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22 Marzo-Giornata mondiale dedicata all'acqua
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22 Marzo-Giornata mondiale dedicata all'acqua
Giornata mondiale dedicata all'acqua: la siccità fa 8 milioni di morti all'anno.
I dati Onu: nel 2030 emergenza per 3 miliardi di persone. Allarme AFRICA
Nel 2030 quasi metà della popolazione mondiale, oltre 3 miliardi di persone, potrebbero rimanere senz’acqua, ma già oggi si contano 8 milioni di morti l’anno causate proprio dalla siccità e dalle malattie legate alla mancanza di servizi igienico-sanitari e di acqua potabile.
Secondo alcuni dati dell’Onu 3.900 bambini muoiono per questa ragione ogni giorno. La zona pi— esposta rimane l’Africa: fino a 250 milioni di persone coinvolte e seri rischi per l’area sub-sahariana. Poi, il Medio Oriente dove sono presenti meno dell’1% delle risorse idriche a livello mondiale, mentre il 5% dei Paesi arabi - la regione più arida al mondo - già sono al limite delle risorse idriche. Dalle previsioni, la popolazione mondiale, ora a 6,6 miliardi di persone, crescerà di 2,5 miliardi entro il 2050 comportando un aumento della domanda di acqua dolce di 64 miliardi di metri cubi all’anno.
Secondo i dati Onu più di un miliardo e 200 milioni di persone non hanno accesso sufficiente a fonti di acqua pulita e quasi altri due miliardi vivono senza servizi igienici. Alla mancanza d’acqua si aggiunge il problema di quella sporca, malata, che fa ogni anno nel mondo oltre 1,6 milioni di morti: il 90% delle vittime sono bambini sotto i 5 anni, la maggior parte nei Paesi in via di sviluppo. Senza acqua non si pu• vivere oltre una settimana: il fabbisogno minimo biologico pro-capite per la sopravvivenza umana è di 5 litri nelle 24 ore, ma secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per poter parlare di condizioni accettabili di vita occorrono non meno di 50 litri d’acqua al giorno per ogni essere umano, al di sotto la situazione è di sofferenza.
Fonte:La Stampa
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I dati Onu: nel 2030 emergenza per 3 miliardi di persone. Allarme AFRICA
Nel 2030 quasi metà della popolazione mondiale, oltre 3 miliardi di persone, potrebbero rimanere senz’acqua, ma già oggi si contano 8 milioni di morti l’anno causate proprio dalla siccità e dalle malattie legate alla mancanza di servizi igienico-sanitari e di acqua potabile.
Secondo alcuni dati dell’Onu 3.900 bambini muoiono per questa ragione ogni giorno. La zona pi— esposta rimane l’Africa: fino a 250 milioni di persone coinvolte e seri rischi per l’area sub-sahariana. Poi, il Medio Oriente dove sono presenti meno dell’1% delle risorse idriche a livello mondiale, mentre il 5% dei Paesi arabi - la regione più arida al mondo - già sono al limite delle risorse idriche. Dalle previsioni, la popolazione mondiale, ora a 6,6 miliardi di persone, crescerà di 2,5 miliardi entro il 2050 comportando un aumento della domanda di acqua dolce di 64 miliardi di metri cubi all’anno.
Secondo i dati Onu più di un miliardo e 200 milioni di persone non hanno accesso sufficiente a fonti di acqua pulita e quasi altri due miliardi vivono senza servizi igienici. Alla mancanza d’acqua si aggiunge il problema di quella sporca, malata, che fa ogni anno nel mondo oltre 1,6 milioni di morti: il 90% delle vittime sono bambini sotto i 5 anni, la maggior parte nei Paesi in via di sviluppo. Senza acqua non si pu• vivere oltre una settimana: il fabbisogno minimo biologico pro-capite per la sopravvivenza umana è di 5 litri nelle 24 ore, ma secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per poter parlare di condizioni accettabili di vita occorrono non meno di 50 litri d’acqua al giorno per ogni essere umano, al di sotto la situazione è di sofferenza.
