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Tribù Giriama...
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Tribù Giriama...
Tribù Giriama
Il popolo Giriama appartiene al gruppo Bantu della costa; fa parte di una delle 9 tribù che costituiscono il gruppo Mijikehenda.
Il popolo Giriama si trova esclusivamente lungo le coste del Kenya. Solitamente vivono in raggrupamenti di tre generazioni familiari, costituendo piccoli villaggi formati da 10 a 70 persone.
Diversamente da molti altri gruppi etnici nei quali la stregoneria era riservata alle donne, nei G(h)iriama è gestita principalmente da uomini anziani. I Giriama inoltre credono che ogni persona nella società sia una strega o stregone potenziale. Conseguentemente erano impauriti non soltanto che un vicino potesse fargli del male, ma anche che loro potevano fare del male attraverso la stregoneria. Per questa ragione i membri della tribù cercarono protezione da quattro cose; dagli incantesimi delle streghe, da accuse di stregoneria, dalla paura e infine dal divenire essi stessi stregoni. Fascino, medicine, bando degli stregoni e la cerimonia del lavaggio, erano i metodi comuni di protezione. Tecniche di caccia alle streghe, punizioni e lavaggi, toglievano il potere alle persone che praticavano la stregoneria. L’interpretazione del male ed i mezzi per uscire da questa situazione, erano inoltre ostacolati dalla situazione politica dei Giriama. Per esempio con i tradizionali sistemi, molte volte si rischiava di lasciar prosperare la stregoneria. Alcuni mezzi per combatterla erano asce o rocce roventi messi sulle palme delle mani, aghi roventi infilati nel labbro superiore, papaya spalmata sul viso e sulla bocca per provocare sudore, e pane trattato in modo particolare da bloccarsi nella gola del colpevole. La minaccia di sottoporre a queste prove, spesso provocava la confessione, dopo la quale veniva somministrata una medicina di ‘lavaggio’.
Durante un periodo della loro storia, quando i Giriama erano lontani dalla terra natia, acquisirono dagli Swahili, Kamba e Mijikenda metodi per cacciare la stregoneria. Con l’introduzione di leggi esterne, colonialismo e indipendenza, molti dei loro metodi tradizionali e acquisiti, vennero banditi. La pulizia della società tutta, attraverso cerimonie divenne la più comune forma per combattere la stregoneria. I Giriama vissero in foreste chiamate ‘kaya’, guidati da consigli di anziani (‘kambi’) che avevano il potere sul benessere della tribù. Il ‘kambi’, stregoneria controllata somministrando ‘bagni’, bastonature, sentenze di morte e bando dal ‘kaya’ per quelli sospetti, potevano forzare le confessioni dei testimoni con le loro potenti medicine e giuramenti. Il più conosciuto, potente e letale meccanismo di controllo della stregoneria tra i Giriama era la prova del veleno. Tre delle loro quattro società segrete avevano medicine e giuramenti tenuti dagli ‘aganga’, che avevano sviluppato l’abilità nel somministrarli. Il più significante di questi era il veleno-giuramento ‘Vaya’. Gli ‘aganga’ di questa società segreta, erano chiamati ‘fisi’ (iene) e la loro medicina, ‘mbare’, era conosciuta per uccidere con rapidità. Il giuramento ‘fisi’ veniva usato come prova tra accusato e accusatore in una prova diretta o anche come appello finale della giustizia quando altre prove non erano state soddisfacenti. Considerato che poteva uccidere, il giuramento veniva considerato con estrema serietà. Durante il periodo della loro lontananza dalla terra natia, i Giriama furono esposti anche alla tradizione e cultura Musulmana. Una fonte di malvagità, ‘mapepo’, gli spiriti, venivano considerati quasi esclusivamente come spiriti Musulmani. Spiriti ancestrali, ‘koma’, divennero meno importanti nella vita spirituale Giriama. I ‘mapepo’ si affermava possedessero certe persone, dando loro un potere più grande dei comuni mortali. I ‘mapepo’, potevano essere facilmente esorcizzati da un comune uomo della medicina, dopo ciò si credeva che la persona posseduta avesse l’abilità di richiamare il ‘pepo’, predire il futuro e identificare le streghe. Fu considerato una fortuna essere posseduti dal ‘pepo’. C’è un interessante periodo nella storia Giriama, quando un insolito numero di donne furono possedute dal ‘pepo’, facendo cose che in normali condizioni, non sarebbero state in grado di fare.
MALU: E’ conosciuta con questo nome la tradizione di questa tribù per risolvere problemi d’infedeltà coniugale. Se un marito è tradito dalla moglie, si rivolge ad un consiglio di anziani del villaggio i quali si riuniscono per esaminare i fatti. Se arrivano alla conclusione che il marito tradito ha ragione, condannano allora il colpevole (l’amante della moglòie) a pagare una penalità costituita da denaro o bestiame. Il giudizio degli anziani è inappellabile ed il malcapitato non può sottrarsi al pagamento di quanto dovuto.
Fonte: Guide.SuperEva.it
Il popolo Giriama appartiene al gruppo Bantu della costa; fa parte di una delle 9 tribù che costituiscono il gruppo Mijikehenda.
Il popolo Giriama si trova esclusivamente lungo le coste del Kenya. Solitamente vivono in raggrupamenti di tre generazioni familiari, costituendo piccoli villaggi formati da 10 a 70 persone.
Diversamente da molti altri gruppi etnici nei quali la stregoneria era riservata alle donne, nei G(h)iriama è gestita principalmente da uomini anziani. I Giriama inoltre credono che ogni persona nella società sia una strega o stregone potenziale. Conseguentemente erano impauriti non soltanto che un vicino potesse fargli del male, ma anche che loro potevano fare del male attraverso la stregoneria. Per questa ragione i membri della tribù cercarono protezione da quattro cose; dagli incantesimi delle streghe, da accuse di stregoneria, dalla paura e infine dal divenire essi stessi stregoni. Fascino, medicine, bando degli stregoni e la cerimonia del lavaggio, erano i metodi comuni di protezione. Tecniche di caccia alle streghe, punizioni e lavaggi, toglievano il potere alle persone che praticavano la stregoneria. L’interpretazione del male ed i mezzi per uscire da questa situazione, erano inoltre ostacolati dalla situazione politica dei Giriama. Per esempio con i tradizionali sistemi, molte volte si rischiava di lasciar prosperare la stregoneria. Alcuni mezzi per combatterla erano asce o rocce roventi messi sulle palme delle mani, aghi roventi infilati nel labbro superiore, papaya spalmata sul viso e sulla bocca per provocare sudore, e pane trattato in modo particolare da bloccarsi nella gola del colpevole. La minaccia di sottoporre a queste prove, spesso provocava la confessione, dopo la quale veniva somministrata una medicina di ‘lavaggio’.
