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Kenya - Nairobi, la svolta passa per la nuova Costituzione
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Kenya - Nairobi, la svolta passa per la nuova Costituzione
Kenya - Nairobi, la svolta passa per la nuova Costituzione
I processi di riforma costituzionale, come vediamo in Italia, sono sempre difficili. Il 4 agosto si terrà in Kenya il referendum per l'approvazione della nuova bozza di Costituzione. La questione è complessa: la riforma della Costituzione è stata al centro del dibattito politico del paese negli ultimi vent'anni. La vecchia Costituzione nasceva dall'imprinting coloniale e dall'autoritarismo di Kenyatta e Moi. Poi, nel 1992, Moi modifica la Costituzione per permettere lo svolgimento delle prime elezioni multipartitiche. Una riforma più radicale della legge fondamentale è però necessaria, ed è su questa base che nel 2002 Mwai Kibaki, sfidante di Daniel Arap Moi, viene eletto presidente. Nel corso del primo mandato di Kibaki, però, le divergenze con il suo principale alleato, Raila Odinga, crescono, soprattutto relativamente al processo di riforma della Costituzione. Il referendum del 2005, graficamente rappresentato sui media occidentali per la contrapposizione dello schieramento dell'arancia (per il "no") contro quello della banana (per il "sì"), è il culmine di questo scontro: vincerà il fronte del "no" di Odinga e la riforma della Costituzione presentata da Kibaki viene affossata.
La sconfitta della compagine che appoggiava Kibaki è stata vista con preoccupazione da parte degli osservatori che valutano da un lato il risultato elettorale più come una valutazione del Governo, e dall'altro si assiste all'approfondirsi di linee etniche che spiegano i comportamenti di voto. Il fatto che Kibaki abbia però accettato il risultato elettorale, a lui sfavorevole, però, rappresenta un passo importante nella consolidazione della democrazia kenyana. Nel 2007, l'amarissimo epilogo delle elezioni politiche in cui Kibaki si contrappone a Odinga: più di mille morti e centinaia di migliaia di dispersi come risultato di elezioni poco "free and fair" (l'annuncio ufficiale della vittoria di Odinga è poi stato smentito da un affrettato proclama della vittoria di Kibaki e da un ancora più frettoloso giuramento del Governo). Solo il deciso intervento internazionale, e in particolare di Kofi Annan, ha impedito che il Kenya, il paese più stabile dell'Africa orientale, precipitasse direttamente in una guerra civile. L'accordo per la spartizione del potere seguito ai disordini post-elettorali prevedeva anche un processo di riforma costituzionale, che oggi è giunto a compimento. Le questioni più complicate riguardano l'assegnazione della terra e lo statuto di tribunali islamici detti khadis. Questioni di questo genere sono state affrontate in altri processi di riforma costituzionale in altre parti del continente ma in Kenya rivestono grande importanza, sia per l'assetto fondiario altamente ineguale lasciato in eredità dal colonialismo, sia a causa delle tensioni regionali con il mondo islamico.
L'avvicinarsi al momento del referendum non è privo di tensioni: domenica 13 giugno, a una manifestazione del fronte del "no" al referendum costituzionale, sono morte 6 persone e ne sono state ferite 104 in seguito a esplosioni che hanno provocato il panico tra la folla. Kibaki e Odinga si hanno dato prova di grande fermezza e coordinamento nel condannare gli attacchi, ancora non rivendicati. Resta, pesante, l'incognita sulle settimane che separano il paese all'appuntamento del 4 agosto.Fonte: Affari italiani-By Lia Quartapelle
I processi di riforma costituzionale, come vediamo in Italia, sono sempre difficili. Il 4 agosto si terrà in Kenya il referendum per l'approvazione della nuova bozza di Costituzione. La questione è complessa: la riforma della Costituzione è stata al centro del dibattito politico del paese negli ultimi vent'anni. La vecchia Costituzione nasceva dall'imprinting coloniale e dall'autoritarismo di Kenyatta e Moi. Poi, nel 1992, Moi modifica la Costituzione per permettere lo svolgimento delle prime elezioni multipartitiche. Una riforma più radicale della legge fondamentale è però necessaria, ed è su questa base che nel 2002 Mwai Kibaki, sfidante di Daniel Arap Moi, viene eletto presidente. Nel corso del primo mandato di Kibaki, però, le divergenze con il suo principale alleato, Raila Odinga, crescono, soprattutto relativamente al processo di riforma della Costituzione. Il referendum del 2005, graficamente rappresentato sui media occidentali per la contrapposizione dello schieramento dell'arancia (per il "no") contro quello della banana (per il "sì"), è il culmine di questo scontro: vincerà il fronte del "no" di Odinga e la riforma della Costituzione presentata da Kibaki viene affossata.
La sconfitta della compagine che appoggiava Kibaki è stata vista con preoccupazione da parte degli osservatori che valutano da un lato il risultato elettorale più come una valutazione del Governo, e dall'altro si assiste all'approfondirsi di linee etniche che spiegano i comportamenti di voto. Il fatto che Kibaki abbia però accettato il risultato elettorale, a lui sfavorevole, però, rappresenta un passo importante nella consolidazione della democrazia kenyana. Nel 2007, l'amarissimo epilogo delle elezioni politiche in cui Kibaki si contrappone a Odinga: più di mille morti e centinaia di migliaia di dispersi come risultato di elezioni poco "free and fair" (l'annuncio ufficiale della vittoria di Odinga è poi stato smentito da un affrettato proclama della vittoria di Kibaki e da un ancora più frettoloso giuramento del Governo). Solo il deciso intervento internazionale, e in particolare di Kofi Annan, ha impedito che il Kenya, il paese più stabile dell'Africa orientale, precipitasse direttamente in una guerra civile. L'accordo per la spartizione del potere seguito ai disordini post-elettorali prevedeva anche un processo di riforma costituzionale, che oggi è giunto a compimento. Le questioni più complicate riguardano l'assegnazione della terra e lo statuto di tribunali islamici detti khadis. Questioni di questo genere sono state affrontate in altri processi di riforma costituzionale in altre parti del continente ma in Kenya rivestono grande importanza, sia per l'assetto fondiario altamente ineguale lasciato in eredità dal colonialismo, sia a causa delle tensioni regionali con il mondo islamico.
L'avvicinarsi al momento del referendum non è privo di tensioni: domenica 13 giugno, a una manifestazione del fronte del "no" al referendum costituzionale, sono morte 6 persone e ne sono state ferite 104 in seguito a esplosioni che hanno provocato il panico tra la folla. Kibaki e Odinga si hanno dato prova di grande fermezza e coordinamento nel condannare gli attacchi, ancora non rivendicati. Resta, pesante, l'incognita sulle settimane che separano il paese all'appuntamento del 4 agosto.Fonte: Affari italiani-By Lia Quartapelle
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