Fonte:La Stampa
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fio- Sostenitore
- Numero di messaggi : 3168
Data d'iscrizione : 21.04.09
Età : 77
Località : Como-Malindi-Africa
Re: 22 Marzo-Giornata mondiale dedicata all'acqua
Siamo acqua al 70% e lo dimentichiamo.
Oggi è la Giornata dell'oro blu: un miliardo di persone non ne ha abbastanza. E nel Primo Mondo crescono gli sprechi, mentre si tenta di privatizzarla.
E’ un bene vitale che manca a oltre un miliardo di persone, per il quale si combattono guerre palesi o striscianti, che durano anni; è una risorsa strategica al centro di interessi e appetiti enormi, dovrebbe essere un diritto per ogni essere umano ma si vuole ridurre a merce qualsiasi.
Oggi è la Giornata mondiale dell’acqua, l’allarme lanciato dall’Onu, «Acqua per le città, rispondere alla sfida urbana», ricorda che l’oro blu sarà sempre più conteso anche nelle metropoli. La vergogna è che la sfida delle acque urbane non è dovuta alla scarsità della risorsa, ma alla cattiva gestione e alla cattiva politica, che non contrastano l’inquinamento e i cambiamenti climatici, l’avidità delle multinazionali che si accaparrano questo bene comune.
I dati sul rapporto tra acqua e urbanizzazione, pubblicati sul sito ufficiale del World Water Day 2011 (www.worldwaterday2011.org), parlano chiaro. La crescita della popolazione urbana avanza al ritmo di due persone al secondo, metà della popolazione mondiale vive ormai nelle città, entro due decenni saranno il 60% con punte del 95% nei Paesi in via di sviluppo.
In Africa e Asia si calcola che la popolazione urbana raddoppierà entro il 2030, e già ora un abitante su quattro delle città del mondo (789 milioni di esseri umani) vive senza adeguate strutture igienico-sanitarie.
La sfida dell’oro blu nelle città aumenta se si considerano i dati sulla povertà: 828 milioni di persone vivono in baraccopoli o luoghi senza adeguati servizi idrici e igienico-sanitari.
I poveri pagano fino a 50 volte in più per un litro d’acqua rispetto ai loro vicini più ricchi, poiché spesso devono comprarla da fornitori privati. L’acqua viene accaparrata soprattutto da industria e agricoltura (monocolture industriali) e l’inquinamento è costante: due milioni di tonnellate di rifiuti vengono smaltiti in corsi d’acqua ogni giorno, dicono gli esperti (nei Paesi in via di sviluppo il 90% delle acque reflue viene immesso senza essere trattato direttamente in fiumi, laghi e mari), la salute umana viene compromessa dalla scarsità di acqua potabile, che provoca malattie come il colera e la malaria.
Le reti di distribuzione urbana sono un colabrodo, perdono anche il 50% del prezioso liquido, con una stima annuale che si aggira tra i 250 e i 500 milioni di metri cubi di acqua potabile nelle grandi città.
Ecco una «grande opera» da affrontare subito.
Il continente più disastrato è l’Africa: secondo l’Amref, acronimo di African Medical and Research Foundation, la principale organizzazione sanitaria del continente nata oltre cinquant’anni fa a Nairobi (Kenya), nell’Africa subsahariana l’accesso all’acqua pulita è un diritto fondamentale negato a più del 40% della popolazione: «Senz’acqua non c’è salute né sviluppo – dice Tommy Simmons, direttore generale di Amref Italia –. I danni all’agricoltura sono incalcolabili, il bestiame muore, le lezioni a scuola non si possono svolgere regolarmente e saltano anche gli equilibri familiari, perché le donne sono costrette ad assentarsi per ore alla ricerca di acqua, lasciando incustoditi i figli».
