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Un libro «Italiani in Kenya – Testimonianze» racconta la storia dei nostri connazionali nello stato africano
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Un libro «Italiani in Kenya – Testimonianze» racconta la storia dei nostri connazionali nello stato africano
Un libro «Italiani in Kenya – Testimonianze» racconta la storia dei nostri connazionali nello stato africano
Quando gli italiani emigravano in Africa
NAIROBI (KENYA) - Pochi lo sanno, ma la comunità italiana in Kenya è la seconda dopo quella britannica. I primi connazionali sono arrivati nell’ex colonia di Sua Maestà alla fine dell’800, missionari principalmente, e il grosso è arrivato dopo la seconda guerra mondiale. Gli italiani hanno contribuito in maniera decisiva alla costruzione del Kenya, realizzando strade, palazzi, dighe, ponti e poi al suo sviluppo, dopo l’indipendenza. La loro industriosità è celebrata in un libro edito dall’ambasciata italiana a Nairobi, «Italiani in Kenya – Testimonianze», scritto da Benedetta Lanfranchi e Elena Giorgianni, con l’introduzione dello stesso ambasciatore, Pier Andrea Magistrati.
IL LIBRO - Il volume sarà presentato a Nairobi. Spiega l’ambasciatore Magistrati: «La storia degli italiani nelle nostre ex colonie in Africa Orientale è nota. Ma la loro presenza in Kenya non è molto conosciuta. I nostri connazionali sono sbarcati quaggiù alla fine dell’800. Dai primi coraggiosi missionari, ai coltivatori di caffè e di the; dai prigionieri di guerra, agli organizzatori di Safari degli anni ’50; dai costruttori, agli ingegneri spaziali degli anni ’60, fino ad arrivare alle grandi imprese, ai medici, agli esperti di cooperazione dei giorni nostri». Il libro, in italiano con testo a fronte in inglese, narra alcune delle storie più interessanti: impossibile citare tutti i racconti e gli aneddoti riportati. Obbligatorio però parlare di Mama Africa, Nenella Tozzi, un’istituzione per tutti gli italiani che passano da Nairobi. Da settant’anni in Africa dell’Est, Nenella ha trasformato la sua bella villa in un centro di ritrovo. Ha ospitato alcuni dei personaggi più noti del secondo dopoguerra: da Vittorio Gasmann a Giorgio Albertazzi, da Pier Paolo Pasolini alle gemelle Kessler, a Rita Hayworth (al secolo Margarita Carmen Cansino), a Florinda Bolkan, a Enrico Maria Salerno, solo per ricordarne alcuni. Da lei ha dormito persino re Umberto II.
GLI ITALIANI - Gli italiani si occuparono anche di caffè, lanciando la produzione keniota. Aldo Soprani alternava il lavoro nella sua azienda con le corse dei cavalli. Il figlio, Alberto, vive ancora a Nairobi ed è il più importante importatore di vini italiani. Mentre Andrea e Elio Lolli, figli di Lelio, uno dei pionieri del caffè sono proprietari di una fabbrica di macchine agricole per la lavorazione dei chicchi, la Coffee Agriworks. Elio è anche proprietario di una squadra di calcio, la Thika United (nel villaggio di Thika aveva le sue aziende di caffè) che milita nella serie A keniota. Nel volume si ricordano tanti italiani, importanti per la crescita culturale del Kenya e per la nostra comunità, come la professoressa Giuliana Mollea Moretti, che ha insegnato la lingua italiana praticamente a tutti i figli dei connazionali (e non solo) dal 1964 in poi. Un capitolo è dedicato al professor Luigi Broglio, lo scienziato che volle intensamente la base spaziale italiana San Marco, poco a nord di Malindi, che realizzò nel 1966 e gestì praticamente fino a poco prima della morte, nel 2001. Broglio fece dell’Italia il terzo Paese al mondo a entrare nello spazio, dopo Unione Sovietica e Stati Uniti. L’imprenditoria italiana in Kenya si è distinta soprattutto negli anni ’70. Il primo supermercato del Paese fu aperto dalla Standa a Nairobi, di fronte al mercato coperto della capitale. Fu chiamato Uchumi (si potrebbe tradurre «L’affare») e la catena esiste ancora. Anche la prima filiale della Bata (i negozi di scarpe che oggi sono diffusissimi non solo in Kenya ma in tutto il mondo) fu aperta da un italiano, Cesari.
AIUTI UMANITARI - Non mancano i riferimenti a quanti si sono impegnati in prodigalità aiuti umanitari. Una lunga citazione viene riservata a Franco e Marinella De Paoli. Si sono stabiliti a Nairobi dopo che la guerra civile li aveva “cacciati” da Asmara, in Eritrea. Franco De Paoli ora è presidente del Comites (il Comitato degli italiani all’Estero) del Kenya ed è noto a tutti per la sua generosità. Rappresentante della società farmaceutica Farmitalia, fino a che la società non passò in mani straniere, era l’unico in tutto il mondo che aveva ottenuto il permesso, per ragioni etiche, di vendere i medicinali a un prezzo inferiore a quello stabilito: «Sulla salute della povera gente non si deve lucrare», sentenziò convinto la prima volta che lo incontrai, nel 1987. La moglie Marinella, tra le fondatrici di Amref, organizzazione non governativa di assistenza sanitaria, segue in particolar modo i progetti per l’appoggio ai bambini di strada in tutto il Kenya. La loro casa a Nairobi, viene sicuramente definita da tutta la comunità «la più accogliente». Ma alla costruzione del Kenya, specie negli ultimi anni, hanno partecipato anche «mezzi» italiani, cioè con un genitore non connazionale, come Carlo Van Wageningen il cui papà era olandese. Oggi è uno dei più apprezzati imprenditori del Paese.
