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La paura delle guerre ambientali
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La paura delle guerre ambientali
Africa orientale - La paura delle guerre ambientali (Greenreport, 27/08/09)
Mentre nella capitale Nairobi continua il World congress on agroforestry, dal Kenya arriva un preoccupato allarme: alcuni esperti ambientali hanno evidenziato che il global warming rischia di aumentare la frequenza e l'intensità di eventi climatici estremi nel Paese africano. Siccità e inondazioni «potrebbero portare a maggiori conflitti nelle regioni aride del nord-est del Paese», ai confini con la disperata Somalia e la turbolenta Etiopia delle molte etnie. Secondo Richard Odingo, vice-presidente del comitato intergovernativo dell'Onu sul cambiamento climatico ha detto che «I governi dei Paesi sviluppati non sono riusciti a raggiungere un consenso sui modi migliori destinati a risolvere i problemi causati dal riscaldamento climatico e le pesanti conseguenze che potrebbero derivarne». Intanto lo spettro della crisi si fa ogni giorno più concreto: il Programma alimentare mondiale dell'Onu (Wpf) ha lanciato l'ennesimo appello per aiuti urgenti per almeno 230 milioni di dollari che serviranno a far sopravvivere nei prossimi 6 mesi almeno 3,8 milioni di persone, mentre la siccità si aggrava in numerose zone del Kenya ed i prezzi dei generi alimentari restano elevati Il direttore del Wpf in Kenya, Burkard Oberle, spiega che «E' allarme rosso nel Paese. La gente ha fame e la malnutrizione colpisce sempre più bambini piccoli, il bestiame muore. Ci confrontiamo con una grande sfida e ci appelliamo alla comunità internazionale perché ci fornisca le risorse delle quali abbiamo bisogno per fare il nostro lavoro». Attualmente il Wfp aiuta 2,6 milioni di kenyani colpiti dalla siccità distribuendo cibo, mentre il governo di Nairobi ha assicurato che fornirà aiuti ad altri 1,2 milioni di persone in crisi per la siccità, ma ad iniziare dalla fine di ottobre. Ma tutto questo solo se arriveranno davvero I soldi dei donatori, ad esempio quelli nuovamente solennemente promessi al summit del G8 di luglio a L'Aquila. Il Wfp in un suo comunicato spiega il perché di questa crisi umanitaria e ambientale: «Numerosi parti del Paese hanno conosciuto, tre, anche quattro, stagioni delle piogge consecutive che non hanno dato le precipitazioni attese e le condizioni dovrebbero deteriorarsi maggiormente nel corso dei prossimi mesi. Secondo le valutazioni del governo, il principale raccolto di mais dovrebbe essere inferiore del 28% in rapporto alla media di 5 anni. I pascoli e l'acqua per il bestiame diminuiscono rapidamente».
La fame e la malnutrizione stanno colpendo durissimamente le comunità di pastori che non riescono più accedere al cibo che costa dal 100 al 130% più del normale, mentre I prezzi del loro bestiame, in pessime conf dizioni, continuano a calare. Il Wfp spiega che «La vendita di una capra permetteva di acquistare 90 chili di mais, ma attualmente in certi luoghi occorrono fino a 4 capre per acquistare la stessa quantità di mais. La maggior parte dei pastori è obbligata a migrare su lunghe distanze con il loro bestiame per trovare dei pascoli, lasciando le loro donne ed i loro bambini senza accesso al latte, un elemento essenziale per il loro nutrimento». Dall'inizio dell'anno la crisi dell'agricoltura e la fame si stanno estendendo anche ad alcune zone dell'Uganda e i fenomeni sono ormai endemici nel Sud Sudan dove gli scontri ed i massacri etnici per le risorse naturali sono ormai quotidiani. Durante un forum dell'East african community (Eac) sul clima, il primo ministro del Kenya, Raila Odinga, ha detto che, a causa del cambiamento climatico, il suo Paese potrebbe non rispettare gli obiettivi di sviluppo economico contenuti nel progetto governativo "Vision 2030": «Con le difficoltà che si profilano per l'avvenire, il governo ha davvero i mezzi per raggiungere gli obiettivi? - si è chiesto - La siccità che conosce attualmente il Paese comporta dei segni che lasciano presagire che sarà impossibile raggiungere gli obiettivi definiti nel progetto "Vision 2030". La siccità ha non d solo sprofondato più di 10 milioni di kenyani nella fame, ma ha anche devastato molte imprese. La mancanza di acqua nelle dighe ha fatto calare la produzione di elettricità, provocando la chiusura di dic verse industrie non più sufficientemente alimentate di elettricità. Le precipitazioni sono state inferiori al normale e mal ripartite nella maggioranza dei Paesi della regione tra marzo e maggio 2009, esercitando un impatto negativo, soprattutto sull'allevamento, la produzione agricola e la produzione di elettricità».