La mancanza di acqua pulita e di servizi igienici adeguati costa ogni anno all’Africa Subsahariana il 5% del suo Pil ed è legato, direttamente o indirettamente, all’80% delle malattie.
All’acqua, prodigioso elemento del quale siamo in gran parte composti, è dunque legato il destino dell’umanità: fino a ieri la parola d’ordine sembrava essere privatizzazione, oggi si comincia a capire che la gestione delle multinazionali non funziona, che dev’essere il settore pubblico a garantire l’acqua a ogni cittadino: lo si è visto anche a Berlino e a Parigi, dove il Comune si è ripreso la gestione completa delle acque sottraendola alle multinazionali Veolia e Suez grazie a un’amministratrice, Anne Le Strat, non a caso laureatasi con una tesi sul tema dell’acqua nel conflitto israelo-palestinese.
In un mondo sempre più ingiusto, il prossimo referendum italiano potrebbe costituire una svolta: il controllo sull’acqua dovrebbe essere pubblico, sociale, cooperativo, equo e non destinato alla creazione di profitto; deve rispettare l’ecosistema, le sorgenti e le falde.
Principi difficili da realizzare se si considera Madre Terra solo come un business, un deposito infinito di materie prime.
Fonte: LaStampa.it
Oggi è la Giornata dell'oro blu: un miliardo di persone non ne ha abbastanza. E nel Primo Mondo crescono gli sprechi, mentre si tenta di privatizzarla.
E’ un bene vitale che manca a oltre un miliardo di persone, per il quale si combattono guerre palesi o striscianti, che durano anni; è una risorsa strategica al centro di interessi e appetiti enormi, dovrebbe essere un diritto per ogni essere umano ma si vuole ridurre a merce qualsiasi.
Oggi è la Giornata mondiale dell’acqua, l’allarme lanciato dall’Onu, «Acqua per le città, rispondere alla sfida urbana», ricorda che l’oro blu sarà sempre più conteso anche nelle metropoli. La vergogna è che la sfida delle acque urbane non è dovuta alla scarsità della risorsa, ma alla cattiva gestione e alla cattiva politica, che non contrastano l’inquinamento e i cambiamenti climatici, l’avidità delle multinazionali che si accaparrano questo bene comune.
I dati sul rapporto tra acqua e urbanizzazione, pubblicati sul sito ufficiale del World Water Day 2011 (www.worldwaterday2011.org), parlano chiaro. La crescita della popolazione urbana avanza al ritmo di due persone al secondo, metà della popolazione mondiale vive ormai nelle città, entro due decenni saranno il 60% con punte del 95% nei Paesi in via di sviluppo.
In Africa e Asia si calcola che la popolazione urbana raddoppierà entro il 2030, e già ora un abitante su quattro delle città del mondo (789 milioni di esseri umani) vive senza adeguate strutture igienico-sanitarie.
La sfida dell’oro blu nelle città aumenta se si considerano i dati sulla povertà: 828 milioni di persone vivono in baraccopoli o luoghi senza adeguati servizi idrici e igienico-sanitari.
I poveri pagano fino a 50 volte in più per un litro d’acqua rispetto ai loro vicini più ricchi, poiché spesso devono comprarla da fornitori privati. L’acqua viene accaparrata soprattutto da industria e agricoltura (monocolture industriali) e l’inquinamento è costante: due milioni di tonnellate di rifiuti vengono smaltiti in corsi d’acqua ogni giorno, dicono gli esperti (nei Paesi in via di sviluppo il 90% delle acque reflue viene immesso senza essere trattato direttamente in fiumi, laghi e mari), la salute umana viene compromessa dalla scarsità di acqua potabile, che provoca malattie come il colera e la malaria.
Le reti di distribuzione urbana sono un colabrodo, perdono anche il 50% del prezioso liquido, con una stima annuale che si aggira tra i 250 e i 500 milioni di metri cubi di acqua potabile nelle grandi città.
