aree interne nelle quali le condizioni di vita sono più che precarie e dove la pratica agricola segue ancora modalità medioevali, con grave danno per la qualità della vita dei cittadini.
La possibilità di strappare l’Africa al neocolonialismo delle potenze economiche tradizionali (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti tra le maggiori) ed a quello dei nuovi invasori, i cinesi, è naturalmente nelle mani dei cittadini di quel continente. Ma gli intrecci sempre più complessi e gli immensi interessi rendono progressivamente più difficile la formazione di una classe dirigente africana in grado di opporsi alle scorrerie degli speculatori internazionali, affamati delle immense risorse africane, le più grandi del pianeta..
Fonte: L'inviato speciale
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