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L'AFRICA DELLA MUSICA
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L'AFRICA DELLA MUSICA
L'AFRICA DELLA MUSICA
Dire musica in Africa e' come dire anima. Non esiste azione quotidiana o circostanza che non sia scandita da un ritmo musicale. Non esiste etnia che non abbia una sua musica, una sua danza, un suo canto. Nella musica sono riposte speranze, attese e alla musica sono affidate anche denunce di diritti negati.
Il Bacino del Congo e' una regione tra le piu' creative della musica dei neri e anche il luogo di quella contaminazione che va sotto il nome di 'world music'. Cantanti ve ne sono a ogni angolo di strada. In ogni locale, disco bar o night che dir si voglia c'e' una piccola orchestra piu' o meno affermata. In quei luoghi nascono illusioni, sogni di grandezza o anche la sola aspirazione a mantenersi con la musica. Ma i sogni si avverano per pochi, il piu' delle volte si infrangono con una realta' ingenerosa: un mercato che non esiste. Anzi, un mercato che c'e', ma in maniera informale, parallela, dove la pirateria la fa da padrona.
Oggi in Africa, tranne qualche raro eccezione, con la musica non ci si mantiene. Non importa se si ha talento da vendere, perche' mancano leggi a tutela del diritto d'autore o, quando ci sono, restano inapplicate. "Non esistono progetti di sviluppo culturale", dice con amarezza Patrich Tatih, trombettista della Repubblica del Congo, che un po' di fortuna, in Svizzera, e' riuscito a farla. Di tanto in tanto torna nel suo Paese per proporre i suoi cd, ma non sa a chi venderli. Se li porta in una valigetta e li fa ascoltare ad amici e a qualche etichetta discografica. Allora e' andato a inventarsi il 'Festival de musique, la fete a Ndjindji', che inebria ogni mese di settembre i locali della capitale economica del Paese, Pointe Noire. "In Europa", continua Tatih, "ci sono i controlli. E in Africa anche quando le leggi esistono non sono applicate perche' non c'e' un'organizzazione adeguata e capace di tutelare le opere dell'intelletto e dell'ingegno".
E gli appelli a capi di Stati e di governo si moltiplicano. Il rapper burkinabe' Serge Bambara, miglior artista africano di hip-hop, in occasione del Kora Awards 2010, assieme ad altri artisti, invoco' maggiore incisivita' nella lotta contro la pirateria. Appelli che spesso cadono nel vuoto. Contrastare la pirateria, in Africa, significa combattere la poverta'. E' uno dei tanti paradossi di cui vive questo continente. Un cd originale costa circa 15 euro, una copia pirata 1,5. E' cosi' che il mercato informale prende il sopravvento su quello legale. Se si e' costretti a sopravvivere con poco e non si puo' fare a meno della musica, si e' alla merce' dei "pirati". In tutta l'Africa dell'Ovest i negozi di dischi chiudono, perche' non resistono all'onda d'urto della pirateria.
Sempre nella Repubblica del Congo, la 'Maison Bisso na Bisso', dove e' conservato il patrimonio musicale del Paese e di tutto il Bacino del Congo, rischia di chiudere. Qui, ancora oggi, si ritrovano musicisti e musicofili. Si possono ascoltare e duplicare brani che non si trovano nemmeno sul mercato informale. Mancano i fondi, nonostante sia stata riconosciuta la sua utilita' pubblica. Ma, dicono gli artisti, occorre fare in fretta, trovare i soldi per scongiurare il rischio che questo patrimonio vada disperso.
C'e' anche chi ha deciso di ricorrere al porta-a-porta per vendere i propri cd. Come il jazzista congolese Marcel Kouyena Mouzita, 68 anni, una carriera iniziata nel 1959 con le migliori orchestre jazz, che vende il suo ultimo disco percorrendo ogni giorno con un carrettino le strade di Brazzaville. "Posso arrivare a incassare", dice Muzita, "anche 100mila franchi Cfa (circa 150 euro) in un giorno, per dieci cd venduti. Ma tutto dipende da quanto tempo impiego con le energie che ho". In ogni caso Muzita e' soddisfatto.
Con la musica, dunque, si fatica a vivere. Chi mette su piccole formazioni e suona nei locali, incassa tra i 15 e i 20 euro a sera da dividere con i compagni. Altri, pur di farsi conoscere, fanno la fila davanti ai locali dove suonano i musicisti che hanno fatto fortuna, quelli che producono e vendono in Europa. L'obiettivo e' prendere parte a una 'jam session', per essere citati in un loro album. E questo ha un prezzo che in molti sono disposti a pagare pur di liberare l'anima..
