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Messaggio Da fio Ven Dic 11, 2009 11:39 am

Africa - Una scuola per tutti

Ogni bambino dovrebbe poter andare a scuola. O almeno così dovrebbe essere. Per tanti bimbi, però, il diritto all'istruzione resta ancora un miraggio. Nonostante sia dallo studio che passino le possibilità di sviluppo e modernizzazione, i dati forniti dall'Unesco, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura, mostrano un quadro inquietante del panorama dell'istruzione mondiale. Per poter raggiungere gli obiettivi educativi fissati dall'Unesco, da qui fino al 2015 il numero degli insegnanti dovrà essere aumentato di 2,3 milioni di unità. Senza maestri non c'è scuola. Se la carenza di personale scolastico riguarda tutto il mondo, si fa sentire con maggiore forza nelle aree segnate dalla povertà e dalla guerra. Nello Yemen, in Palestina, in Afghanistan, in Bangladesh, a Timor Est i bambini si trovano a fare i conti non solo con la miseria, la guerra e l'instabilità, ma anche con l'impossibilità di andare a scuola e avere un insegnante. E' infatti l'Africa Subsahariana la zona dove l'emergenza scolastica assume i tratti dell'emergenza. In quest'area la carenza di maestri della scuola primaria è divenuta cronica. La maggior parte dei Paesi sono stati costretti a tagliare le spese per il reclutamento dei professori sotto la pressione dei finanziatori e delle banche che esigono l'attuazione di economie di bilancio.
L'istruzione non fa profitto e molti governi hanno pensato bene di tagliare fondi e finanziamenti a questo settore. Molte comunità e villaggi dell'Africa Subsahariana sono costrette a reclutare da soli degli insegnanti per poter garantire ai più piccoli il diritto allo studio. La Repubblica centrafricana, l'Eritrea, il Ciad, il Niger, il Burkina Faso, la Repubblica democratica del Congo, l'Uganda, la Tanzania sono le nazioni dove la carenza di personale didattico è superiore al 18 percento e che sono attraversate dalle maggiori difficoltà. Sebbene il panorama dell'istruzione africana sia caratterizzato da tanti e diversi problemi, non mancano dei segnali di speranza dovuti all'intraprendenza delle famiglie e delle organizzazioni non governative.
Nello Zambia, ad esempio, si iniziano ad intravedere i primi barlumi di un cambiamento di rotta. “Ho insegnato a Mazabuka, città vicino a Lusaka, la capitale, per quattro anni ed è stata un'esperienza che non posso dimenticare, anche ora che non vivo più in Africa. Dai ragazzi ho imparato e ricevuto tanto e spero di essere stato un bravo professore”. A raccontarlo è Lloyd Chibenga di AbcZambia, onlus da molti anni attiva nel Paese che gestisce la Luyobolola Community School con lo scopo di garantire un'istruzione a bambini e ragazzi orfani o che provengono da famiglie estremamente disagiate e che non avrebbero altra possibilità di andare a scuola per problemi economici. Fondata nel 2001, la scuola accoglie oggi oltre settecento studenti. “Non è che non ci siano insegnanti in Africa - prosegue Lloyd – tanti, però, faticano a trovare lavoro. Molti professori, inoltre, vogliono insegnare città, perché c'è l'elettricità, l'acqua potabile, i supermercati. Nessuno è interessato a fare il maestro nei villaggi: in questi posti non esistono servizi e si è tagliati fuori da tutto”. Per fare scuola in Africa bisogna scontrarsi con molte difficoltà, non ultima la mancanza di materiale didattico. “Molti bambini – prosegue Lloyd – non possono permettersi di comprare i libri o i quaderni e in queste circostanze è difficile insegnare. E' impossibile, ad esempio, assegnare i compiti da fare a casa. Su una classe di quaranta ragazzi, solo due o tre hanno a disposizione i libri, mentre gli altri non possono permetterseli”. Nonostante oggi Lloyd non viva più in Zambia, ha continuato nel campo dell'insegnamento e ora fa l'educatore in una scuola italiana. “E' molto diverso il contesto scolastico italiano da quello zambiano – conclude l'insegnante della onlus -. Per mancanza di spazi alcuni ragazzi vengono a scuola dalle 7 alle 12.30 e gli altri iniziano alle 13.30. C'è molta voglia di studiare e si fanno molti sacrifici, anche perché in Zambia chi non va a scuola non ha alcuna possibilità di trovare un lavoro. E' forte il desiderio di riscatto, di arrivare ad essere qualcuno”.
Fonte: Peacereporter
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