Ecco una «grande opera» da affrontare subito.
Il continente più disastrato è l’Africa: secondo l’Amref, acronimo di African Medical and Research Foundation, la principale organizzazione sanitaria del continente nata oltre cinquant’anni fa a Nairobi (Kenya), nell’Africa subsahariana l’accesso all’acqua pulita è un diritto fondamentale negato a più del 40% della popolazione: «Senz’acqua non c’è salute né sviluppo – dice Tommy Simmons, direttore generale di Amref Italia –. I danni all’agricoltura sono incalcolabili, il bestiame muore, le lezioni a scuola non si possono svolgere regolarmente e saltano anche gli equilibri familiari, perché le donne sono costrette ad assentarsi per ore alla ricerca di acqua, lasciando incustoditi i figli».
La mancanza di acqua pulita e di servizi igienici adeguati costa ogni anno all’Africa Subsahariana il 5% del suo Pil ed è legato, direttamente o indirettamente, all’80% delle malattie.
All’acqua, prodigioso elemento del quale siamo in gran parte composti, è dunque legato il destino dell’umanità: fino a ieri la parola d’ordine sembrava essere privatizzazione, oggi si comincia a capire che la gestione delle multinazionali non funziona, che dev’essere il settore pubblico a garantire l’acqua a ogni cittadino: lo si è visto anche a Berlino e a Parigi, dove il Comune si è ripreso la gestione completa delle acque sottraendola alle multinazionali Veolia e Suez grazie a un’amministratrice, Anne Le Strat, non a caso laureatasi con una tesi sul tema dell’acqua nel conflitto israelo-palestinese.
In un mondo sempre più ingiusto, il prossimo referendum italiano potrebbe costituire una svolta: il controllo sull’acqua dovrebbe essere pubblico, sociale, cooperativo, equo e non destinato alla creazione di profitto; deve rispettare l’ecosistema, le sorgenti e le falde.
Principi difficili da realizzare se si considera Madre Terra solo come un business, un deposito infinito di materie prime.
Fonte: LaStampa.it
dolcemagic- Sostenitore
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Re: 22 Marzo-Giornata mondiale dedicata all'acqua
AMB - Acqua, State of the world: La road map per vincere la fame nel mondo
Roma, 22 mar (Il Velino) - Una vera e propria “road map” fatta di innovazioni agricole e centinaia di progetti già realizzati, per alleviare la povertà globale, migliorare la sicurezza alimentare e favorire la lotta al cambiamento climatico e il mantenimento delle risorse naturali. È quanto contiene lo State of the World 2011 “Nutrire il pianeta”, il rapporto annuale realizzato dal Worldwatch Institute di cui oggi, nella Giornata mondiale dell’acqua e a pochi giorni dall’evento globale WWF “L’Ora della Terra” (26 marzo) che vuole dare al mondo un futuro più sostenibile, è stata presentata l’edizione italiana curata dal WWF Italia per Edizioni Ambiente. Oggi - si legge in una nota - si produce più cibo che mai, ma ancora oltre 900 milioni di esseri umani soffrono la fame. La percentuale degli aiuti allo sviluppo dedicata all’agricoltura ha raggiunto il minimo storico del 4% (contro il 16% del 1980). Per aumentare la produzione di cibo a larga scala, si è sviluppata un’agricoltura intensiva, meccanizzata e fortemente inquinante, che compromette la fertilità dei suoli, la disponibilità delle risorse idriche, la diversità delle colture da cui dipendiamo, e complessivamente è responsabile di un terzo delle emissioni globali di gas serra. Ma il 40% del cibo prodotto a livello mondiale viene sprecato prima ancora di essere consumato.
