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Scagionato Padre Kizito. La polizia: «Non è un pedofilo»
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Scagionato Padre Kizito. La polizia: «Non è un pedofilo»
Kenya - Scagionato Padre Kizito. La polizia: «Non è un pedofilo»
Eric Kiraithe, il capo della polizia di Nairobi, in una dichiarazione pubblica ha scagionato completamente il missionario comboniano italiano, Padre Renato Kizito Sesana, dall’accusa di pedofilia rivoltagli a metà giugno da due suoi collaboratori. «Le indagini che abbiamo effettuato sui presunti abusi sessuali di padre Kizito – ha dichiarato l’ufficiale – non hanno trovato nessuna prova e nessun indizio. L’implicazione del sacerdote in azioni di questo tipo non è stata neanche lontanamente provata. Su di lui non c’è proprio niente». Quindi assoluzione piena per il missionario, tra l’altro ex direttore della combattiva rivista comboniana Nigrizia, conosciutissimo per le sue attività umanitarie in Kenya, in Sudan e in Tanzania. La sua organizzazione vive di lasciti e finanziamenti filantropici e poiché il lavoro è giudicato più che eccellente, negli anni Kizitoha messo insieme una fortuna, che ha messo a disposizione dei poveri. Terreni sui quali ha edificato i centri di aiuto e recupero. Valore più o meno 5 milioni di euro.
Le testimonianze - Così qualcuno ha pensato bene di portarglieli via e ha lanciato le accuse infamanti, per screditarlo, farlo cacciare ignominiosamente dal Kenya e impadronirsi di tutto. Kizito ha dimostrato la sua innocenza come aveva promesso al Corriere della Sera dopo che la catena televisiva KTN (Kenyan Television Network) aveva lanciato le accuse attraverso testimonianze che alla fine si sono dimostrate maldestramente false e completamente inventate. La trappola al missionario è stata da due dei suoi più fidati, vecchi e validi collaboratori che lavoravano con lui da oltre 20 anni. «Ragazzi che ho fatto studiare – racconta il comboniano - e ho mandato all’università. Di loro mi fidavo ciecamente e infatti avevano la firma sui conti delle mie organizzazioni». «Ai primi di gennaio sono partito per la Tanzania con l’intenzione di rimanervi fino a giugno – ricorda il sacerdote -. Cercavo di controllare a distanza ciò che accadeva a Nairobi. Mi avevano insospettito alcune operazioni: il licenziamento di preziosi collaboratori e l’assunzione di altri senza alcuna comunicazione. Ho chiesto spiegazioni ma le risposte erano vaghe o minacciose. I due traditori mi continuavano a ripetere che circolavano voci e accuse di pedofilia. Cercavano di convincermi che sarebbe stato meglio per me restare lontano da Nairobi. Loro avrebbero gestito tutto».
La vendetta - Il missionario vuole vederci chiaro e torna alla chetichella nella capitale keniota e riesce a bloccare i due aiutanti sleali e infedeli che avevano già avviato la vendita a loro stessi di tutti i beni della sua organizzazione umanitaria. Naturalmente immediatamente scatta la vendetta: una trasmissione televisiva in cui due testimoni accusano il sacerdote di molestie al Koinonia Centre, il centro di recupero dei ragazzi di strada di Nairobi. «Abbiamo scoperto che erano stati pagati grazie a un terzo giovane che ha rifiutato 800 euro e non si è fatto corrompere». A Nairobi padre Renato «Kizito» Sesana lo conoscono tutti. Con il suo barbone e i suoi capelli brizzolati è diventato l’icona del buon pastore; colui che aiuta i poveri (i ragazzi di strada soprattutto) ed è riuscito con gran capacità organizzativa e caparbietà testarda a mettere in piedi quattro centri di accoglienza nelle zone più malfamate della capitale keniota e un ostello, lo «Shalom House», dove chi arriva per lavorare in qualche organizzazione umanitaria può alloggiare in buone condizioni a prezzi assai contenuti. Kizito è felice delle conclusioni dell’inchiesta: «Le accuse mi hanno infangato in un attimo ma i miei amici mi si sono stretti intorno. Continuerò il mio lavoro come sempre. I bambini di strada hanno bisogno di me». Il caso di padre Kizito ha innescato roventi polemiche in Kenya con i due gruppi editoriali leader nel Paese che si sono scontrati pesantemente: Lo Standard Group (cui fa capo il network KTN) con il suo quotidiano omonimo colpevolista; il Nation Media Group con quotidiano e tv innocentista. Ci si domanda poi cosa ha spinto alcuni deputati come Bonny Khalwale and Millie Odhiambo a prendere posizione contro il missionario «senza svolgere indagini esaustive sulle accuse lanciate impropriamente», come scrive la rivista dei comboniani kenioti New People. Le accuse verso padre Kizito arrivano dopo altre, altrettanto infondate rivolte a italiani: contro i Ricci, ad esempio, accusati falsamente di essere trafficanti di droga e rinchiusi in una galera keniota fino alla sentenza di completa assoluzione, o Medardo Caretta, accusato di pedofilia con il solo intento di ricattarlo e ottenere per lasciar cadere le accuse fasulle in cambio di una congrua cifra di denaro..
