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Africa - La maledizione del pallone
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Africa - La maledizione del pallone
Africa - La maledizione del pallone
Oggi, per l'Africa, è il giorno più importante dell'anno. Almeno dal punto di vista sportivo. Alle 20.30, nel nuovo tempio calcistico sudafricano di Soccer City, a Johannesburg, il Ghana proverà a riuscire dove, prima di lui, Camerun e Senegal hanno fallito: portare finalmente una squadra africana alle semifinali della Coppa del Mondo, un sogno che tutto il continente aspetta da troppo tempo. Riusciranno le Black Stars nell'impresa contro un ostico e tignoso Uruguay? Quale che sia l'esito della partita, un bilancio sul Mondiale delle squadre africane lo si può comunque tirare. Ancora una volta, le attese non sono state pari ai risultati. Per la prima volta nella storia della Coppa del Mondo, sei squadre africane si sono presentate ai blocchi di partenza, ma solo una ha superato lo sbarramento del primo turno. In totale, le sei squadre sono riuscite a totalizzare appena due vittorie nella prima fase, un bilancio decisamente magro. E se le qualità di Sudafrica e Algeria, chiaramente modeste, sono forse state sopravvalutate dall'inizio, le esperte Nigeria e Camerun hanno deluso ancora una volta. Ma qual è il "male oscuro" dell'Africa calcistica? Il giorno dopo la fine dei gironi eliminatori e la strage di squadre africane, esperti ed ex giocatori si sono sbizzarriti dando le opinioni più disparate. Sicuramente la mancanza di un movimento locale organizzato, che parta dai bambini fino ad arrivare alle squadre professionistiche, si sente. L'Africa calcistica ha sfornato talenti del calibro di Drogba, Essien e dei fratelli Touré, ma il numero dei giocatori di qualità che ce la fanno a sfondare è di gran lunga inferiore al potenziale che il continente offre, sia in termini di talento (tecnico e fisico) che di grandezza del movimento calcio. Che in Africa, per la stragrande maggioranza dei Paesi, è il primo (e unico, a volte) sport praticato. La Costa d'Avorio saluta i suoi tifosi dopo l'eliminazione dalla Coppa del MondoE così, come in molti altri settori, la mancanza di denaro e investimenti non fa decollare il calcio africano. A pochi, talentuosi giocatori che prendono velocemente la strada dell'Europa, fanno fronte panorami nazionali spesso desolanti, dove rimangono a giocare calciatori modesti o che non riescono a fare il salto di qualità proprio per la mancanza di strutture e di un movimento adeguato. In Africa non mancano solamente club professionistici che possano competere con quelli europei o sudamericani: mancano stadi e campi di allenamento, allenatori e preparatori atletici di livello e, non ultimo, dirigenti all'altezza che siano capaci di pensare sul lungo periodo. E così, ogni quattro anni, le nazionali africane qualificate per il Mondiale si mettono in mano ad allenatori brasiliani, svedesi, serbi, francesi... Tutti strapagati e (quasi) tutti sistematicamente incapaci di invertire la rotta che vede le squadre del continente generalmente incapaci di passare anche solo la prima fase. A parte in Egitto, in Africa manca la capacità di pensare il calcio come un movimento complesso, che non si esaurisce nelle competizioni internazionali ma che vede in queste il completamento di un lavoro più capillare e, soprattutto, avviato molti anni prima di una Coppa del Mondo. Immersi in un ambiente così poco professionale e stimolante, anche i grandi campioni che giocano in Europa (Drogba ed Eto'o in primis) finiscono per steccare, per poi tornare immancabilmente a splendere nei "nostri" campionati. In tempi non sospetti, Pelè predisse che una squadra africana avrebbe vinto il Mondiale prima della fine del '900: un vaticinio che si è dimostrato fin troppo ottimistico, visto lo stato del calcio nel continente. La buona notizia è che, anche senza un grande movimento alle spalle, stasera il Ghana potrebbe fare un altro passo avanti per onorare, seppur in ritardo, l'oracolo di O Rey. Roba vecchia di un secolo ormai..