Mentre nella capitale Nairobi continua il World congress on agroforestry, dal Kenya arriva un preoccupato allarme: alcuni esperti ambientali hanno evidenziato che il global warming rischia di aumentare la frequenza e l'intensità di eventi climatici estremi nel Paese africano. Siccità e inondazioni «potrebbero portare a maggiori conflitti nelle regioni aride del nord-est del Paese», ai confini con la disperata Somalia e la turbolenta Etiopia delle molte etnie. Secondo Richard Odingo, vice-presidente del comitato intergovernativo dell'Onu sul cambiamento climatico ha detto che «I governi dei Paesi sviluppati non sono riusciti a raggiungere un consenso sui modi migliori destinati a risolvere i problemi causati dal riscaldamento climatico e le pesanti conseguenze che potrebbero derivarne». Intanto lo spettro della crisi si fa ogni giorno più concreto: il Programma alimentare mondiale dell'Onu (Wpf) ha lanciato l'ennesimo appello per aiuti urgenti per almeno 230 milioni di dollari che serviranno a far sopravvivere nei prossimi 6 mesi almeno 3,8 milioni di persone, mentre la siccità si aggrava in numerose zone del Kenya ed i prezzi dei generi alimentari restano elevati Il direttore del Wpf in Kenya, Burkard Oberle, spiega che «E' allarme rosso nel Paese. La gente ha fame e la malnutrizione colpisce sempre più bambini piccoli, il bestiame muore. Ci confrontiamo con una grande sfida e ci appelliamo alla comunità internazionale perché ci fornisca le risorse delle quali abbiamo bisogno per fare il nostro lavoro». Attualmente il Wfp aiuta 2,6 milioni di kenyani colpiti dalla siccità distribuendo cibo, mentre il governo di Nairobi ha assicurato che fornirà aiuti ad altri 1,2 milioni di persone in crisi per la siccità, ma ad iniziare dalla fine di ottobre. Ma tutto questo solo se arriveranno davvero I soldi dei donatori, ad esempio quelli nuovamente solennemente promessi al summit del G8 di luglio a L'Aquila. Il Wfp in un suo comunicato spiega il perché di questa crisi umanitaria e ambientale: «Numerosi parti del Paese hanno conosciuto, tre, anche quattro, stagioni delle piogge consecutive che non hanno dato le precipitazioni attese e le condizioni dovrebbero deteriorarsi maggiormente nel corso dei prossimi mesi. Secondo le valutazioni del governo, il principale raccolto di mais dovrebbe essere inferiore del 28% in rapporto alla media di 5 anni. I pascoli e l'acqua per il bestiame diminuiscono rapidamente».
La fame e la malnutrizione stanno colpendo durissimamente le comunità di pastori che non riescono più accedere al cibo che costa dal 100 al 130% più del normale, mentre I prezzi del loro bestiame, in pessime conf dizioni, continuano a calare. Il Wfp spiega che «La vendita di una capra permetteva di acquistare 90 chili di mais, ma attualmente in certi luoghi occorrono fino a 4 capre per acquistare la stessa quantità di mais. La maggior parte dei pastori è obbligata a migrare su lunghe distanze con il loro bestiame per trovare dei pascoli, lasciando le loro donne ed i loro bambini senza accesso al latte, un elemento essenziale per il loro nutrimento». Dall'inizio dell'anno la crisi dell'agricoltura e la fame si stanno estendendo anche ad alcune zone dell'Uganda e i fenomeni sono ormai endemici nel Sud Sudan dove gli scontri ed i massacri etnici per le risorse naturali sono ormai quotidiani. Durante un forum dell'East african community (Eac) sul clima, il primo ministro del Kenya, Raila Odinga, ha detto che, a causa del cambiamento climatico, il suo Paese potrebbe non rispettare gli obiettivi di sviluppo economico contenuti nel progetto governativo "Vision 2030": «Con le difficoltà che si profilano per l'avvenire, il governo ha davvero i mezzi per raggiungere gli obiettivi? - si è chiesto - La siccità che conosce attualmente il Paese comporta dei segni che lasciano presagire che sarà impossibile raggiungere gli obiettivi definiti nel progetto "Vision 2030". La siccità ha non d solo sprofondato più di 10 milioni di kenyani nella fame, ma ha anche devastato molte imprese. La mancanza di acqua nelle dighe ha fatto calare la produzione di elettricità, provocando la chiusura di dic verse industrie non più sufficientemente alimentate di elettricità. Le precipitazioni sono state inferiori al normale e mal ripartite nella maggioranza dei Paesi della regione tra marzo e maggio 2009, esercitando un impatto negativo, soprattutto sull'allevamento, la produzione agricola e la produzione di elettricità».
fio- Sostenitore
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Data d'iscrizione : 21.04.09
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Località : Como-Malindi-Africa
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