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La prima volta a Nairobi
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La prima volta a Nairobi
Oggi giornata tipicamente di autunno inoltrato, fuori pioviggina, Giotto il mio campione soffre di una brutta otite, quindi niente passeggiata, ne approfitto per riordinare il cassettino dei ricordi, l'occhio cade su un pezzo molto datato.
La prima volta a Nairobi
Mentre l'aereo si sta abbassando, il sipario del giorno si apre su una distesa infinita, illimitatamente estesa che sugli atlanti si chiama Deserto del Sahara. Dapprima ha l’aspetto di un drappo inviolato da vita umana, srotolato sotto il cielo, solo la punta del dito del vento traccia dolci cerchi e morbide onde sulla sabbia vellutata. Man mano che andiamo più giù, anche i disegni che dall’alto si fantasticano sono più monotoni e squadrati, righe diritte che formano strapiombi, piccole gole e rilievi. Mentre il sole si alza, la luce da rossa coltre leggera come un petalo di aurora posato sulla linea d’orizzonte diventa sempre più dilagante, si gonfia in cielo e violenta la vista sensa scampo per il deserto. E la distesa quasi infinita diventa un recipiente che riflette la luce del sole in una completa assonanza, come a creare un tutt’uno di significato in un disegno nascosto.
Addis Abeba, la stazione è luminosa, pulita e accogliente, ci sono persino una sala di preghiera per uomini e un’altra per donne, ovviamente di religione musulmana.
Ho dormito un paio d'ore su una panchina, ho fatto il check-in e sto aspettando l'imbarco per il mio volo destinazione Nairobi.
Arrivo a Nairobi subito vengo fermato dalla guardia sanitaria perché passando anche solo per due ore da Addis potrei avere contratto la febbre gialla (sig!) e quindi senza certificato di vaccinazione internazionale contro la febbre gialla non ci può far passare, alternativa : 10 giorni in quarantena.Via d’uscita: commuovo anzi corrompo la dottoressa capo con belle parole e 20 dollari.
Il taxi mi aspetta fuori dall’aereoporto, ora sono veramente nel famigerato terzo mondo. Strutture in legno mezzo fradicio con odore di malaria, occhi di gente assorti a cercare di campare, man mano che in taxi mi si snodano davanti gli universi di questa a me nuova città, con la sua realtà, inizio a sentire col corpo e con i sensi tutti, con la mente che inizia a pensare, che sono in un mondo mai visto prima. Per la prima volta dopo il solito cliché, con gli stessi pensieri, stesso spartire il tempo tra il lavoro, i bar, shopping, cultura varia ma sempre aleatoria, per la prima volta, sento che sono uno straniero in un mondo che capisco solo apparentemente e che solo finge di capirmi, almeno per ora.
Sono ora all’hotel Kilimanjaro, modesto, quasi fatiscente pensione, tipicamente locale.
Passato il primo momento di panico: puzza di umidità nella stanza, vista su cortile,aspetto mobili legno verniciati a pennello, cesso anteguerra con tubatura esterna, pavimento in sasso, il Kilimanjaro non è niente male: lenzuola brutte ma pulite, bei letti, zanzariere dappertutto asciugamani puliti.Mi ci troviamo già bene, c’è tutto quello che mi occorre e sono cosi stanco, che mi appisolo, dopo l'arrivo dell'acqua calda, una doccia poi chiedo informazioni al portiere.
Non uscirò perché non ne ho voglia è domenica e non c'è molto da vedere, ceno al ristorante a fianco all’hotel.
La cena è un po’ una delusione: mi aspettavo un locale fumoso, affollato, allegro invece è semivuoto, una televisione trasmette di lotta giapponese, io scelgo una soup che risulterà fatta di midollo e ossa finemente triturate e tilapia con vegetali.Guardo un po’ la TV poi su a letto per recuperare energie.
Da domani il Kenya mi aspetta.
Fonte: La mia Africa, di ZetaEffe.