Massimo A. Alberizzi
Fonte:www.corriere.it
Quando gli italiani emigravano in Africa
NAIROBI (KENYA) - Pochi lo sanno, ma la comunità italiana in Kenya è la seconda dopo quella britannica. I primi connazionali sono arrivati nell’ex colonia di Sua Maestà alla fine dell’800, missionari principalmente, e il grosso è arrivato dopo la seconda guerra mondiale. Gli italiani hanno contribuito in maniera decisiva alla costruzione del Kenya, realizzando strade, palazzi, dighe, ponti e poi al suo sviluppo, dopo l’indipendenza. La loro industriosità è celebrata in un libro edito dall’ambasciata italiana a Nairobi, «Italiani in Kenya – Testimonianze», scritto da Benedetta Lanfranchi e Elena Giorgianni, con l’introduzione dello stesso ambasciatore, Pier Andrea Magistrati.
IL LIBRO - Il volume sarà presentato a Nairobi. Spiega l’ambasciatore Magistrati: «La storia degli italiani nelle nostre ex colonie in Africa Orientale è nota. Ma la loro presenza in Kenya non è molto conosciuta. I nostri connazionali sono sbarcati quaggiù alla fine dell’800. Dai primi coraggiosi missionari, ai coltivatori di caffè e di the; dai prigionieri di guerra, agli organizzatori di Safari degli anni ’50; dai costruttori, agli ingegneri spaziali degli anni ’60, fino ad arrivare alle grandi imprese, ai medici, agli esperti di cooperazione dei giorni nostri». Il libro, in italiano con testo a fronte in inglese, narra alcune delle storie più interessanti: impossibile citare tutti i racconti e gli aneddoti riportati. Obbligatorio però parlare di Mama Africa, Nenella Tozzi, un’istituzione per tutti gli italiani che passano da Nairobi. Da settant’anni in Africa dell’Est, Nenella ha trasformato la sua bella villa in un centro di ritrovo. Ha ospitato alcuni dei personaggi più noti del secondo dopoguerra: da Vittorio Gasmann a Giorgio Albertazzi, da Pier Paolo Pasolini alle gemelle Kessler, a Rita Hayworth (al secolo Margarita Carmen Cansino), a Florinda Bolkan, a Enrico Maria Salerno, solo per ricordarne alcuni. Da lei ha dormito persino re Umberto II.
GLI ITALIANI - Gli italiani si occuparono anche di caffè, lanciando la produzione keniota. Aldo Soprani alternava il lavoro nella sua azienda con le corse dei cavalli. Il figlio, Alberto, vive ancora a Nairobi ed è il più importante importatore di vini italiani. Mentre Andrea e Elio Lolli, figli di Lelio, uno dei pionieri del caffè sono proprietari di una fabbrica di macchine agricole per la lavorazione dei chicchi, la Coffee Agriworks. Elio è anche proprietario di una squadra di calcio, la Thika United (nel villaggio di Thika aveva le sue aziende di caffè) che milita nella serie A keniota. Nel volume si ricordano tanti italiani, importanti per la crescita culturale del Kenya e per la nostra comunità, come la professoressa Giuliana Mollea Moretti, che ha insegnato la lingua italiana praticamente a tutti i figli dei connazionali (e non solo) dal 1964 in poi. Un capitolo è dedicato al professor Luigi Broglio, lo scienziato che volle intensamente la base spaziale italiana San Marco, poco a nord di Malindi, che realizzò nel 1966 e gestì praticamente fino a poco prima della morte, nel 2001. Broglio fece dell’Italia il terzo Paese al mondo a entrare nello spazio, dopo Unione Sovietica e Stati Uniti. L’imprenditoria italiana in Kenya si è distinta soprattutto negli anni ’70. Il primo supermercato del Paese fu aperto dalla Standa a Nairobi, di fronte al mercato coperto della capitale. Fu chiamato Uchumi (si potrebbe tradurre «L’affare») e la catena esiste ancora. Anche la prima filiale della Bata (i negozi di scarpe che oggi sono diffusissimi non solo in Kenya ma in tutto il mondo) fu aperta da un italiano, Cesari.
AIUTI UMANITARI - Non mancano i riferimenti a quanti si sono impegnati in prodigalità aiuti umanitari. Una lunga citazione viene riservata a Franco e Marinella De Paoli. Si sono stabiliti a Nairobi dopo che la guerra civile li aveva “cacciati” da Asmara, in Eritrea. Franco De Paoli ora è presidente del Comites (il Comitato degli italiani all’Estero) del Kenya ed è noto a tutti per la sua generosità. Rappresentante della società farmaceutica Farmitalia, fino a che la società non passò in mani straniere, era l’unico in tutto il mondo che aveva ottenuto il permesso, per ragioni etiche, di vendere i medicinali a un prezzo inferiore a quello stabilito: «Sulla salute della povera gente non si deve lucrare», sentenziò convinto la prima volta che lo incontrai, nel 1987. La moglie Marinella, tra le fondatrici di Amref, organizzazione non governativa di assistenza sanitaria, segue in particolar modo i progetti per l’appoggio ai bambini di strada in tutto il Kenya. La loro casa a Nairobi, viene sicuramente definita da tutta la comunità «la più accogliente». Ma alla costruzione del Kenya, specie negli ultimi anni, hanno partecipato anche «mezzi» italiani, cioè con un genitore non connazionale, come Carlo Van Wageningen il cui papà era olandese. Oggi è uno dei più apprezzati imprenditori del Paese.
Massimo A. Alberizzi
Fonte:www.corriere.it
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