“Lo State of the World 2011, realizzato dopo due anni di ricerche in 25 Paesi africani, racconta le pratiche agricole innovative, a basso costo e sostenibili sotto il profilo ambientale, che applicate localmente possono migliorare la produttività, ridurre gli sprechi e sfamare centinaia di milioni di persone, ¬dando alle comunità più povere del pianeta, e in particolare alle donne, la chiave per vincere la fame nel mondo nel rispetto degli equilibri naturali” ha detto Danielle Nierenberg, co-direttore dello State of the World 2011, oggi a Roma per presentare il volume. Per esempio l’agricoltura urbana, che può sfamare città e baraccopoli sprovviste di suoli coltivabili, attraverso tecniche come la coltivazione sui tetti o gli “orti verticali” su sacchi di terra muniti di fori, come accade nella più grande baraccopoli del Kenya, a Nairobi, grazie al lavoro di oltre 1000 contadine. Un sistema che già oggi occupa 800 milioni di persone producendo il 15-20% del cibo mondiale e che entro il 2050 sarà la fonte di sostentamento di 35-40 milioni di africani (si stima che il 60% della popolazione africana vivrà in città).
Oppure, in tema di Giornata mondiale dell’acqua, le innovazioni low cost per sfruttare meglio risorse idriche difficilmente accessibili (solo il 4% della terra coltivata in Africa sub-sahariana è attrezzata per l’irrigazione, rispetto al 37% in Asia e al 18% nel resto del mondo): con un investimento di appena 35 dollari, 2,3 milioni di agricoltori nei paesi in via di sviluppo hanno acquistato pompe a pedali che aspirano l’acqua fino a sette metri di profondità, per un indotto annuo, solo in Africa, di 37 milioni di dollari in nuovi profitti e salari. In 10 distretti del Ruanda la raccolta dell’acqua piovana da tetti e altre superfici ha portato alla costruzione di centinaia di bacini di raccolta utilizzati per le coltivazioni, risparmiando alle donne 3-4 ore al giorno per raccogliere acqua da fonti lontane e spesso contaminate. Mentre in Kenya, una migliore gestione del suolo ha consentito di sfruttare l’acqua piovana e l’umidità del terreno, aumentando la resa dei campi del 20-120% per il mais e del 35-100% per il tef, cereale alla base della dieta etiope. E poi la coltivazione di varietà locali tramite metodi tradizionali e sostenibili, come le 6000 donne che in Gambia hanno creato un piano di gestione collettiva delle ostriche per prevenirne la raccolta indiscriminata, o i pastori del Sud Africa che conservano le varietà autoctone di animali che si sono adattate all’aumento delle temperature e alla siccità, o ancora, in Etiopia, il progetto che insegna agli agricoltori a migliorare la qualità del caffè selvatico che cresce nelle foreste locali, trasformandolo da prodotto di seconda scelta a prodotto di qualità con un più alto valore di mercato. “L’agricoltura è giunta a un bivio - ha dichiarato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia, che da 24 anni cura l’edizione italiana dello State of the World – La cosiddetta Rivoluzione Verde, che ha incrementato la produttività agricola con nuove sementi selezionate, input di energia, fertilizzanti e pesticidi, non ha risolto il problema della fame nel mondo e ha comportato pesanti ricadute sui sistemi naturali. Ma se ben gestita, l’agricoltura può andare oltre alla mera produzione: può fornire acqua pulita e proteggere la biodiversità. Lo State of the World individua nuovi modelli agricoli sostenibili, esportabili fuori dall’Africa e perfino nelle grandi città dell’Occidente, in grado di nutrire una popolazione mondiale che nel 2050 arriverà a 9 miliardi di esseri umani, e allo stesso tempo sostenere e ripristinare, invece di distruggere, gli ecosistemi da cui l’umanità stessa dipende.”