Durante un periodo della loro storia, quando i Giriama erano lontani dalla terra natia, acquisirono dagli Swahili, Kamba e Mijikenda metodi per cacciare la stregoneria. Con l’introduzione di leggi esterne, colonialismo e indipendenza, molti dei loro metodi tradizionali e acquisiti, vennero banditi. La pulizia della società tutta, attraverso cerimonie divenne la più comune forma per combattere la stregoneria. I Giriama vissero in foreste chiamate ‘kaya’, guidati da consigli di anziani (‘kambi’) che avevano il potere sul benessere della tribù. Il ‘kambi’, stregoneria controllata somministrando ‘bagni’, bastonature, sentenze di morte e bando dal ‘kaya’ per quelli sospetti, potevano forzare le confessioni dei testimoni con le loro potenti medicine e giuramenti. Il più conosciuto, potente e letale meccanismo di controllo della stregoneria tra i Giriama era la prova del veleno. Tre delle loro quattro società segrete avevano medicine e giuramenti tenuti dagli ‘aganga’, che avevano sviluppato l’abilità nel somministrarli. Il più significante di questi era il veleno-giuramento ‘Vaya’. Gli ‘aganga’ di questa società segreta, erano chiamati ‘fisi’ (iene) e la loro medicina, ‘mbare’, era conosciuta per uccidere con rapidità. Il giuramento ‘fisi’ veniva usato come prova tra accusato e accusatore in una prova diretta o anche come appello finale della giustizia quando altre prove non erano state soddisfacenti. Considerato che poteva uccidere, il giuramento veniva considerato con estrema serietà. Durante il periodo della loro lontananza dalla terra natia, i Giriama furono esposti anche alla tradizione e cultura Musulmana. Una fonte di malvagità, ‘mapepo’, gli spiriti, venivano considerati quasi esclusivamente come spiriti Musulmani. Spiriti ancestrali, ‘koma’, divennero meno importanti nella vita spirituale Giriama. I ‘mapepo’ si affermava possedessero certe persone, dando loro un potere più grande dei comuni mortali. I ‘mapepo’, potevano essere facilmente esorcizzati da un comune uomo della medicina, dopo ciò si credeva che la persona posseduta avesse l’abilità di richiamare il ‘pepo’, predire il futuro e identificare le streghe. Fu considerato una fortuna essere posseduti dal ‘pepo’. C’è un interessante periodo nella storia Giriama, quando un insolito numero di donne furono possedute dal ‘pepo’, facendo cose che in normali condizioni, non sarebbero state in grado di fare.
MALU: E’ conosciuta con questo nome la tradizione di questa tribù per risolvere problemi d’infedeltà coniugale. Se un marito è tradito dalla moglie, si rivolge ad un consiglio di anziani del villaggio i quali si riuniscono per esaminare i fatti. Se arrivano alla conclusione che il marito tradito ha ragione, condannano allora il colpevole (l’amante della moglòie) a pagare una penalità costituita da denaro o bestiame. Il giudizio degli anziani è inappellabile ed il malcapitato non può sottrarsi al pagamento di quanto dovuto.
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Re: Tribù Giriama...
Stregoneria e condizione femminile della donna giriama in Kenya.
In questo articolo delineeremo la figura della donna nella società Giriama e il suo rapporto con la fertilità e la stregoneria durante l’epoca precoloniale e coloniale. I Giriama del Kenya sono una di nove etnie, dedite all’agricoltura e collettivamente conosciute come Mijikenda, la cui traduzione letterale è Novecittà, poiché composti, oltre che dai Giriama, dai Kambe, Ribe, Kauma, Chonyi, Jibani, Rabai, Digo e Duruma. I Mijikenda sono situati nell’entroterra della costa orientale africana, detta Swahili, che vadal sud della Somalia al nord del Mozambico. La parola Swahili, indica sia la costa africana sia l’idioma parlato dalle tribù che la abitano. Essa, infatti, ha due derivazioni: la prima, derivante dalleparole arabe al plurale di Sahel Sawahil (confine, o più precisamente “quelli della costa”), la seconda derivante dalle parole kisiwa hiki che hanno il significato di “la lingua di quest’isola”. I Mijikenda solevano indicare con il termine isola, il territorio da loro occupato. In particolare notiamo che la tradizione vuole che nell’ “isola” di Mombasa ci fossero molte persone che parlavano lingue diverse, tra cui i Duruma che abitavano a nord della città, i Digo che abitavano aKilindi, i Giriama che abitavano a Mji wa Kale e infine alcune etnie della Tanzania e di Nyasa. Di comune accordo questi gruppi decisero che era necessario uniformare la lingua al fine di agevolare la comprensione delle persone durante le riunioni ed assemblee, venne così deciso di adottare la lingua kisiwahili. I Giriama oggi vivono all’interno di clan e lignaggi dispersi lungo tutto il territorio, tuttavia fino alla metà del diciannovesimo secolo risiedevano all’interno di piccoli villaggi fortificati conosciuti come Kaya. In questo periodo l’importanza delle donne e degli uomini era complementare nell’assicurare il mantenimento della fertilità e della salute dei membri delvillaggio.I compiti erano ben distinti e lo erano anche le onorificenze e le commemorazioni fatte agliantenati. Dalla necessità di dividere per genere le competenze, nacquero le organizzazioni maschilie femminili. Cinque di queste furono di esclusiva adesione maschile mentre una soltanto era diappartenenza femminile e venne chiamata Kifudu. Queste società, che continuano ad esistere ancoraoggi, costituiscono ciò che possiamo definire la cultura della fertilità dei Giriama. Il Kifudu, ebbe un ruolo fondamentale nella conservazione della fertilità delle donnegiriama, delle terre e delle messi. L’importanza di questa tradizione era riconosciuta e rispettatadagli uomini, al punto che spesso chiedevano di intervenire al fine di scongiurare periodi di carestiae di siccità.Gli oggetti tipici di questi rituali sono dei contenitori di terracotta a forma di vaso chiamati vifudu, al singolare kifudu, sostantivo che dà il nome alla stessa società. Solitamente questicontenitori si trovano in coppie, custodite e nascoste intorno al villaggio. Sia i vasi sia la conoscenza del loro significato esoterico, vengono ancora custodite dalle donne più anziane delvillaggio. A causa della loro età e del ruolo importante di custodi dei segreti del Kifudu, questeultime assumono un rango molto elevato e, di conseguenza, spetta a loro indire il rituale che haluogo con l’inizio di ogni luna nuova. In questo periodo le custodi dissotterrano i vasi e vi soffianodentro attraverso una piccola fessura per produrre dei suoni, le giovani nel frattempo ballano ecantano al ritmo della musica. Quando muore una custode dei vifudu, i vasi seguono la regola della successione matrilaterale ovvero vengono ereditati dalla figlia oppure dalla nipote. Se le donne non rispettano i rituali, la credenza vuole che ci siano ripercussioni sulla fertilità femminile e sulla salute del clan,che verrà inevitabilmente colpito da scabbia, lebbra e altre temute malattie. Sono questi contenitoria rappresentare metaforicamente le antenate al cui interno vengono racchiusi i loro poteri