Fonte:AGI di Angelo Ferrari
Dire musica in Africa e' come dire anima. Non esiste azione quotidiana o circostanza che non sia scandita da un ritmo musicale. Non esiste etnia che non abbia una sua musica, una sua danza, un suo canto. Nella musica sono riposte speranze, attese e alla musica sono affidate anche denunce di diritti negati.
Il Bacino del Congo e' una regione tra le piu' creative della musica dei neri e anche il luogo di quella contaminazione che va sotto il nome di 'world music'. Cantanti ve ne sono a ogni angolo di strada. In ogni locale, disco bar o night che dir si voglia c'e' una piccola orchestra piu' o meno affermata. In quei luoghi nascono illusioni, sogni di grandezza o anche la sola aspirazione a mantenersi con la musica. Ma i sogni si avverano per pochi, il piu' delle volte si infrangono con una realta' ingenerosa: un mercato che non esiste. Anzi, un mercato che c'e', ma in maniera informale, parallela, dove la pirateria la fa da padrona.
Oggi in Africa, tranne qualche raro eccezione, con la musica non ci si mantiene. Non importa se si ha talento da vendere, perche' mancano leggi a tutela del diritto d'autore o, quando ci sono, restano inapplicate. "Non esistono progetti di sviluppo culturale", dice con amarezza Patrich Tatih, trombettista della Repubblica del Congo, che un po' di fortuna, in Svizzera, e' riuscito a farla. Di tanto in tanto torna nel suo Paese per proporre i suoi cd, ma non sa a chi venderli. Se li porta in una valigetta e li fa ascoltare ad amici e a qualche etichetta discografica. Allora e' andato a inventarsi il 'Festival de musique, la fete a Ndjindji', che inebria ogni mese di settembre i locali della capitale economica del Paese, Pointe Noire. "In Europa", continua Tatih, "ci sono i controlli. E in Africa anche quando le leggi esistono non sono applicate perche' non c'e' un'organizzazione adeguata e capace di tutelare le opere dell'intelletto e dell'ingegno".
E gli appelli a capi di Stati e di governo si moltiplicano. Il rapper burkinabe' Serge Bambara, miglior artista africano di hip-hop, in occasione del Kora Awards 2010, assieme ad altri artisti, invoco' maggiore incisivita' nella lotta contro la pirateria. Appelli che spesso cadono nel vuoto. Contrastare la pirateria, in Africa, significa combattere la poverta'. E' uno dei tanti paradossi di cui vive questo continente. Un cd originale costa circa 15 euro, una copia pirata 1,5. E' cosi' che il mercato informale prende il sopravvento su quello legale. Se si e' costretti a sopravvivere con poco e non si puo' fare a meno della musica, si e' alla merce' dei "pirati". In tutta l'Africa dell'Ovest i negozi di dischi chiudono, perche' non resistono all'onda d'urto della pirateria.
Sempre nella Repubblica del Congo, la 'Maison Bisso na Bisso', dove e' conservato il patrimonio musicale del Paese e di tutto il Bacino del Congo, rischia di chiudere. Qui, ancora oggi, si ritrovano musicisti e musicofili. Si possono ascoltare e duplicare brani che non si trovano nemmeno sul mercato informale. Mancano i fondi, nonostante sia stata riconosciuta la sua utilita' pubblica. Ma, dicono gli artisti, occorre fare in fretta, trovare i soldi per scongiurare il rischio che questo patrimonio vada disperso.
C'e' anche chi ha deciso di ricorrere al porta-a-porta per vendere i propri cd. Come il jazzista congolese Marcel Kouyena Mouzita, 68 anni, una carriera iniziata nel 1959 con le migliori orchestre jazz, che vende il suo ultimo disco percorrendo ogni giorno con un carrettino le strade di Brazzaville. "Posso arrivare a incassare", dice Muzita, "anche 100mila franchi Cfa (circa 150 euro) in un giorno, per dieci cd venduti. Ma tutto dipende da quanto tempo impiego con le energie che ho". In ogni caso Muzita e' soddisfatto.
Con la musica, dunque, si fatica a vivere. Chi mette su piccole formazioni e suona nei locali, incassa tra i 15 e i 20 euro a sera da dividere con i compagni. Altri, pur di farsi conoscere, fanno la fila davanti ai locali dove suonano i musicisti che hanno fatto fortuna, quelli che producono e vendono in Europa. L'obiettivo e' prendere parte a una 'jam session', per essere citati in un loro album. E questo ha un prezzo che in molti sono disposti a pagare pur di liberare l'anima..
Fonte:AGI di Angelo Ferrari
fio- Sostenitore
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Data d'iscrizione : 21.04.09
Età : 77
Località : Como-Malindi-Africa
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