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Se giochi a calcio ti ammazzano
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Se giochi a calcio ti ammazzano
“Se giochi a calcio ti ammazzano”
20 marzo 2012
La giovane Maymud è stata costretta a scappare via dalla Somalia per coltivare la passione per il pallone.
Per tanti di noi giocare a calcio è un hobby. Per qualcuno è un reato da evitare. Nei paesi dove la sopraffazione della donna si mescola con la violenza, inseguire e calciare un pallone può costare addirittura la vita.
L’AMORE PER IL PALLONE - Lo dimostra la storia di Muhyadine Maymun Mohamed, una ragazza africana che per praticare il suo sport preferito è stata costretta ad abbandonare il paese natale. Maymun è scappata dalla sua Mogadiscio e si è rifugiata in Kenya per evitare di essere giustiziata dalle milizie somale. “Le donne non possono fare sport. Devi smettere di giocare e mettere l’hijab (il velo islamico, nda)”, si era sentita ripetere tante volte la giovane calciatrice, che però non ha mai fatto un passo indietro rispetto alle sue intenzioni. In fondo, il suo hobby è stato anche una sfida all’oppressione delle donne e alle leggi che impongono di adeguarsi rigidamente ai precetti islamici.
NUOVA VITA A GIBUTI - Lei amava correre e gareggiare. La sua bravura l’aveva portata anche a vincere una medaglia, poi venduta a malincuore per ricavare denaro prezioso per la fuga oltreconfine. Ora Maymun vive in un campo profughi di Ali Addeh, in Gibuti. Non è più musulmana. Vive il suo passato come un capitolo della sua vita ormai chiuso, archiviato. Suo marito fu ucciso proprio per difendere la sua libertà. Abdi Abu Bakar aveva 23 anni. Quando l’esercito gli ordinò di controllare sua moglie affinchè non gocasse più a calcio, lui chiese ai militari di non immischiarsi nelle loro faccende. Poco dopo la loro casa fu incendiata. Abdi perse la vita. “Quando mio marito morì ero incinta di 4 mesi”, ricorda oggi Maymun, che prima di fuggire via da Mogadiscio attese la nascita della sua piccola Fahima. Poi incassò 30 dollari dalla sua medaglia e scappò via, verso la libertà.
Fonte:Giornalettismo. com
20 marzo 2012
La giovane Maymud è stata costretta a scappare via dalla Somalia per coltivare la passione per il pallone.
Per tanti di noi giocare a calcio è un hobby. Per qualcuno è un reato da evitare. Nei paesi dove la sopraffazione della donna si mescola con la violenza, inseguire e calciare un pallone può costare addirittura la vita.
L’AMORE PER IL PALLONE - Lo dimostra la storia di Muhyadine Maymun Mohamed, una ragazza africana che per praticare il suo sport preferito è stata costretta ad abbandonare il paese natale. Maymun è scappata dalla sua Mogadiscio e si è rifugiata in Kenya per evitare di essere giustiziata dalle milizie somale. “Le donne non possono fare sport. Devi smettere di giocare e mettere l’hijab (il velo islamico, nda)”, si era sentita ripetere tante volte la giovane calciatrice, che però non ha mai fatto un passo indietro rispetto alle sue intenzioni. In fondo, il suo hobby è stato anche una sfida all’oppressione delle donne e alle leggi che impongono di adeguarsi rigidamente ai precetti islamici.
NUOVA VITA A GIBUTI - Lei amava correre e gareggiare. La sua bravura l’aveva portata anche a vincere una medaglia, poi venduta a malincuore per ricavare denaro prezioso per la fuga oltreconfine. Ora Maymun vive in un campo profughi di Ali Addeh, in Gibuti. Non è più musulmana. Vive il suo passato come un capitolo della sua vita ormai chiuso, archiviato. Suo marito fu ucciso proprio per difendere la sua libertà. Abdi Abu Bakar aveva 23 anni. Quando l’esercito gli ordinò di controllare sua moglie affinchè non gocasse più a calcio, lui chiese ai militari di non immischiarsi nelle loro faccende. Poco dopo la loro casa fu incendiata. Abdi perse la vita. “Quando mio marito morì ero incinta di 4 mesi”, ricorda oggi Maymun, che prima di fuggire via da Mogadiscio attese la nascita della sua piccola Fahima. Poi incassò 30 dollari dalla sua medaglia e scappò via, verso la libertà.
Fonte:Giornalettismo. com
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