"Oggi è necessario che i nostri pasti siano sani, a ridotto impatto ambientale e in grado di ridurre la spesa per il welfare" ha dichiarato Gabriele Riccardi, membro dell’Advisory Board del Barilla Center for Food & Nutrition, co-organizzatore insieme a WWF dell'iniziativa. "Partendo dalla piramide alimentare, il Barilla Center for Food & Nutrition ha infatti elaborato il modello della doppia piramide, da cui emerge come gli alimenti base della dieta mediterranea, come legumi, frutta e verdura, abbiano un minore impatto anche sulla salute del pianeta. Inoltre, è importante sottolineare come una popolazione in salute comporti minori costi in termini di welfare e spesa sociale a carico degli Stati. Adottare abitudini alimentari corrette, pertanto - ha concluso Riccardi - contribuisce in maniera attiva alla salvaguardia del pianeta, permettendo un maggior risparmio di suolo, risorse energetiche e risorse idriche". Tutti i risultati dei progetti raccolti nello State of the World sono stati consegnati ai responsabili del settore agricolo, ministeri, decisori politici, organizzazioni di agricoltori, ambientaliste e per la cooperazione allo sviluppo, come linee guida per lo sviluppo di un’agricoltura efficace e sostenibile. Il volume è stato presentato oggi a Roma, presso la LUISS Guido Carli, dal WWF Italia in collaborazione con il Barilla Center for Food and Nutrition.
Fonte: il Velino
Roma, 22 mar (Il Velino) - Una vera e propria “road map” fatta di innovazioni agricole e centinaia di progetti già realizzati, per alleviare la povertà globale, migliorare la sicurezza alimentare e favorire la lotta al cambiamento climatico e il mantenimento delle risorse naturali. È quanto contiene lo State of the World 2011 “Nutrire il pianeta”, il rapporto annuale realizzato dal Worldwatch Institute di cui oggi, nella Giornata mondiale dell’acqua e a pochi giorni dall’evento globale WWF “L’Ora della Terra” (26 marzo) che vuole dare al mondo un futuro più sostenibile, è stata presentata l’edizione italiana curata dal WWF Italia per Edizioni Ambiente. Oggi - si legge in una nota - si produce più cibo che mai, ma ancora oltre 900 milioni di esseri umani soffrono la fame. La percentuale degli aiuti allo sviluppo dedicata all’agricoltura ha raggiunto il minimo storico del 4% (contro il 16% del 1980). Per aumentare la produzione di cibo a larga scala, si è sviluppata un’agricoltura intensiva, meccanizzata e fortemente inquinante, che compromette la fertilità dei suoli, la disponibilità delle risorse idriche, la diversità delle colture da cui dipendiamo, e complessivamente è responsabile di un terzo delle emissioni globali di gas serra. Ma il 40% del cibo prodotto a livello mondiale viene sprecato prima ancora di essere consumato.
“Lo State of the World 2011, realizzato dopo due anni di ricerche in 25 Paesi africani, racconta le pratiche agricole innovative, a basso costo e sostenibili sotto il profilo ambientale, che applicate localmente possono migliorare la produttività, ridurre gli sprechi e sfamare centinaia di milioni di persone, ¬dando alle comunità più povere del pianeta, e in particolare alle donne, la chiave per vincere la fame nel mondo nel rispetto degli equilibri naturali” ha detto Danielle Nierenberg, co-direttore dello State of the World 2011, oggi a Roma per presentare il volume. Per esempio l’agricoltura urbana, che può sfamare città e baraccopoli sprovviste di suoli coltivabili, attraverso tecniche come la coltivazione sui tetti o gli “orti verticali” su sacchi di terra muniti di fori, come accade nella più grande baraccopoli del Kenya, a Nairobi, grazie al lavoro di oltre 1000 contadine. Un sistema che già oggi occupa 800 milioni di persone producendo il 15-20% del cibo mondiale e che entro il 2050 sarà la fonte di sostentamento di 35-40 milioni di africani (si stima che il 60% della popolazione africana vivrà in città).
