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Messaggio Da fio Dom Ago 30, 2009 12:56 pm

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Essere keniani significa vivere con la maledizione di un sistema che fa finta di funzionare

Quando si incontrano due o tre keniani appartenenti alla casta dei professionisti, spesso parlano di quanto sono professionali. Siamo molto professionali, dice uno, e l'altro fa di sì con la testa. Sono i nostri professionisti che hanno costruito il Botswana moderno, dice l'altro, e tu annuisci.
Lo sapevate che di tutti i paesi africani il Kenya è quello che manda più studenti in America? I nostri professionisti si lamentano quando vengono trasferiti in Uganda, in Tanzania o persino in Sudafrica: quella gente non sa lavorare; fanno una pausa pranzo infinita; non sono capaci di risparmiare.
Mangiano roba speziata che fa male allo stomaco. I colori che si mettono addosso quelli del Ghana sono un pugno nell'occhio. Non danno un'impressione di serietà: tutti quei disegnatori di moda, quei tessuti cerati... Lo sapete che tanti ricchi nigeriani mandano i figli nelle nostre università?
Naturalmente la tragica verità di tutta la faccenda è che statisticamente noi siamo altrettanto poveri e vulnerabili di tutta quella gente povera e vestita con troppi colori che mangia roba speziata ed è incompatibile con la cultura aziendale della Deloitte&Touche.
Essere keniani significa vivere con la maledizione di un sistema che fa finta di funzionare. In Kenya scuole, ospedali, aziende, banche efficienti e grattacieli sono abbastanza numerosi da farsi notare da tutti. Quel che nessuno dice è che tanto ben di Dio è alla portata di quel misero 5 per cento che riesce a superare i filtri.
Ecco allora che i corpi vengono compressi perché siano della forma giusta per passare attraverso quell'imbuto che si chiama progresso: per un diploma ci si vende fino all'ultima vacca, per iscriversi a scuola la gente dorme davanti agli uffici dei burocrati, le accademie per secchioni svegliano i ragazzini di 11 anni alle 4 di mattina.
Ci sono mamme che comprano dai mugnai certe "farine per il cervello" da far mangiare ai loro figli ambiziosi. Si passano le vacanze scolastiche in campeggi dove gli istruttori sono pagati fior di quattrini per martellare equazioni di secondo grado nei giovani cervelli concimati a farina di pesce.
Per i temi d'inglese si mandano a memoria tracce che devono contenere almeno tre proverbi e quattro similitudini. Si imparano a pappagallo frasi fatte come "As black as my grandmother's cooking pot" (nero come il fondo della padella di mia nonna).
Ogni anno, quando vengono annunciate le migliori pagelle del paese, si porta in processione qualche ragazzino che ha preso 488 su 500 e proclama ai quattro venti: "Ho studiato 17 ore al giorno con l'aiuto dei miei genitori. Ho imparato a memoria 1.400 similitudini e 48mila temi. La sera prima dell'esame l'insegnante ci ha fatto ripassare tutto il programma".
Perché quella scolastica è l'industria più grande e più attiva in Kenya, anche più delle chiese. E tutti questi sforzi servono a conquistare qualche posto in 4 o 5 scuole d'eccellenza oppure 4 o 5 ottimi posti di lavoro.
I robot con l'encefalogramma piatto che produciamo sono stati ridotti all'obbedienza, al punto che corrono in giro per la città maneggiando buste di carta con dentro curriculum e lettere di presentazione, e trascorrono ore di supplizio negli internet café a cercarsi una borsa di studio.
Il pensiero creativo, il coraggio delle idee, la capacità di far da sé gli vengono estirpate fino all'ultimo grammo. Siamo riusciti a fabbricare degli esseri che possono diventare bravi archivisti, ottimi ragionieri. Esportiamo a Dubai degli chef in seconda dai modi impeccabili.
Abbiamo preso il sistema coloniale, ideato per produrre individui obbedienti che non fanno domande, e l'abbiamo perfezionato. E adesso ci ritroviamo un sistema che serve a produrre persone che aspirano solo ad avere un diploma di carta per farne parte. Le idee non hanno nessun valore. L'imitazione è Dio.
'immaginazione – l'intangibile prodotto del bambino che leggeva sempre e aveva tanto orecchio per la musica e metteva sempre in mutande gli insegnanti e poi un giorno ha fondato un'azienda veramente innovativa – è stata disciolta e portata via.
In questo ultimo periodo abbiamo visto la nostra scuola superiore accasciarsi sotto il peso di anni e anni di idiozie. Gli esami si possono comprare, e c'è perfino chi dice che gli insegnanti mettono voti finti agli esami finali perché non sanno correggere i compiti.
Ultimamente, a causa degli esami truccati, in più di 300 scuole c'è stata una rivolta. Allora il governo si è riunito e ha deciso che il problema era "l'eccesso di democrazia". E ha rimesso le punizioni corporali. Siamo alle solite.
Ogni problema del Kenya si risolve nello stesso modo: bastonando i cittadini, così sono loro a pagare di persona per l'incompetenza del ministro dell'istruzione o per l'incompetenza dei loro politici xenofobi. In una cosa siamo veramente bravi: sappiamo chinare il capo e ricavare dei vantaggi meschini diventando cinici adulatori e procacciatori di affarucci per grandi uomini.
Abbiamo imparato che le idee sono pericolose. Innovare significa minacciare il potere. Il nostro paese è un impero, e noi, come all'epoca coloniale, siamo corpi africani al servizio di una classe politica imperiale che inventa questa o quella politica..
FONTE:Binyavanga Wainaina
È uno scrittore e giornalista keniano che scrive per il giornale sudafricano Mail & Guardian. Ha vinto il Caine prize for African writing.
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