FONTE: * Massimo A. Alberizzi (Il Corriere della sera, 25/08/2009)
Eric Kiraithe, il capo della polizia di Nairobi, in una dichiarazione pubblica ha scagionato completamente il missionario comboniano italiano, Padre Renato Kizito Sesana, dall’accusa di pedofilia rivoltagli a metà giugno da due suoi collaboratori. «Le indagini che abbiamo effettuato sui presunti abusi sessuali di padre Kizito – ha dichiarato l’ufficiale – non hanno trovato nessuna prova e nessun indizio. L’implicazione del sacerdote in azioni di questo tipo non è stata neanche lontanamente provata. Su di lui non c’è proprio niente». Quindi assoluzione piena per il missionario, tra l’altro ex direttore della combattiva rivista comboniana Nigrizia, conosciutissimo per le sue attività umanitarie in Kenya, in Sudan e in Tanzania. La sua organizzazione vive di lasciti e finanziamenti filantropici e poiché il lavoro è giudicato più che eccellente, negli anni Kizitoha messo insieme una fortuna, che ha messo a disposizione dei poveri. Terreni sui quali ha edificato i centri di aiuto e recupero. Valore più o meno 5 milioni di euro.
Le testimonianze - Così qualcuno ha pensato bene di portarglieli via e ha lanciato le accuse infamanti, per screditarlo, farlo cacciare ignominiosamente dal Kenya e impadronirsi di tutto. Kizito ha dimostrato la sua innocenza come aveva promesso al Corriere della Sera dopo che la catena televisiva KTN (Kenyan Television Network) aveva lanciato le accuse attraverso testimonianze che alla fine si sono dimostrate maldestramente false e completamente inventate. La trappola al missionario è stata da due dei suoi più fidati, vecchi e validi collaboratori che lavoravano con lui da oltre 20 anni. «Ragazzi che ho fatto studiare – racconta il comboniano - e ho mandato all’università. Di loro mi fidavo ciecamente e infatti avevano la firma sui conti delle mie organizzazioni». «Ai primi di gennaio sono partito per la Tanzania con l’intenzione di rimanervi fino a giugno – ricorda il sacerdote -. Cercavo di controllare a distanza ciò che accadeva a Nairobi. Mi avevano insospettito alcune operazioni: il licenziamento di preziosi collaboratori e l’assunzione di altri senza alcuna comunicazione. Ho chiesto spiegazioni ma le risposte erano vaghe o minacciose. I due traditori mi continuavano a ripetere che circolavano voci e accuse di pedofilia. Cercavano di convincermi che sarebbe stato meglio per me restare lontano da Nairobi. Loro avrebbero gestito tutto».
La vendetta - Il missionario vuole vederci chiaro e torna alla chetichella nella capitale keniota e riesce a bloccare i due aiutanti sleali e infedeli che avevano già avviato la vendita a loro stessi di tutti i beni della sua organizzazione umanitaria. Naturalmente immediatamente scatta la vendetta: una trasmissione televisiva in cui due testimoni accusano il sacerdote di molestie al Koinonia Centre, il centro di recupero dei ragazzi di strada di Nairobi. «Abbiamo scoperto che erano stati pagati grazie a un terzo giovane che ha rifiutato 800 euro e non si è fatto corrompere». A Nairobi padre Renato «Kizito» Sesana lo conoscono tutti. Con il suo barbone e i suoi capelli brizzolati è diventato l’icona del buon pastore; colui che aiuta i poveri (i ragazzi di strada soprattutto) ed è riuscito con gran capacità organizzativa e caparbietà testarda a mettere in piedi quattro centri di accoglienza nelle zone più malfamate della capitale keniota e un ostello, lo «Shalom House», dove chi arriva per lavorare in qualche organizzazione umanitaria può alloggiare in buone condizioni a prezzi assai contenuti. Kizito è felice delle conclusioni dell’inchiesta: «Le accuse mi hanno infangato in un attimo ma i miei amici mi si sono stretti intorno. Continuerò il mio lavoro come sempre. I bambini di strada hanno bisogno di me». Il caso di padre Kizito ha innescato roventi polemiche in Kenya con i due gruppi editoriali leader nel Paese che si sono scontrati pesantemente: Lo Standard Group (cui fa capo il network KTN) con il suo quotidiano omonimo colpevolista; il Nation Media Group con quotidiano e tv innocentista. Ci si domanda poi cosa ha spinto alcuni deputati come Bonny Khalwale and Millie Odhiambo a prendere posizione contro il missionario «senza svolgere indagini esaustive sulle accuse lanciate impropriamente», come scrive la rivista dei comboniani kenioti New People. Le accuse verso padre Kizito arrivano dopo altre, altrettanto infondate rivolte a italiani: contro i Ricci, ad esempio, accusati falsamente di essere trafficanti di droga e rinchiusi in una galera keniota fino alla sentenza di completa assoluzione, o Medardo Caretta, accusato di pedofilia con il solo intento di ricattarlo e ottenere per lasciar cadere le accuse fasulle in cambio di una congrua cifra di denaro..
FONTE: * Massimo A. Alberizzi (Il Corriere della sera, 25/08/2009)
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Data d'iscrizione : 21.04.09
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