benefici. L’importanza delle donne si manifesta attraverso la loro capacità di congiungere il mondo dei vivi con quello degli spiriti. Mediante le antenate e mediante il controllo sulle forze cosmologiche, le donne giriama hanno il potere di preservare il villaggio e la popolazione dalle avversità e dalle malattie. Ecco che la loro importanza si manifesta solo periodicamente attraverso la potenza dell’autorità esoterica e religiosa, confermando in questo modo il loro ruolo di custodi della fertilità e di contatto con il mondo degli spiriti. La loro diligenza nel rispettare le importanti fasi del rituale,garantisce all’intero villaggio continuità e prosperità. In Africa si è lungamente creduto che la ricchezza risiedesse nel dominio esercitato sullepersone e non sulla terra o sulle proprietà materiali. Il potere dunque di controllare sia la riproduzione sia la fertilità è un importante aspetto del ruolo della donna all’interno della società patrilineare dei giriama. Durante il colonialismo, però, ed in seguito all’insediamento dei coloni, i Giriama si allontanarono dai loro villaggi fortificati situati nella foresta, insediandosi lungo le nuove vie di scambio dei britannici. Questo fu necessario perché in questo periodo ci fu un notevole incremento della popolazione e quindi le Kaya risultavano essere troppo piccole per contenere e mantenere tuttii membri del villaggio. I valori tradizionali subirono così una radicale trasformazione. I Giriama ora avevano saggiato la prosperità economica e i benefici della proprietà, concetti fino a quel momento sconosciuti. I nuovi valori operarono fortemente sulla frammentazione dei gruppi familiari, che a sua volta influì sulla condizione della donna, custode della fertilità dei membri del villaggio. Nell’epoca coloniale il maschio, fonte di benessere per i membri della famiglia, divenne sempre più importante, a discapito del ruolo della donna che ebbe ben presto un ruolo marginale. Ladispersione territoriale dei vari clan, ebbe inevitabilmente gravi effetti sulla strutturazione dellasocietà dei Giriama poiché, a causa delle lunghe distanze, le donne non poterono più incontrarsi pereseguire i rituali per il mantenimento della fertilità. Fu a causa di questa dispersione che accrebbel’importanza della figura maschile, e quindi del patrilignaggio, a discapito del matrilignaggio femminile.Con il colonialismo si era sviluppata una crescente ineguaglianza tra i sessi, causata dalla visione eurocentrica della superiorità dell’uomo. Ciò causò la trasformazione delle istituzioni socialidei Giriama, testimoniata dalla alienazione delle donne dalla terra e dagli altri mezzi di produzione.La figura maschile si rafforzò nei ruoli politici e giuridici che causarono così un’ulteriore marginalizzazione della donna. Lo sbilanciamento del potere a favore dell’uomo è tuttora evidente nell’utilizzo degli spaziall’interno del villaggio. Mentre la donna è costretta a nascondere i suoi simboli lontano dal villaggio, a riprova del decentramento del suo potere, rispetto a quello maschile, l’uomo mantiene la propria predominanza riunendosi al centro del villaggio, dhome, al fine di conversare, scambiarsi opinioni e istruire i giovani maschi, insegnando loro le leggende dei Giriama e iniziandoli alla vita degli uomini. Tutto ciò rafforza il pensiero secondo cui la figura dell’uomo è perdurante mentre quella della donna è mobile e impermanente. Il potere femminile subisce un ulteriore indebolimento quando si prendono in considerazione le modalità ereditarie dei vifudu. Come abbiamo detto, sono le donne anziane a passare alle loro figlie o alle loro nipoti la custodia dei vasi al momento della morte. Tuttavia secondo le regole sociali della residenza dei Giriama, vige la virilocalità, ovvero quando una donnasi sposa, si trasferisce all’interno del clan a cui appartiene il marito. In questo modo il patriclan di cui lei faceva parte si sente minacciato poiché i vasi non sono più custoditi all’interno del villaggio,ma seguono la donna nel villaggio del marito. In questo modo i vifudu non possono più garantire l’incolumità del villaggio di origine. Al fine di salvaguardare il benessere della collettività, la custodia dei vasi passò gradualmente all’uomo, che giustificava tale atto come prestito temporaneo. L’influsso del colonialismo, del declassamento della donna e della dispersione territoriale,hanno fortemente influito sul ruolo primario della donna all’interno dei villaggi, tanto che ora ilpotere dei vasi ha cambiato genere. In questo contesto l’unica autorità maschile in grado dicondensare il significato esoterico e mistico dei vifudu, è quella del guaritore tradizionale, il qualeha il potere infuso dagli antenati del villaggio di garantire la fertilità della donna tramite rituali, curee medicinali di cui solo lui è a conoscenza. Oggi giorno quindi si può asserire che la fertilità viene curata anche individualmente tramiteil potere ancestrale della figura del muganga.
Fonte: Guide.SuperEva.it
In questo articolo delineeremo la figura della donna nella società Giriama e il suo rapporto con la fertilità e la stregoneria durante l’epoca precoloniale e coloniale. I Giriama del Kenya sono una di nove etnie, dedite all’agricoltura e collettivamente conosciute come Mijikenda, la cui traduzione letterale è Novecittà, poiché composti, oltre che dai Giriama, dai Kambe, Ribe, Kauma, Chonyi, Jibani, Rabai, Digo e Duruma. I Mijikenda sono situati nell’entroterra della costa orientale africana, detta Swahili, che vadal sud della Somalia al nord del Mozambico. La parola Swahili, indica sia la costa africana sia l’idioma parlato dalle tribù che la abitano. Essa, infatti, ha due derivazioni: la prima, derivante dalleparole arabe al plurale di Sahel Sawahil (confine, o più precisamente “quelli della costa”), la seconda derivante dalle parole kisiwa hiki che hanno il significato di “la lingua di quest’isola”. I Mijikenda solevano indicare con il termine isola, il territorio da loro occupato. In particolare notiamo che la tradizione vuole che nell’ “isola” di Mombasa ci fossero molte persone che parlavano lingue diverse, tra cui i Duruma che abitavano a nord della città, i Digo che abitavano aKilindi, i Giriama che abitavano a Mji wa Kale e infine alcune etnie della Tanzania e di Nyasa. Di comune accordo questi gruppi decisero che era necessario uniformare la lingua al fine di agevolare la comprensione delle persone durante le riunioni ed assemblee, venne così deciso di adottare la lingua kisiwahili. I Giriama oggi vivono all’interno di clan e lignaggi dispersi lungo tutto il territorio, tuttavia fino alla metà del diciannovesimo secolo risiedevano all’interno di piccoli villaggi fortificati conosciuti come Kaya. In questo periodo l’importanza delle donne e degli uomini era complementare nell’assicurare il mantenimento della fertilità e della salute dei membri delvillaggio.I compiti erano ben distinti e lo erano anche le onorificenze e le commemorazioni fatte agliantenati. Dalla necessità di dividere per genere