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Per aiutare le donne di NAIROBI......una collezione di borse in materiali riciclata by Fendi....
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Per aiutare le donne di NAIROBI......una collezione di borse in materiali riciclata by Fendi....
Progetto Carmina Campus.
Una collezione di borse in materiale riciclato e un video sono il prodotto del progetto di Ilaria Venturini Fendi per aiutare le donne di Nairobi. L'erede della Maison ci racconta come ha vinto la sua sfida.
Ilaria ha capelli biondi, occhi curiosi e le buone maniere di chi è abituato a muoversi con disinvoltura in società. Ha due cognomi. Il primo, Venturini, le viene dal padre, scomparso quando aveva solo 10 anni. Il secondo, Fendi, non ha bisogno di presentazioni. Il suo problema, però, non sono i natali, ma quello che significano. "Da papà ho ereditato l'amore per la natura e per gli animali, soprattutto i cavalli" ci racconta durante la presentazione della nuova collezione di Carmina Campus. "Da mia madre, Anna, la passione per la moda". Vallo a spiegare, però, come possa l'erede di una maison contestata dagli animalisti, sognare di fare la veterinaria. Un ossimoro, capricci per ricchi. "Così ho scelto la moda e sono diventata capo progetto dell'ufficio stile di borse e scarpe per Fendissime e poi per Fendi". Qualcosa, però, non torna: le scelte a metà non le sono mai piaciute, anche se in famiglia le ripetono da sempre che la dedizione al lavoro è più importante dei dubbi. È la vita a mescolare le carte. All'inizio del 2000 inizia la vendita del marchio: la finanza entra a gamba tesa nella moda, il mondo fashion di ieri è ai tempi supplementari, anzi fuori gioco.
Ma si sa, un colpo mortale può essere un colpo vitale. Infatti Ilaria fa un colpo di testa: acquista un'azienda agricola dentro il Parco di Veio, alle porte di Roma, e la trasforma in un'attività biodinamica. Addio alla moda. Ha 100 pecore e produce soprattutto latte ovino. Ci ricava anche un'agriturismo. "Dopo tre anni di lavoro, mi sembrava di aver finalmente assecondato mio padre che mi voleva maschio e appassionata di agricoltura" ricorda. C'è sempre il problema dei nomi: vorrebbe chiamare il luogo "Carmina Campus", però le dicono che è troppo difficile, chi mai lo capirebbe su una guida turistica. Così, con un'altra via di mezzo, lo chiama "I casali del pino". Cambiano i ritmi: prima si viveva con l'orologio della moda, un tic tac senza tregua che ti costringe a pensare sempre al futuro. Niente presente: tutto è disegno, filo, stoffa, pelle, sfilata, vendita per poi ricominciare da capo. Ora ci sono il sole, gli animali, l'inverno e l'estate, il caldo e il freddo. Un ritorno al passato.
Un giorno, un'amica presidente dell'ONG Aidos le regala una borsa proveniente da una collezione per la sensibilizzazione contro l'infibulazione genitale femminile. Le mani di Ilaria si muovono da sole, imperativo categorico. Aprono i cassetti, tirano fuori i pezzi di ieri. E li appiccicano alla pochette, un patchwork di una vita, ricordi e sbagli, successi e errori. Quando si presenta con la creazione al braccio, tutti la vorrebbero scippare.
Inizia un nuovo capitolo: riassemblare. Lei, abituata al culto della novità, all'ordine del butta il vecchio per il nuovo. Questa volta il nome lo impone: Carmina Campus. Nessuna via di mezzo. Anzi, una sintesi: l'amore del padre per la natura e quello della madre per la moda.
Le avevano detto che era impossibile, stupido, un capriccio per ricchi. "Io scoprii che era naturale, la mia storia".
Poi, di nuovo, l'inaspettato. l'Università di Tor Vergata le chiede di ospitare nella sua tenuta degli apicoltori giunti dal Camerun per un seminario. Al termine, Ilaria vola in Africa per vedere i frutti dei suoi insegnamenti: "Appena scesa dall'aereo, mi regalarono un cappello, di quelli in tessuto intrecciato". Le mani (materne) si muovono un'altra volta da sole e lo trasformano in una borsa.
Nuovo giro, nuova corsa: perché non aiutare la micro artigianalità di quei luoghi? Le intenzioni sono buone, ma la strada porta all'inferno. Troppi problemi, macchinari persi, lavoranti sparite. Non si può fare da soli. "Ho capito che dovevo affidarmi a un'associazione importante, nel mio caso ITC (international trade center). Con loro la mia goccia nell'oceano ora ha un senso e un'efficacia".