Fonte: Peacereporter
Oggi, per l'Africa, è il giorno più importante dell'anno. Almeno dal punto di vista sportivo. Alle 20.30, nel nuovo tempio calcistico sudafricano di Soccer City, a Johannesburg, il Ghana proverà a riuscire dove, prima di lui, Camerun e Senegal hanno fallito: portare finalmente una squadra africana alle semifinali della Coppa del Mondo, un sogno che tutto il continente aspetta da troppo tempo. Riusciranno le Black Stars nell'impresa contro un ostico e tignoso Uruguay? Quale che sia l'esito della partita, un bilancio sul Mondiale delle squadre africane lo si può comunque tirare. Ancora una volta, le attese non sono state pari ai risultati. Per la prima volta nella storia della Coppa del Mondo, sei squadre africane si sono presentate ai blocchi di partenza, ma solo una ha superato lo sbarramento del primo turno. In totale, le sei squadre sono riuscite a totalizzare appena due vittorie nella prima fase, un bilancio decisamente magro. E se le qualità di Sudafrica e Algeria, chiaramente modeste, sono forse state sopravvalutate dall'inizio, le esperte Nigeria e Camerun hanno deluso ancora una volta. Ma qual è il "male oscuro" dell'Africa calcistica? Il giorno dopo la fine dei gironi eliminatori e la strage di squadre africane, esperti ed ex giocatori si sono sbizzarriti dando le opinioni più disparate. Sicuramente la mancanza di un movimento locale organizzato, che parta dai bambini fino ad arrivare alle squadre professionistiche, si sente. L'Africa calcistica ha sfornato talenti del calibro di Drogba, Essien e dei fratelli Touré, ma il numero dei giocatori di qualità che ce la fanno a sfondare è di gran lunga inferiore al potenziale che il continente offre, sia in termini di talento (tecnico e fisico) che di grandezza del movimento calcio. Che in Africa, per la stragrande maggioranza dei Paesi, è il primo (e unico, a volte) sport praticato. La Costa d'Avorio saluta i suoi tifosi dopo l'eliminazione dalla Coppa del MondoE così, come in molti altri settori, la mancanza di denaro e investimenti non fa decollare il calcio africano. A pochi, talentuosi giocatori che prendono velocemente la strada dell'Europa, fanno fronte panorami nazionali spesso desolanti, dove rimangono a giocare calciatori modesti o che non riescono a fare il salto di qualità proprio per la mancanza di strutture e di un movimento adeguato. In Africa non mancano solamente club professionistici che possano competere con quelli europei o sudamericani: mancano stadi e campi di allenamento, allenatori e preparatori atletici di livello e, non ultimo, dirigenti all'altezza che siano capaci di pensare sul lungo periodo. E così, ogni quattro anni, le nazionali africane qualificate per il Mondiale si mettono in mano ad allenatori brasiliani, svedesi, serbi, francesi... Tutti strapagati e (quasi) tutti sistematicamente incapaci di invertire la rotta che vede le squadre del continente generalmente incapaci di passare anche solo la prima fase. A parte in Egitto, in Africa manca la capacità di pensare il calcio come un movimento complesso, che non si esaurisce nelle competizioni internazionali ma che vede in queste il completamento di un lavoro più capillare e, soprattutto, avviato molti anni prima di una Coppa del Mondo. Immersi in un ambiente così poco professionale e stimolante, anche i grandi campioni che giocano in Europa (Drogba ed Eto'o in primis) finiscono per steccare, per poi tornare immancabilmente a splendere nei "nostri" campionati. In tempi non sospetti, Pelè predisse che una squadra africana avrebbe vinto il Mondiale prima della fine del '900: un vaticinio che si è dimostrato fin troppo ottimistico, visto lo stato del calcio nel continente. La buona notizia è che, anche senza un grande movimento alle spalle, stasera il Ghana potrebbe fare un altro passo avanti per onorare, seppur in ritardo, l'oracolo di O Rey. Roba vecchia di un secolo ormai..
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