le competenze, nacquero le organizzazioni maschilie femminili. Cinque di queste furono di esclusiva adesione maschile mentre una soltanto era diappartenenza femminile e venne chiamata Kifudu. Queste società, che continuano ad esistere ancoraoggi, costituiscono ciò che possiamo definire la cultura della fertilità dei Giriama. Il Kifudu, ebbe un ruolo fondamentale nella conservazione della fertilità delle donnegiriama, delle terre e delle messi. L’importanza di questa tradizione era riconosciuta e rispettatadagli uomini, al punto che spesso chiedevano di intervenire al fine di scongiurare periodi di carestiae di siccità.Gli oggetti tipici di questi rituali sono dei contenitori di terracotta a forma di vaso chiamati vifudu, al singolare kifudu, sostantivo che dà il nome alla stessa società. Solitamente questicontenitori si trovano in coppie, custodite e nascoste intorno al villaggio. Sia i vasi sia la conoscenza del loro significato esoterico, vengono ancora custodite dalle donne più anziane delvillaggio. A causa della loro età e del ruolo importante di custodi dei segreti del Kifudu, questeultime assumono un rango molto elevato e, di conseguenza, spetta a loro indire il rituale che haluogo con l’inizio di ogni luna nuova. In questo periodo le custodi dissotterrano i vasi e vi soffianodentro attraverso una piccola fessura per produrre dei suoni, le giovani nel frattempo ballano ecantano al ritmo della musica. Quando muore una custode dei vifudu, i vasi seguono la regola della successione matrilaterale ovvero vengono ereditati dalla figlia oppure dalla nipote. Se le donne non rispettano i rituali, la credenza vuole che ci siano ripercussioni sulla fertilità femminile e sulla salute del clan,che verrà inevitabilmente colpito da scabbia, lebbra e altre temute malattie. Sono questi contenitoria rappresentare metaforicamente le antenate al cui interno vengono racchiusi i loro poteri benefici. L’importanza delle donne si manifesta attraverso la loro capacità di congiungere il mondo dei vivi con quello degli spiriti. Mediante le antenate e mediante il controllo sulle forze cosmologiche, le donne giriama hanno il potere di preservare il villaggio e la popolazione dalle avversità e dalle malattie. Ecco che la loro importanza si manifesta solo periodicamente attraverso la potenza dell’autorità esoterica e religiosa, confermando in questo modo il loro ruolo di custodi della fertilità e di contatto con il mondo degli spiriti. La loro diligenza nel rispettare le importanti fasi del rituale,garantisce all’intero villaggio continuità e prosperità. In Africa si è lungamente creduto che la ricchezza risiedesse nel dominio esercitato sullepersone e non sulla terra o sulle proprietà materiali. Il potere dunque di controllare sia la riproduzione sia la fertilità è un importante aspetto del ruolo della donna all’interno della società patrilineare dei giriama. Durante il colonialismo, però, ed in seguito all’insediamento dei coloni, i Giriama si allontanarono dai loro villaggi fortificati situati nella foresta, insediandosi lungo le nuove vie di scambio dei britannici. Questo fu necessario perché in questo periodo ci fu un notevole incremento della popolazione e quindi le Kaya risultavano essere troppo piccole per contenere e mantenere tuttii membri del villaggio. I valori tradizionali subirono così una radicale trasformazione. I Giriama ora avevano saggiato la prosperità economica e i benefici della proprietà, concetti fino a quel momento sconosciuti. I nuovi valori operarono fortemente sulla frammentazione dei gruppi familiari, che a sua volta influì sulla condizione della donna, custode della fertilità dei membri del villaggio. Nell’epoca coloniale il maschio, fonte di benessere per i membri della famiglia, divenne sempre più importante, a discapito del ruolo della donna che ebbe ben presto un ruolo marginale. Ladispersione territoriale dei vari clan, ebbe inevitabilmente gravi effetti sulla strutturazione dellasocietà dei Giriama poiché, a causa delle lunghe distanze, le donne non poterono più incontrarsi pereseguire i rituali per il mantenimento della fertilità. Fu a causa di questa dispersione che accrebbel’importanza della figura maschile, e quindi del patrilignaggio, a discapito del matrilignaggio femminile.Con il colonialismo si era sviluppata una crescente ineguaglianza tra i sessi, causata dalla visione eurocentrica della superiorità dell’uomo. Ciò causò la trasformazione delle istituzioni socialidei Giriama, testimoniata dalla alienazione delle donne dalla terra e dagli altri mezzi di produzione.La figura maschile si rafforzò nei ruoli politici e giuridici che causarono così un’ulteriore marginalizzazione della donna. Lo sbilanciamento del potere a favore dell’uomo è tuttora evidente nell’utilizzo degli spaziall’interno del villaggio. Mentre la donna è costretta a nascondere i suoi simboli lontano dal villaggio, a riprova del decentramento del suo potere, rispetto a quello maschile, l’uomo mantiene la propria predominanza riunendosi al centro del villaggio, dhome, al fine di conversare, scambiarsi opinioni e istruire i giovani maschi, insegnando loro le leggende dei Giriama e iniziandoli alla vita degli uomini. Tutto ciò rafforza il pensiero secondo cui la figura dell’uomo è perdurante mentre quella della donna è mobile e impermanente. Il potere femminile subisce un ulteriore indebolimento quando si prendono in considerazione le modalità ereditarie dei vifudu. Come abbiamo detto, sono le donne anziane a passare alle loro figlie o alle loro nipoti la custodia dei vasi al momento della morte. Tuttavia secondo le regole sociali della residenza dei Giriama, vige la virilocalità, ovvero quando una donnasi sposa, si trasferisce all’interno del clan a cui appartiene il marito. In questo modo il patriclan di cui lei faceva parte si sente minacciato poiché i vasi non sono più custoditi all’interno del villaggio,ma seguono la donna nel villaggio del marito. In questo modo i vifudu non possono più garantire l’incolumità del villaggio di origine. Al fine di salvaguardare il benessere della collettività, la custodia dei vasi passò gradualmente all’uomo, che giustificava tale atto come prestito temporaneo. L’influsso del colonialismo, del declassamento della donna e della dispersione territoriale,hanno fortemente influito sul ruolo primario della donna all’interno dei villaggi, tanto che ora ilpotere dei vasi ha cambiato genere. In questo contesto l’unica autorità maschile in grado dicondensare il significato esoterico e mistico dei vifudu, è quella del guaritore tradizionale, il qualeha il potere infuso dagli antenati del villaggio di garantire la fertilità della donna tramite rituali, curee medicinali di cui solo lui è a conoscenza. Oggi giorno quindi si può asserire che la fertilità viene curata anche individualmente tramiteil potere ancestrale della figura del muganga.
Fonte: Guide.SuperEva.it
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Re: Tribù Giriama...
il guaritore tradizionale Giriama Il muganga.