Oppure, in tema di Giornata mondiale dell’acqua, le innovazioni low cost per sfruttare meglio risorse idriche difficilmente accessibili (solo il 4% della terra coltivata in Africa sub-sahariana è attrezzata per l’irrigazione, rispetto al 37% in Asia e al 18% nel resto del mondo): con un investimento di appena 35 dollari, 2,3 milioni di agricoltori nei paesi in via di sviluppo hanno acquistato pompe a pedali che aspirano l’acqua fino a sette metri di profondità, per un indotto annuo, solo in Africa, di 37 milioni di dollari in nuovi profitti e salari. In 10 distretti del Ruanda la raccolta dell’acqua piovana da tetti e altre superfici ha portato alla costruzione di centinaia di bacini di raccolta utilizzati per le coltivazioni, risparmiando alle donne 3-4 ore al giorno per raccogliere acqua da fonti lontane e spesso contaminate. Mentre in Kenya, una migliore gestione del suolo ha consentito di sfruttare l’acqua piovana e l’umidità del terreno, aumentando la resa dei campi del 20-120% per il mais e del 35-100% per il tef, cereale alla base della dieta etiope. E poi la coltivazione di varietà locali tramite metodi tradizionali e sostenibili, come le 6000 donne che in Gambia hanno creato un piano di gestione collettiva delle ostriche per prevenirne la raccolta indiscriminata, o i pastori del Sud Africa che conservano le varietà autoctone di animali che si sono adattate all’aumento delle temperature e alla siccità, o ancora, in Etiopia, il progetto che insegna agli agricoltori a migliorare la qualità del caffè selvatico che cresce nelle foreste locali, trasformandolo da prodotto di seconda scelta a prodotto di qualità con un più alto valore di mercato. “L’agricoltura è giunta a un bivio - ha dichiarato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia, che da 24 anni cura l’edizione italiana dello State of the World – La cosiddetta Rivoluzione Verde, che ha incrementato la produttività agricola con nuove sementi selezionate, input di energia, fertilizzanti e pesticidi, non ha risolto il problema della fame nel mondo e ha comportato pesanti ricadute sui sistemi naturali. Ma se ben gestita, l’agricoltura può andare oltre alla mera produzione: può fornire acqua pulita e proteggere la biodiversità. Lo State of the World individua nuovi modelli agricoli sostenibili, esportabili fuori dall’Africa e perfino nelle grandi città dell’Occidente, in grado di nutrire una popolazione mondiale che nel 2050 arriverà a 9 miliardi di esseri umani, e allo stesso tempo sostenere e ripristinare, invece di distruggere, gli ecosistemi da cui l’umanità stessa dipende.”
"Oggi è necessario che i nostri pasti siano sani, a ridotto impatto ambientale e in grado di ridurre la spesa per il welfare" ha dichiarato Gabriele Riccardi, membro dell’Advisory Board del Barilla Center for Food & Nutrition, co-organizzatore insieme a WWF dell'iniziativa. "Partendo dalla piramide alimentare, il Barilla Center for Food & Nutrition ha infatti elaborato il modello della doppia piramide, da cui emerge come gli alimenti base della dieta mediterranea, come legumi, frutta e verdura, abbiano un minore impatto anche sulla salute del pianeta. Inoltre, è importante sottolineare come una popolazione in salute comporti minori costi in termini di welfare e spesa sociale a carico degli Stati. Adottare abitudini alimentari corrette, pertanto - ha concluso Riccardi - contribuisce in maniera attiva alla salvaguardia del pianeta, permettendo un maggior risparmio di suolo, risorse energetiche e risorse idriche". Tutti i risultati dei progetti raccolti nello State of the World sono stati consegnati ai responsabili del settore agricolo, ministeri, decisori politici, organizzazioni di agricoltori, ambientaliste e per la cooperazione allo sviluppo, come linee guida per lo sviluppo di un’agricoltura efficace e sostenibile. Il volume è stato presentato oggi a Roma, presso la LUISS Guido Carli, dal WWF Italia in collaborazione con il Barilla Center for Food and Nutrition.
Fonte: il Velino
dolcemagic- Sostenitore
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