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Hu Jintao ritorna dalla caccia grossa in Africa
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Hu Jintao ritorna dalla caccia grossa in Africa
Hu Jintao ritorna dalla caccia grossa in Africa.Il petrolio kenyota è il suo ennesimo trofeo.
Si è concluso ieri in Kenya il lungo tour internazionale del presidente cinese Hu Jintao.
Si è chiuso a Nairobi con la firma dell’ultimo di una serie di accordi che hanno intensi- ficato i rapporti economici tra la Cina e il continente africano, orientati verso la nascita di una “partnership strategica”.
Il ministro dell’energia kenyota, Henry Obwocha, non si è pronunciato sul valore dell’accordo ventennale con la compagnia petrolifera nazionale cinese Cnooc (che interesserà 115,343 chilometri quadrati, a sud e a nord del paese), ma per avere un metro di paragone l’intesa con la Nigeria firmata mercoledì scorso è del valore di quattro miliardi di dollari.
Il giro di Hu era iniziato negli Stati Uniti, dove – come osservava sul Guardian Edgar Lin, diplomatico taiwanese a Londra – ai fallimenti sui temi dei diritti umani, del commercio e del disarmo nucleare si era aggiunto quello sul futuro di Taiwan. E prima di Nairobi aveva fatto tappa in Arabia Saudita, in Marocco e, per l’appunto, in Nigeria (primo produttore africano e settimo mondiale di crudo, una terra che per gli Stati Uniti è invece recentemente diventata fonte “instabile” e non amichevole).
È la Cina del miracolo cinese, quella che Hu Jintao ha rappresentato in questi giorni, lì dove la crescita economica – come scrive l’Independent – «ha raggiunto il 10,2 percento nel primo trimestre del 2009».
Il Kenya è entrato dunque a far parte della “campagna acquisti” di Hu, ma allo stesso tempo ha manifestato, così come anche il Marocco prima, una serie di preoccupazioni legate in egual misura alla protezione dei propri interessi commerciali di fronte a un mercato esuberante come quello cinese («Sta uccidendo le nostre piccole e medie imprese», dichiara Jasper Okelo dell’Università di Nairobi) e alla sopravvivenza dei legami commerciali preferenziali con l’America.
Legami (soprattutto per quanto riguarda l’industria tessile) garantiti da quell’African Growth and Opportunity Act (l’AGoa, nato nel 2000) che il ministro del commercio kenyota Mukhisa Kituyi ha chiesto alla Cina, anche da parte dei suoi omologhi dell’Unione africana, di non contrastare.
FONTE: Daily Nation
Si è concluso ieri in Kenya il lungo tour internazionale del presidente cinese Hu Jintao.
Si è chiuso a Nairobi con la firma dell’ultimo di una serie di accordi che hanno intensi- ficato i rapporti economici tra la Cina e il continente africano, orientati verso la nascita di una “partnership strategica”.
Il ministro dell’energia kenyota, Henry Obwocha, non si è pronunciato sul valore dell’accordo ventennale con la compagnia petrolifera nazionale cinese Cnooc (che interesserà 115,343 chilometri quadrati, a sud e a nord del paese), ma per avere un metro di paragone l’intesa con la Nigeria firmata mercoledì scorso è del valore di quattro miliardi di dollari.
Il giro di Hu era iniziato negli Stati Uniti, dove – come osservava sul Guardian Edgar Lin, diplomatico taiwanese a Londra – ai fallimenti sui temi dei diritti umani, del commercio e del disarmo nucleare si era aggiunto quello sul futuro di Taiwan. E prima di Nairobi aveva fatto tappa in Arabia Saudita, in Marocco e, per l’appunto, in Nigeria (primo produttore africano e settimo mondiale di crudo, una terra che per gli Stati Uniti è invece recentemente diventata fonte “instabile” e non amichevole).
È la Cina del miracolo cinese, quella che Hu Jintao ha rappresentato in questi giorni, lì dove la crescita economica – come scrive l’Independent – «ha raggiunto il 10,2 percento nel primo trimestre del 2009».
Il Kenya è entrato dunque a far parte della “campagna acquisti” di Hu, ma allo stesso tempo ha manifestato, così come anche il Marocco prima, una serie di preoccupazioni legate in egual misura alla protezione dei propri interessi commerciali di fronte a un mercato esuberante come quello cinese («Sta uccidendo le nostre piccole e medie imprese», dichiara Jasper Okelo dell’Università di Nairobi) e alla sopravvivenza dei legami commerciali preferenziali con l’America.
Legami (soprattutto per quanto riguarda l’industria tessile) garantiti da quell’African Growth and Opportunity Act (l’AGoa, nato nel 2000) che il ministro del commercio kenyota Mukhisa Kituyi ha chiesto alla Cina, anche da parte dei suoi omologhi dell’Unione africana, di non contrastare.
FONTE: Daily Nation
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