il guaritore tradizionale, gode di una considerazione notevole all’interno dellenove tribù del gruppo dei Mijikenda, poiché attraverso i suoi poteri, è in grado di curare malattie e alleviare dolori. Avviene spesso anche oggi, che ai primi sintomi di una malattia, il paziente, al posto del medico, chieda di poter consultare il guaritore tradizionale. Le motivazioni di tale considerazione si possono ritrovare nel rituale di investitura del potere spirituale ed esoterico. La scelta del muganga non è casuale, ma viene eletto direttamente dagli spiriti dei suoi antenati che gli infondono l’onniscienza che il guaritore dimostra padroneggiando gli arcani segreti della medicina tradizionale o durante il contatto con gli spiriti. Il conferimento dei poteri può manifestarsi al futuro guaritore in vari modi, per esempio con dolori allo stomaco o altri malesseri.Il percorso di iniziazione del muganga è piuttosto complesso. Il prescelto deve recarsi sulla spiaggia di notte immergersi nell’acqua e parlare e ballare con i suoi avi, al ritorno nel villaggio viene sottoposto ad una cerimonia poi, dopo sette giorni il muganga deve recarsi nuovamente sulla spiaggia. Gli antenati gli indicano quali sono le piante curative per ogni male e gli infondono la conoscenza su come combinare le varie piante al fine di ottenere la cura più adatta.A dispetto della tradizione dei vifudu e come conseguenze di quanto riportato precedentemente, è frequente che siano le stesse donne a chiedere l’intervento del muganga per curare dolori al ventre o risolvere una presunta sterilità. Secondo le credenze dei Giriama la sterilità può essere causata dal malocchio fatto da uno stregone cattivo, chiamato muchawi in swahili o muzzawi in giriama. I membri del clan trovanoprotezione solamente attraverso l’aiuto del muganga che sottopone la paziente ad una serie di rituali purificatori durante cui è prevista la somministrazione in varie forme di medicine tradizionali. Durante il rituale il guaritore si veste e si dipinge il viso in modo da avere una apparenzaterrificante e che possa spaventare gli spiriti maligni. I colori usati per questa operazione sono ilbianco e il nero. Il primo colore simboleggia la purezza mentre il secondo serve per assorbire tuttala negatività e la stregoneria che si potrebbe manifestare durante il ritual I rituali si svolgono sotto al baobab del villaggio, albero ritenuto essere magico e sacro, le sue foglie vengono usate per i loro poteri curativi e benefici. È lì che gli antenati defunti trovano riposo e danno al guaritore la forza e il potere del rituale. I partecipanti si tolgono le scarpe per rispettare la sacralità del luogo. Questa pratica di derivazione islamica è stata adottata dai Giriama, a causa del mescolamento delle culture africana e mussulmana, dovuta alla presenza massiccia dei mercanti arabi sulla costa Keniota che per secoli la usarono per la tratta degli schiavi. La divinizzazione può essere pubblica oppure privata. Questa ricerca prenderà inconsiderazione solamente il primo caso. All’inizio della celebrazione la donna malata viene fatta sedere ai piedi dell’albero, restando interamente coperta per evitare la dispersione inutile di calore. Durante il rituale, infatti, il suo corpo verrà spesso pervaso da convulsioni e tremori. Ai piedi del baobab viene disegnato dal muganga una figura femminile che raffigurametaforicamente il corpo della paziente, vengono infatti stilizzate le varie parti del suo corpo, latesta, le spalle, l’utero e infine le gambe. Nella parte rappresentante l’utero femminile viene riposto un uovo, simbolo di vita e di fecondità. L’uovo, raffigurante l’ovulo della donna, durante il rituale verrà sostituito con un altro, che sarà metaforicamente più ricettivo del seme dell’uomo. Al fine di proteggere la figura disegnata da qualunque interferenza di spiriti maligni, ilmuganga posiziona un bastoncino di incenso vicino all’uovo in modo da scacciare gli spiritimalvagi. Sia l’uovo che l’incenso vengono portati dalla paziente, mentre la preparazione dellamedicina è di esclusiva competenza del muganga. Il guaritore la confeziona in base alla malattia chedeve curare, agendo su indicazione dei suoi antenati raccoglie piante e foglie dagli alberi (miti alsingolare muti) all’interno della foresta. Nella cura della fecondità vengono usate delle foglie,chiamate mukilifi, le stesse che vengono fatte essiccare e bruciate sul fuoco come presidioantimalarico. Le foglie vengono tolte delicatamente dalla pianta e poi collocate in un recipiente, ove vieneaggiunta il wuho ovvero un estratto liquido che proviene dagli alberi. Qui vengono lasciatemacerare fino a ricavare una pozione che verrà bevuta dalla paziente. Lo scopo è quello di lavarevia il male, “lo sporco” che affligge con la malattia il corpo della donna sofferente. La medicina non va sprecata poiché molto preziosa, quindi le mani che hanno toccato le foglie, vengono fatte sgocciolare sopra il contenitore e leccate in modo da non sprecare neppure una goccia del prezioso liquido. Durante questa operazione il muganga parla con gli spiriti recitando la seguenteinvocazione: “Ho dinnanzi a me una persona molto malata, ho potuto appurare che ha mal di stomaco, vi prego di aiutarmi a guarirla e che possa rimettersi subito unavolta somministrata la medicina che voi stessi mi avete indicato.”In seguito la paziente viene chiamata dal guaritore e le viene tolto il velo che le copriva ilcapo e le spalle. Viene fatta sedere sopra la figura disegnata dal guaritore ed invitata ad esprimere ilsuo dolore. Ella ripete più e più volte la causa del suo male e si massaggia la parte dolorante. Il guaritore si adopera molto per tranquillizzare la sua paziente, in questo rituale è sicuramente ingioco una forte componente psicologica. Mentre recita la litania la paziente beve la pozione, il guaritore poi, le somministra un’altramedicina di colore nero, chiamato muhaso mwiru,composta da radici, foglie e rami polverizzati e mescolati con della cenere, che viene posizionata direttamente sulla lingua della paziente per favorirne l’assorbimento tramite la saliva e sotto gli occhi vicino ai dotti lacrimali, infine sul petto.Essendo molto prezioso il medicinale non viene mai conservato nelle case ma all’esterno inposti segreti, spesso sotto terra, poiché qualora ci fosse un incendio la medicina non verrà intaccatae le sue proprietà rimarranno intatte. Il metodo di verifica dell’efficacia dei medicinali è molto semplice e consiste nel mettere inequilibrio sulla testa della paziente un vaso. Se il contenitore resta in equilibrio significa che ilguaritore è riuscito ad allontanare il male e che la donna è definitivamente guarita. Se invece il vasocade significa che la maledizione è molto forte e che il muchawi è molto più potente del mugangache dovrà agire con maggiore forza. Dopo aver appurato che la cliente sta meglio, viene fatta alzare e le viene richiesto dicamminare cinque volte lungo la figura stilizzata precedentemente disegnata a terra. La clientetrascina i piedi cancellandone i contorni, al quinto passaggio schiaccia l’uovo con un piede,rompendolo. Questo gesto simboleggia la rottura dell’uovo sterile che ora può essere sostituito daquello fertile.
Il rituale si conclude con il lavaggio dei piedi effettuato con un ramoscello immerso in ciòche rimane della pozione. Attraverso delicate bacchettate il muganga lava simbolicamente ogni residuo del male dal corpo della donna scacciando contemporaneamente ogni spirito maligno. È un simbolo di transizione: il vecchio se ne va e viene rimpiazzato dal nuovo. È questo il momento in cui il guaritore si deve appartare per bruciare dell’incenso, sopra alfumo fa passare un piccolo fascio di rami e corteccia uniti assieme da un legaccio vegetale. Durante l’atto vengono esortati gli antenati con una preghiera: “questa medicina non è stata rubata, ma sono stati gli spiriti ad indicarmi cosaraccogliere. Che la persona lasci qui ogni male e che possa andare in pace” .Il rituale è terminato. Il guaritore consegna alla paziente il piccolo fascio vegetale, con la raccomandazione di bollirlo nell’acqua, in modo da estrarne le proprietà. Il decotto va bevuto la mattina a stomaco vuoto e la sera prima di andare a dormire, fino a quando, a causa delle ripetute bolliture, non perde la tipica colorazione nera o marrone dovuta ai principi attivi contenuti nelle piante. La decolorazione della pozione segna la fine della terapia.