La prima volta a Nairobi
Mentre l'aereo si sta abbassando, il sipario del giorno si apre su una distesa infinita, illimitatamente estesa che sugli atlanti si chiama Deserto del Sahara. Dapprima ha l’aspetto di un drappo inviolato da vita umana, srotolato sotto il cielo, solo la punta del dito del vento traccia dolci cerchi e morbide onde sulla sabbia vellutata. Man mano che andiamo più giù, anche i disegni che dall’alto si fantasticano sono più monotoni e squadrati, righe diritte che formano strapiombi, piccole gole e rilievi. Mentre il sole si alza, la luce da rossa coltre leggera come un petalo di aurora posato sulla linea d’orizzonte diventa sempre più dilagante, si gonfia in cielo e violenta la vista sensa scampo per il deserto. E la distesa quasi infinita diventa un recipiente che riflette la luce del sole in una completa assonanza, come a creare un tutt’uno di significato in un disegno nascosto.
Addis Abeba, la stazione è luminosa, pulita e accogliente, ci sono persino una sala di preghiera per uomini e un’altra per donne, ovviamente di religione musulmana.
Ho dormito un paio d'ore su una panchina, ho fatto il check-in e sto aspettando l'imbarco per il mio volo destinazione Nairobi.
Arrivo a Nairobi subito vengo fermato dalla guardia sanitaria perché passando anche solo per due ore da Addis potrei avere contratto la febbre gialla (sig!) e quindi senza certificato di vaccinazione internazionale contro la febbre gialla non ci può far passare, alternativa : 10 giorni in quarantena.Via d’uscita: commuovo anzi corrompo la dottoressa capo con belle parole e 20 dollari.
Il taxi mi aspetta fuori dall’aereoporto, ora sono veramente nel famigerato terzo mondo. Strutture in legno mezzo fradicio con odore di malaria, occhi di gente assorti a cercare di campare, man mano che in taxi mi si snodano davanti gli universi di questa a me nuova città, con la sua realtà, inizio a sentire col corpo e con i sensi tutti, con la mente che inizia a pensare, che sono in un mondo mai visto prima. Per la prima volta dopo il solito cliché, con gli stessi pensieri, stesso spartire il tempo tra il lavoro, i bar, shopping, cultura varia ma sempre aleatoria, per la prima volta, sento che sono uno straniero in un mondo che capisco solo apparentemente e che solo finge di capirmi, almeno per ora.
Sono ora all’hotel Kilimanjaro, modesto, quasi fatiscente pensione, tipicamente locale.
Passato il primo momento di panico: puzza di umidità nella stanza, vista su cortile,aspetto mobili legno verniciati a pennello, cesso anteguerra con tubatura esterna, pavimento in sasso, il Kilimanjaro non è niente male: lenzuola brutte ma pulite, bei letti, zanzariere dappertutto asciugamani puliti.Mi ci troviamo già bene, c’è tutto quello che mi occorre e sono cosi stanco, che mi appisolo, dopo l'arrivo dell'acqua calda, una doccia poi chiedo informazioni al portiere.
Non uscirò perché non ne ho voglia è domenica e non c'è molto da vedere, ceno al ristorante a fianco all’hotel.
La cena è un po’ una delusione: mi aspettavo un locale fumoso, affollato, allegro invece è semivuoto, una televisione trasmette di lotta giapponese, io scelgo una soup che risulterà fatta di midollo e ossa finemente triturate e tilapia con vegetali.Guardo un po’ la TV poi su a letto per recuperare energie.
Da domani il Kenya mi aspetta.
Fonte: La mia Africa, di ZetaEffe.
fio- Sostenitore
- Numero di messaggi : 3168
Data d'iscrizione : 21.04.09
Età : 77
Località : Como-Malindi-Africa
Re: La prima volta a Nairobi
Che bel racconto...mentre lo leggevo mi sembrava di vedere con i miei occhi quello che hai visto tu!..Andare a Nairobi, come in qualsiasi altra grande metropoli africana, dev'essere un'esperienza incredibile: grattacieli della city hall e baracche di fango, quartieri residenziali abitati da diplomatici e slums infiniti, il bello e il brutto, la povertà e segni di sviluppo...tutto!
Busu
Iaia
Busu
Iaia
Iaiaa- Utente
- Numero di messaggi : 306
Data d'iscrizione : 18.05.09
Età : 34
Località : na
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