Non chiamatela carità perché questo è lavoro. Dare un'opportunità a chi non vede l'ora di averla. Del resto, una donna con la macchina per cucire intesse mondi e storie e produce un angolo di ricchezza. Un uomo con la pistola, spara e uccide. Ilaria lo scopre visitando la discarica di Nairobi, in Kenia. "Ci arrivai con leggerezza, mi sembrava un luogo perfetto per il mio riciclo. E poi, a prima vista, è tutto bianco, plastica a pezzi ovunque, un paesaggio lunare". Peccato che, scoprirà a fine giornata, la gente muore di cancro ai polmoni a trent'anni quando ha la "fortuna" di non essere ammazzata prima. E nel cuore di questo luogo, vengono smaltiti i pranzi avanzati dei voli aerei. Il rito è macabro: tre processioni di disperati che si spartiscono il cibo avariato. Ai primi i migliori scarti, agli ultimi il resto di niente. È l'Africa, baby, la discarica del mondo. Una terra con un sottosuolo paradisiaco e un sopra-suolo che è simile all'inferno. Dante al contrario.
Durante la presentazione di Carmina Campus, si proietta il video girato nella discarica.
E si parla delle iniziative del progetto che ha reso possibile produrre una collezione di borse riciclate in Africa e di venderla nel tempio dello shopping più snob di Roma.
Con successo, per di più. "Sono cresciuta anch'io in una tribù, di sole donne" dice Ilaria. La sorella Silvia, volto di Fendi, abituata a Kaiser Karl (Lagerfeld) e alle luci della ribalta, le sorride e le rivolge uno sguardo così fraterno da lasciare storditi. Continua Ilaria: "Oggi ho la fortuna di fare quello che mi piace e soprattutto di credere in quello che faccio. È il mio contributo a una nuova visione del mondo e della produzione. È una goccia. Ma è la mia goccia. E quando l'anno scorso il sindaco Alemanno ha voluto regalare delle borse, con le frasi delle artigiane africane, alle first lady giunte per il G8, è stato come la realizzazione di un sogno". ----------------------------------------------------------------------------- sì: le ultime donne della Terra che scrivono una lettera alle prime. Una borsa per cucire uno strappo immenso come un oceano e lungo almeno cinque secoli di sfruttamento. La moda può essere anche questo.
Fonte: Seidimoda
Una collezione di borse in materiale riciclato e un video sono il prodotto del progetto di Ilaria Venturini Fendi per aiutare le donne di Nairobi. L'erede della Maison ci racconta come ha vinto la sua sfida.
Ilaria ha capelli biondi, occhi curiosi e le buone maniere di chi è abituato a muoversi con disinvoltura in società. Ha due cognomi. Il primo, Venturini, le viene dal padre, scomparso quando aveva solo 10 anni. Il secondo, Fendi, non ha bisogno di presentazioni. Il suo problema, però, non sono i natali, ma quello che significano. "Da papà ho ereditato l'amore per la natura e per gli animali, soprattutto i cavalli" ci racconta durante la presentazione della nuova collezione di Carmina Campus. "Da mia madre, Anna, la passione per la moda". Vallo a spiegare, però, come possa l'erede di una maison contestata dagli animalisti, sognare di fare la veterinaria. Un ossimoro, capricci per ricchi. "Così ho scelto la moda e sono diventata capo progetto dell'ufficio stile di borse e scarpe per Fendissime e poi per Fendi". Qualcosa, però, non torna: le scelte a metà non le sono mai piaciute, anche se in famiglia le ripetono da sempre che la dedizione al lavoro è più importante dei dubbi. È la vita a mescolare le carte. All'inizio del 2000 inizia la vendita del marchio: la finanza entra a gamba tesa nella moda, il mondo fashion di ieri è ai tempi supplementari, anzi fuori gioco.
Ma si sa, un colpo mortale può essere un colpo vitale. Infatti Ilaria fa un colpo di testa: acquista un'azienda agricola dentro il Parco di Veio, alle porte di Roma, e la trasforma in un'attività biodinamica. Addio alla moda. Ha 100 pecore e produce soprattutto latte ovino. Ci ricava anche un'agriturismo. "Dopo tre anni di lavoro, mi sembrava di aver finalmente assecondato mio padre che mi voleva maschio e appassionata di agricoltura" ricorda. C'è sempre il problema dei nomi: vorrebbe chiamare il luogo "Carmina Campus", però le dicono che è troppo difficile, chi mai lo capirebbe su una guida turistica. Così, con un'altra via di mezzo, lo chiama "I casali del pino". Cambiano i ritmi: prima si viveva con l'orologio della moda, un tic tac senza tregua che ti costringe a pensare sempre al futuro. Niente presente: tutto è disegno, filo, stoffa, pelle, sfilata, vendita per poi ricominciare da capo. Ora ci sono il sole, gli animali, l'inverno e l'estate, il caldo e il freddo. Un ritorno al passato.