Fonte: Guide.SuperEva.it
il guaritore tradizionale, gode di una considerazione notevole all’interno dellenove tribù del gruppo dei Mijikenda, poiché attraverso i suoi poteri, è in grado di curare malattie e alleviare dolori. Avviene spesso anche oggi, che ai primi sintomi di una malattia, il paziente, al posto del medico, chieda di poter consultare il guaritore tradizionale. Le motivazioni di tale considerazione si possono ritrovare nel rituale di investitura del potere spirituale ed esoterico. La scelta del muganga non è casuale, ma viene eletto direttamente dagli spiriti dei suoi antenati che gli infondono l’onniscienza che il guaritore dimostra padroneggiando gli arcani segreti della medicina tradizionale o durante il contatto con gli spiriti. Il conferimento dei poteri può manifestarsi al futuro guaritore in vari modi, per esempio con dolori allo stomaco o altri malesseri.Il percorso di iniziazione del muganga è piuttosto complesso. Il prescelto deve recarsi sulla spiaggia di notte immergersi nell’acqua e parlare e ballare con i suoi avi, al ritorno nel villaggio viene sottoposto ad una cerimonia poi, dopo sette giorni il muganga deve recarsi nuovamente sulla spiaggia. Gli antenati gli indicano quali sono le piante curative per ogni male e gli infondono la conoscenza su come combinare le varie piante al fine di ottenere la cura più adatta.A dispetto della tradizione dei vifudu e come conseguenze di quanto riportato precedentemente, è frequente che siano le stesse donne a chiedere l’intervento del muganga per curare dolori al ventre o risolvere una presunta sterilità. Secondo le credenze dei Giriama la sterilità può essere causata dal malocchio fatto da uno stregone cattivo, chiamato muchawi in swahili o muzzawi in giriama. I membri del clan trovanoprotezione solamente attraverso l’aiuto del muganga che sottopone la paziente ad una serie di rituali purificatori durante cui è prevista la somministrazione in varie forme di medicine tradizionali. Durante il rituale il guaritore si veste e si dipinge il viso in modo da avere una apparenzaterrificante e che possa spaventare gli spiriti maligni. I colori usati per questa operazione sono ilbianco e il nero. Il primo colore simboleggia la purezza mentre il secondo serve per assorbire tuttala negatività e la stregoneria che si potrebbe manifestare durante il ritual I rituali si svolgono sotto al baobab del villaggio, albero ritenuto essere magico e sacro, le sue foglie vengono usate per i loro poteri curativi e benefici. È lì che gli antenati defunti trovano riposo e danno al guaritore la forza e il potere del rituale. I partecipanti si tolgono le scarpe per rispettare la sacralità del luogo. Questa pratica di derivazione islamica è stata adottata dai Giriama, a causa del mescolamento delle culture africana e mussulmana, dovuta alla presenza massiccia dei mercanti arabi sulla costa Keniota che per secoli la usarono per la tratta degli schiavi. La divinizzazione può essere pubblica oppure privata. Questa ricerca prenderà inconsiderazione solamente il primo caso. All’inizio della celebrazione la donna malata viene fatta sedere ai piedi dell’albero, restando interamente coperta per evitare la dispersione inutile di calore. Durante il rituale, infatti, il suo corpo verrà spesso pervaso da convulsioni e tremori. Ai piedi del baobab viene disegnato dal muganga una figura femminile che raffigurametaforicamente il corpo della paziente, vengono infatti stilizzate le varie parti del suo corpo, latesta, le spalle, l’utero e infine le gambe. Nella parte rappresentante l’utero femminile viene riposto un uovo, simbolo di vita e di fecondità. L’uovo, raffigurante l’ovulo della donna, durante il rituale verrà sostituito con un altro, che sarà metaforicamente più ricettivo del seme dell’uomo. Al fine di proteggere la figura disegnata da qualunque interferenza di spiriti maligni, ilmuganga posiziona un bastoncino di incenso vicino all’uovo in modo da scacciare gli spiritimalvagi. Sia l’uovo che l’incenso vengono portati dalla paziente, mentre la preparazione dellamedicina è di esclusiva competenza del muganga. Il guaritore la confeziona in base alla malattia chedeve curare, agendo su indicazione dei suoi antenati raccoglie piante e foglie dagli alberi (miti alsingolare muti) all’interno della foresta. Nella cura della fecondità vengono usate delle foglie,chiamate mukilifi, le stesse che vengono fatte essiccare e bruciate sul fuoco come presidioantimalarico. Le foglie vengono tolte delicatamente dalla pianta e poi collocate in un recipiente, ove vieneaggiunta il wuho ovvero un estratto liquido che proviene dagli alberi. Qui vengono lasciatemacerare fino a ricavare una pozione che verrà bevuta dalla paziente. Lo scopo è quello di lavarevia il male, “lo sporco” che affligge con la malattia il corpo della donna sofferente. La medicina non va sprecata poiché molto preziosa, quindi le mani che hanno toccato le foglie, vengono fatte sgocciolare sopra il contenitore e leccate in modo da non sprecare neppure una goccia del prezioso liquido. Durante questa operazione il muganga parla con gli spiriti recitando la seguenteinvocazione: “Ho dinnanzi a me una persona molto malata, ho potuto appurare che ha mal di stomaco, vi prego di aiutarmi a guarirla e che possa rimettersi subito unavolta somministrata la medicina che voi stessi mi avete indicato.”In seguito la paziente viene chiamata dal guaritore e le viene tolto il velo che le copriva ilcapo e le spalle. Viene fatta sedere sopra la figura disegnata dal guaritore ed invitata ad esprimere ilsuo dolore. Ella ripete più e più volte la causa del suo male e si massaggia la parte dolorante. Il guaritore si adopera molto per tranquillizzare la sua paziente, in questo rituale è sicuramente ingioco una forte componente psicologica. Mentre recita la litania la paziente beve la pozione, il guaritore poi, le somministra un’altramedicina di colore nero, chiamato muhaso mwiru,composta da radici, foglie e rami polverizzati e mescolati con della cenere, che viene posizionata direttamente sulla lingua della paziente per favorirne l’assorbimento tramite la saliva e sotto gli occhi vicino ai dotti lacrimali, infine sul petto.Essendo molto prezioso il medicinale non viene mai conservato nelle case ma all’esterno inposti segreti, spesso sotto terra, poiché qualora ci fosse un incendio la medicina non verrà intaccatae le sue proprietà rimarranno intatte. Il metodo di verifica dell’efficacia dei medicinali è molto semplice e consiste nel mettere inequilibrio sulla testa della paziente un vaso. Se il contenitore resta in equilibrio significa che ilguaritore è riuscito ad allontanare il male e che la donna è definitivamente guarita. Se invece il vasocade significa che la maledizione è molto forte e che il muchawi è molto più potente del mugangache dovrà agire con maggiore forza. Dopo aver appurato che la cliente sta meglio, viene fatta alzare e le viene richiesto dicamminare cinque volte lungo la figura stilizzata precedentemente disegnata a terra. La clientetrascina i piedi cancellandone i contorni, al quinto passaggio schiaccia l’uovo con un piede,rompendolo. Questo gesto simboleggia la rottura dell’uovo sterile che ora può essere sostituito daquello fertile.
Il rituale si conclude con il lavaggio dei piedi effettuato con un ramoscello immerso in ciòche rimane della pozione. Attraverso delicate bacchettate il muganga lava simbolicamente ogni residuo del male dal corpo della donna scacciando contemporaneamente ogni spirito maligno. È un simbolo di transizione: il vecchio se ne va e viene rimpiazzato dal nuovo. È questo il momento in cui il guaritore si deve appartare per bruciare dell’incenso, sopra alfumo fa passare un piccolo fascio di rami e corteccia uniti assieme da un legaccio vegetale. Durante l’atto vengono esortati gli antenati con una preghiera: “questa medicina non è stata rubata, ma sono stati gli spiriti ad indicarmi cosaraccogliere. Che la persona lasci qui ogni male e che possa andare in pace” .Il rituale è terminato. Il guaritore consegna alla paziente il piccolo fascio vegetale, con la raccomandazione di bollirlo nell’acqua, in modo da estrarne le proprietà. Il decotto va bevuto la mattina a stomaco vuoto e la sera prima di andare a dormire, fino a quando, a causa delle ripetute bolliture, non perde la tipica colorazione nera o marrone dovuta ai principi attivi contenuti nelle piante. La decolorazione della pozione segna la fine della terapia.
Fonte: Guide.SuperEva.it
dolcemagic- Sostenitore
- Numero di messaggi : 1817
Data d'iscrizione : 23.10.09
Età : 51
Località : Verbania ( lago Maggiore )!!!
Re: Tribù Giriama...
Ciao a tutti.....
forse a pochi potrà interessare, ma avendo io un ragazzo "giriama" ho voluto documentarmi e postare qui quello che ho trovato.....
In questo mese che il mio ragazzo è stato qui da me mi sono fatta raccontare moooltissime "cose" riguardante la sua tribù e.....purtroppo....anche li oramai stanno sparendo alcune tradizioni.
Mi hanno sempre affascinato gli usi e costumi di un popolo a me tanto distante e ora che "l'ho" a portata di mano.....ne approfitto
Ora anche li è cambiato, mi racconta sempre Marc, ma alcune cose davvero esistono ancora e le salvaguardano.......operano parallelamente alle tradizioni moderne, mantenendo sempre qualcosa della loro tribù.
AFFASCINANTE!!!!
Cinzia.
forse a pochi potrà interessare, ma avendo io un ragazzo "giriama" ho voluto documentarmi e postare qui quello che ho trovato.....
In questo mese che il mio ragazzo è stato qui da me mi sono fatta raccontare moooltissime "cose" riguardante la sua tribù e.....purtroppo....anche li oramai stanno sparendo alcune tradizioni.
Mi hanno sempre affascinato gli usi e costumi di un popolo a me tanto distante e ora che "l'ho" a portata di mano.....ne approfitto
Ora anche li è cambiato, mi racconta sempre Marc, ma alcune cose davvero esistono ancora e le salvaguardano.......operano parallelamente alle tradizioni moderne, mantenendo sempre qualcosa della loro tribù.
AFFASCINANTE!!!!
Cinzia.
dolcemagic- Sostenitore
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Località : Verbania ( lago Maggiore )!!!
E brava Cinzia......Faccio un'aggiunta
I mijikenda sono un gruppo di etnie africane che vivono sulla costa dal sud della Somalia al nord della Tanzania. La grande maggioranza vive quindi in Kenya. Il nome significa ‘le nove città’ e deriva dallo swahili. Mji significa città (miji è il plurale), kenda è l'antico nome di origine bantu del numero nove (oggi il swahili usa tisa, dall’arabo). La parola miji sembra riferirsi non tanto a città specifiche, ma piuttosto a dei luoghi santi, i kaya. Questi erano boschetti abitati dagli antenati, e quindi città in senso lato. Ogni gruppo degli mijikenda aveva la sua kaya.
I nove gruppi che formano i mijikenda provengono da luoghi diversi. Si tratta di gruppi bantu, o assimilati ai bantu, giunti sulla costa già prima del decimo secolo. A questi, si sono aggiunti vari schiavi fuggiti o affrancati durante il periodo della tratta. I mijikenda parlano lingue diverse, ma comunemente intelligibili. Queste lingue, sotto l’influsso dell’arabo e del bisogno di una lingua veicolare, hanno contribuito alla nascita del swahili. Sebbene le lingue mijikenda persistano, si nota un uso sempre più frequente del swahili da parte di tutti gli abitanti della costa. L'affinità tra le lingue ha portato a delle confusioni nello studio e comprensione di queste lingue.
La tribù Mijikenda è una tribù composito. Mijikenda significa " le nove città "in quanto questa tribù è in realtà composta da 9 gruppi etnici distinti di persone: i Kauma , Chonyi , Jibana , Giriama , Kamabe , Ribe, Rabai , Duruma e digo .
Tutti parlano la stessa lingua Mijikenda , ma ogni gruppo ha il suo linguaggio . Tutti vivono lungo un crinale in prossimità della costa del Kenya e della Tanzania. Questa tribù è talvolta chiamata anche Nyika , anche se questo non è un termine gentile quanto significa "popolo Bush ".
Fonte:Kenya-Advisor
********************************************
Ho tanti amici Giriama in quel di Malindi e zone vicine, oltretutto ho una grande amicizia con un guaritore in questo caso donna che vive a Muyeye,personaggio simpaticissimo di età indefinità, secondo me avrà cent'anni, ogni volta che la vado a trovare si festeggia e si mangia carne di pecora uccisa per l'occasione.
Ai Giriama gli è stata affibiata un usanza in senso dispregiativo, praticamente vengono anche chiamati mangiatori di topi.
Fio
I nove gruppi che formano i mijikenda provengono da luoghi diversi. Si tratta di gruppi bantu, o assimilati ai bantu, giunti sulla costa già prima del decimo secolo. A questi, si sono aggiunti vari schiavi fuggiti o affrancati durante il periodo della tratta. I mijikenda parlano lingue diverse, ma comunemente intelligibili. Queste lingue, sotto l’influsso dell’arabo e del bisogno di una lingua veicolare, hanno contribuito alla nascita del swahili. Sebbene le lingue mijikenda persistano, si nota un uso sempre più frequente del swahili da parte di tutti gli abitanti della costa. L'affinità tra le lingue ha portato a delle confusioni nello studio e comprensione di queste lingue.
La tribù Mijikenda è una tribù composito. Mijikenda significa " le nove città "in quanto questa tribù è in realtà composta da 9 gruppi etnici distinti di persone: i Kauma , Chonyi , Jibana , Giriama , Kamabe , Ribe, Rabai , Duruma e digo .
Tutti parlano la stessa lingua Mijikenda , ma ogni gruppo ha il suo linguaggio . Tutti vivono lungo un crinale in prossimità della costa del Kenya e della Tanzania. Questa tribù è talvolta chiamata anche Nyika , anche se questo non è un termine gentile quanto significa "popolo Bush ".
Fonte:Kenya-Advisor
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Ho tanti amici Giriama in quel di Malindi e zone vicine, oltretutto ho una grande amicizia con un guaritore in questo caso donna che vive a Muyeye,personaggio simpaticissimo di età indefinità, secondo me avrà cent'anni, ogni volta che la vado a trovare si festeggia e si mangia carne di pecora uccisa per l'occasione.
Ai Giriama gli è stata affibiata un usanza in senso dispregiativo, praticamente vengono anche chiamati mangiatori di topi.
Fio
fio- Sostenitore
- Numero di messaggi : 3168
Data d'iscrizione : 21.04.09
Età : 77
Località : Como-Malindi-Africa
Re: Tribù Giriama...
.....vero sai.....
Marc mi ha detto che anche lui ha provato a mangiare i topi, non puoi immaginare la mia faccia inorridita nel sentirglielo dire.....era in compagnia di un mzungo di como, che periodicamente va a trovarlo, conosciuto al Golf di Malindi, e mi ha confessato che non è poi così male!!! Mi ha spiegato che i topi che mangiano ( o cmq oramai quasi in disuso se non per fare folklore ecc), non sono i classici topi di fogna, ma sono quelli che si cibano dei chicchi di grano che, durante la raccolta, vengono disseminati qua e la nel terreno. In priatica non sono "sporchi"!!!!