Un giorno, un'amica presidente dell'ONG Aidos le regala una borsa proveniente da una collezione per la sensibilizzazione contro l'infibulazione genitale femminile. Le mani di Ilaria si muovono da sole, imperativo categorico. Aprono i cassetti, tirano fuori i pezzi di ieri. E li appiccicano alla pochette, un patchwork di una vita, ricordi e sbagli, successi e errori. Quando si presenta con la creazione al braccio, tutti la vorrebbero scippare.
Inizia un nuovo capitolo: riassemblare. Lei, abituata al culto della novità, all'ordine del butta il vecchio per il nuovo. Questa volta il nome lo impone: Carmina Campus. Nessuna via di mezzo. Anzi, una sintesi: l'amore del padre per la natura e quello della madre per la moda.
Le avevano detto che era impossibile, stupido, un capriccio per ricchi. "Io scoprii che era naturale, la mia storia".
Poi, di nuovo, l'inaspettato. l'Università di Tor Vergata le chiede di ospitare nella sua tenuta degli apicoltori giunti dal Camerun per un seminario. Al termine, Ilaria vola in Africa per vedere i frutti dei suoi insegnamenti: "Appena scesa dall'aereo, mi regalarono un cappello, di quelli in tessuto intrecciato". Le mani (materne) si muovono un'altra volta da sole e lo trasformano in una borsa.
Nuovo giro, nuova corsa: perché non aiutare la micro artigianalità di quei luoghi? Le intenzioni sono buone, ma la strada porta all'inferno. Troppi problemi, macchinari persi, lavoranti sparite. Non si può fare da soli. "Ho capito che dovevo affidarmi a un'associazione importante, nel mio caso ITC (international trade center). Con loro la mia goccia nell'oceano ora ha un senso e un'efficacia".
Non chiamatela carità perché questo è lavoro. Dare un'opportunità a chi non vede l'ora di averla. Del resto, una donna con la macchina per cucire intesse mondi e storie e produce un angolo di ricchezza. Un uomo con la pistola, spara e uccide. Ilaria lo scopre visitando la discarica di Nairobi, in Kenia. "Ci arrivai con leggerezza, mi sembrava un luogo perfetto per il mio riciclo. E poi, a prima vista, è tutto bianco, plastica a pezzi ovunque, un paesaggio lunare". Peccato che, scoprirà a fine giornata, la gente muore di cancro ai polmoni a trent'anni quando ha la "fortuna" di non essere ammazzata prima. E nel cuore di questo luogo, vengono smaltiti i pranzi avanzati dei voli aerei. Il rito è macabro: tre processioni di disperati che si spartiscono il cibo avariato. Ai primi i migliori scarti, agli ultimi il resto di niente. È l'Africa, baby, la discarica del mondo. Una terra con un sottosuolo paradisiaco e un sopra-suolo che è simile all'inferno. Dante al contrario.
Durante la presentazione di Carmina Campus, si proietta il video girato nella discarica.
E si parla delle iniziative del progetto che ha reso possibile produrre una collezione di borse riciclate in Africa e di venderla nel tempio dello shopping più snob di Roma.
Con successo, per di più. "Sono cresciuta anch'io in una tribù, di sole donne" dice Ilaria. La sorella Silvia, volto di Fendi, abituata a Kaiser Karl (Lagerfeld) e alle luci della ribalta, le sorride e le rivolge uno sguardo così fraterno da lasciare storditi. Continua Ilaria: "Oggi ho la fortuna di fare quello che mi piace e soprattutto di credere in quello che faccio. È il mio contributo a una nuova visione del mondo e della produzione. È una goccia. Ma è la mia goccia. E quando l'anno scorso il sindaco Alemanno ha voluto regalare delle borse, con le frasi delle artigiane africane, alle first lady giunte per il G8, è stato come la realizzazione di un sogno". ----------------------------------------------------------------------------- sì: le ultime donne della Terra che scrivono una lettera alle prime. Una borsa per cucire uno strappo immenso come un oceano e lungo almeno cinque secoli di sfruttamento. La moda può essere anche questo.
Fonte: Seidimoda
dolcemagic- Sostenitore
- Numero di messaggi : 1817
Data d'iscrizione : 23.10.09
Età : 51
Località : Verbania ( lago Maggiore )!!!
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