Fatto sta...che io ho storto il naso e solo se ci penso mi viene il mal dis tomaco, ahahaha.
ANZI................. ti dirò di più, proprio in settimana ho visto un documentario, non vorrei dire una fesseria ma se non sbaglia SUCCEDE ANCORA OGGi in India, o cmq in paesi dell'India, che i topi vivono in simbiosi con gli uomini, vengono considerati animali sacri, e anche li ho visto immagini, per me, raccapriccianti, persone che mangiavano nello stesso piatto con i topi, o semplicemente che passeggiavano per casa, come da noi i gatti, insomma......paese che vai, usanze che trovi.
Ti confesso Fio, che questo mi fa riflettere ogni volta, perchè, e io mi ci metto per prima, pensiamo che noi occidentali, che le nostre usanze siano sempre le migliori delle altre, e che quello che succede "intorno", nei paesi a noi sconosciuti, debbano essere sempre considerate "dispregiative". Se penso che qui, purtroppo ancora oggi, nelle valli su per l'Ossola, mi raccontano che mangiano i gatti ( ricordo che è severamente vietato qui da noi), ma come vedi......
Penso che Marc mi abbia arricchito, nel senso che piano piano riesco ad ampliare le mie vedute, a non essere sempre così rigida, e soprattutto a PENSARE CHE NON ESISTIAMO SOLO NOI, ma il Mondo è fatto di tanti, di tutti, e di mille usanze, diversissime dalle nostre, ma.....cmq...da rispettare!!!
( Sto sorridendo)...perchè mi hai fatto venire in mente la faccia che ho fatto quando Marc mi raccontava queste usanze....e lui a sua volta rideva nel vedere me!!!
Non lo ringrazierò mai abbastanza........perchè mi rendo conto che è bello poter scambiare le proprie idee, le proprie esperienze di vita. Spero che qualcuno dall'alto ( io lo chiamo Dio), mi dia la possibilità di poter costruire la mia vita accanto a lui, e se così sarà, allora potrò dire di avere fatto il mio SUPERENALOTTO!!!!
Piccole esperienze di vita, la mia vita con Marc.....che poco alla volta vi aggiornerò!!!
Busu, busu
Cinzia.
Marc mi ha detto che anche lui ha provato a mangiare i topi, non puoi immaginare la mia faccia inorridita nel sentirglielo dire.....era in compagnia di un mzungo di como, che periodicamente va a trovarlo, conosciuto al Golf di Malindi, e mi ha confessato che non è poi così male!!! Mi ha spiegato che i topi che mangiano ( o cmq oramai quasi in disuso se non per fare folklore ecc), non sono i classici topi di fogna, ma sono quelli che si cibano dei chicchi di grano che, durante la raccolta, vengono disseminati qua e la nel terreno. In priatica non sono "sporchi"!!!!
Fatto sta...che io ho storto il naso e solo se ci penso mi viene il mal dis tomaco, ahahaha.
ANZI................. ti dirò di più, proprio in settimana ho visto un documentario, non vorrei dire una fesseria ma se non sbaglia SUCCEDE ANCORA OGGi in India, o cmq in paesi dell'India, che i topi vivono in simbiosi con gli uomini, vengono considerati animali sacri, e anche li ho visto immagini, per me, raccapriccianti, persone che mangiavano nello stesso piatto con i topi, o semplicemente che passeggiavano per casa, come da noi i gatti, insomma......paese che vai, usanze che trovi.
Ti confesso Fio, che questo mi fa riflettere ogni volta, perchè, e io mi ci metto per prima, pensiamo che noi occidentali, che le nostre usanze siano sempre le migliori delle altre, e che quello che succede "intorno", nei paesi a noi sconosciuti, debbano essere sempre considerate "dispregiative". Se penso che qui, purtroppo ancora oggi, nelle valli su per l'Ossola, mi raccontano che mangiano i gatti ( ricordo che è severamente vietato qui da noi), ma come vedi......
Penso che Marc mi abbia arricchito, nel senso che piano piano riesco ad ampliare le mie vedute, a non essere sempre così rigida, e soprattutto a PENSARE CHE NON ESISTIAMO SOLO NOI, ma il Mondo è fatto di tanti, di tutti, e di mille usanze, diversissime dalle nostre, ma.....cmq...da rispettare!!!
( Sto sorridendo)...perchè mi hai fatto venire in mente la faccia che ho fatto quando Marc mi raccontava queste usanze....e lui a sua volta rideva nel vedere me!!!
Non lo ringrazierò mai abbastanza........perchè mi rendo conto che è bello poter scambiare le proprie idee, le proprie esperienze di vita. Spero che qualcuno dall'alto ( io lo chiamo Dio), mi dia la possibilità di poter costruire la mia vita accanto a lui, e se così sarà, allora potrò dire di avere fatto il mio SUPERENALOTTO!!!!
Piccole esperienze di vita, la mia vita con Marc.....che poco alla volta vi aggiornerò!!!
Busu, busu
Cinzia.
dolcemagic- Sostenitore
- Numero di messaggi : 1817
Data d'iscrizione : 23.10.09
Età : 51
Località : Verbania ( lago Maggiore )!!!
Re: Tribù Giriama...
interessanti queste informazioni, grazie Cinzia, grazie Fio !!
vero, sui mangiatori di topi, e ognuno ha le sue usanze, non vi dico io
la faccia che ha fatto un amico quando gli ho detto che qui si mangiano
le rane !!
vero, sui mangiatori di topi, e ognuno ha le sue usanze, non vi dico io
la faccia che ha fatto un amico quando gli ho detto che qui si mangiano
le rane !!
maria- Simpatizzante
- Numero di messaggi : 55
Data d'iscrizione : 15.01.10
Età : 51
Località : xx
Re: Tribù Giriama...
anche il mio ragazzo é giriama, ma i topi non li mangia!
thank God...
thank God...
frab- Amico del forum
- Numero di messaggi : 239
Data d'iscrizione : 26.04.10
Età : 43
Località : Malindi
Re: Tribù Giriama...
Il mio invece ha provato ad assaggiarli, ahahaha
Non sapevo che anche tu avessi un ragazzo "cioccolatino"....
perchè non scrivi qualcosina di voi, come vi siete conosciuti, da quanto state insieme...... daiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, facci partecipe un pochino anche noi della tua "love story".
Bacio
Cinzia.
Non sapevo che anche tu avessi un ragazzo "cioccolatino"....
perchè non scrivi qualcosina di voi, come vi siete conosciuti, da quanto state insieme...... daiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, facci partecipe un pochino anche noi della tua "love story".
Bacio
Cinzia.
dolcemagic- Sostenitore
- Numero di messaggi : 1817
Data d'iscrizione : 23.10.09
Età : 51
Località : Verbania ( lago Maggiore )!!!
Re: Tribù Giriama...
ma come no?!?!?!
vabbé, ora non ho tempo sto scappando, magari un giorno...
vabbé, ora non ho tempo sto scappando, magari un giorno...
frab- Amico del forum
- Numero di messaggi : 239
Data d'iscrizione : 26.04.10
Età : 43
Località : Malindi
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